di Antonio Rei

Fra la selva di misure discusse negli ultimi giorni dal governo, ce ne sono due che la dicono lunga sulla squadra dei professori, sui rapporti di potere che li tengono in piedi e sul loro concetto distorto di equità sociale. Nel giro di qualche ora, i tecnici si sono prodotti in due abomini: il taglio dei fondi per l'assistenza sanitaria ai malati Sla e la proroga del progetto per il ponte di Messina.

Il primo, senz'altro il più odioso, è inserito in quella babele finanziaria che è la legge di stabilità. Tra un aumento dell'Iva e un taglio alle detrazioni, il governo ha stravolto un provvedimento sgradito ai partiti per ragioni elettorali. Questa deve esser stata davvero l'unica preoccupazione dei montiani, visto che nel restyling del testo hanno tagliato 631 milioni di euro dei 680 previsti per la legge Letta. Così facendo hanno messo a repentaglio il fondo usato dalle Regioni per garantire assistenza domiciliare ai malati di Sclerosi laterale amiotrofica. Una mostruosità etica prima ancora che politica e istituzionale.

Stiamo parlando di persone affette da una patologia degenerativa del sistema nervoso. Un male che impedisce progressivamente di camminare, parlare, deglutire, respirare. A queste persone e alle loro famiglie il governo sta negando l'aiuto dello Stato. Anzi, glielo sta togliendo.

Le cronache raccontano che il ministro piangente Elsa Fornero - titolare non solo del Lavoro, ma anche del Welfare, con delega alle politiche sociali - si sia fatta un altro bel piantarello in Consiglio dei ministri, supplicando il premier Mario Monti e il ministro dell'Economia Vittorio Grilli di evitare almeno questo taglio. A spalleggiarla anche il ministro della Salute, Renato Balduzzi. Ma non è servito a niente, se non ad evidenziare quanto conti chi soffre nei bilanci e quanto conti la Fornero nel governo.

Poco importa, infatti, che Fornero si sia impegnata personalmente a risolvere la questione. Ormai ha dimostrato di non contare nulla nel governo, a meno che non si tratti di ratificare e giustificare le decisioni altrui. Come sempre, tutto passa per il vaglio del Tesoro (ammesso e non concesso che Grilli goda di una qualche autonomia decisionale) e di Palazzo Chigi, il cui unico obiettivo è di spostare i soldi nel modo più conveniente per i poteri che li comandano.

L'andamento dell'economia e della finanza pubblica dimostra che non c'entrano nulla nemmeno le ragioni del bilancio. E in ogni caso non sarebbe sufficiente. Un governo con un minimo di umanità e di solidarietà sociale non abbandonerebbe i malati gravi nemmeno il giorno prima della bancarotta.

Ora, un Paese in cui mancano i soldi per assistere i cittadini non autosufficienti può mai pensare di impelagarsi nella costruzione dell'infrastruttura più folle d'Europa? A quanto pare sì. Nella stessa riunione di cui sopra, il Consiglio dei ministri ha deciso di "prorogare, per un periodo complessivo di circa due anni, i termini per l’approvazione del progetto definitivo del Ponte sullo stretto di Messina - si legge in una nota dell'Esecutivo - al fine di verificarne la fattibilità tecnica e la sussistenza delle effettive condizioni di bancabilità". Lo scorso 30 settembre il ministro dell'Ambiente (si fa per dire) Corrado Clini aveva garantito che l'opera sarebbe stata archiviata. Ma in fondo è solo un ministro, cosa volete che ne sappia?

E' bene sottolineare le differenze fra gli obiettivi e gli ordini di grandezza: oggi siamo certi di non poter trovare qualche milione per i malati di Sla, ma speriamo ancora di reperire nei prossimi due anni (non secoli) qualcosa come 8 miliardi e mezzo da destinare al ponte. Un suicidio dal punto di vista ambientale ed economico, con costi sociali indefinibili e ricadute occupazionali ancora da dimostrare.

La scelta di rinviare la decisione "è motivata dalla necessità di contenimento della spesa pubblica, vista anche la sfavorevole congiuntura economica internazionale - si legge ancora nella nota -, ed è in linea con la proposta della Commissione europea dell’ottobre 2011 di non includere più questo progetto nelle linee strategiche sui corridoi trans-europei. Solo tali opere, infatti, possono godere del co-finanziamento comunitario".

L'idea di unire Calabria e Sicilia fu partorita dalla cute trapiantata di Silvio Berlusconi, il quale poco più di un anno fa assicurava che il progetto sarebbe andato avanti. Ne sapeva più lui nel 2011 che Clini il mese scorso. Proprio sotto il governo del Cavaliere, nel 2005, il Consorzio di Imprese Eurolink si aggiudicò la magna gara d'appalto per la costruzione dell'obbrobrio. Ne fanno parte gruppi come Impregilo, Sacyr S.A., Società Italiana per Condotte d’Acqua  e la Cooperativa Muratori&Cementisti.

Nella lista non compare il nome di un'altra grande azienda italiana, ma i suoi manager possono continuare tranquillamente a fregarsi le mani. E forse dovremmo gioire anche noi. Se mai si farà, il ponte sarà anche Cosa nostra. 
 

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