di Carlo Musilli

Il ritorno in campo di Silvio Berlusconi non ha un prezzo solo per Angelino Alfano. Mentre il delfino abbandona ogni velleità di leadership (reale o apparente che fosse), la notizia che il Cavaliere intende ricandidarsi alla poltrona di premier nel 2013 si riflette inevitabilmente sul mercato. E rischia di aggravare l'instabilità dell'Italia proprio in uno dei momenti più delicati e pericolosi per il governo Monti.

La partita politica si gioca sul terreno della campagna elettorale. Sono già iniziate le scommesse su quali colpi di scena arriveranno stavolta da Arcore. In ballo non c'è solamente la tenuta dell'attuale esecutivo: il vero nodo è quello delle future alleanze. Gli ultimi sondaggi danno in testa il Pd, poco sopra il 25%, seguito dal Pdl con il 20% circa. Il Movimento Cinque Stelle si attesta intorno al 15%, l'Udc al 7% e la Lega al 5,5%. In uno scenario simile, i pidiellini sono costretti a trovare qualcuno che li sostenga. Pier Ferdinando Casini ha già chiarito che la vecchia alleanza con i berluscones è sepolta, sentenziando che "i moderati sono altrove". Il leader dell'Udc è evidentemente più interessato a costruire un ponte verso il Pd.

A Berlusconi non rimane quindi che tentare di ricucire lo strappo con la Lega. Per navigare in questa direzione, il Cavaliere potrebbe puntare su una qualche forma di propaganda anti-euro. Ed è proprio questo a spaventare i mercati. Non più tardi di un mese fa, il leader del Pdl aveva accennato all'ipotesi che l'Italia uscisse dalla moneta unica. Lo aveva fatto a modo suo, tra il serio e il faceto. Ma era bastato a creare scompiglio, strizzando l'occhio a tutta l'opinione pubblica esasperata dall'austerity montiana e dalle imposizioni di Bruxelles. Domenica Alfano è però stato costretto a chiarire che, malgrado l'euro "abbia un problema enorme", la crisi non si risolve con l'uscita, ma con "maggiori poteri alla Bce".

Intanto dalla Lega arrivano segnali poco incoraggianti per il Pdl. Matteo Salvini, il segretario lombardo, non ha dubbi: "Silvio è il vecchio, se corre ancora lo fa senza la Lega". Roberto Maroni non lo smentisce, ma si produce in un'analisi ben più sfumata. Per il neo segretario del Carroccio, il nuovo passo avanti di Berlusconi non è una scelta definitiva, perché "se davvero avesse avuto in mente di ricandidarsi, l'avrebbe fatto a settembre, non adesso. In ogni caso - conclude Maroni - non sono affatto preoccupato. Le alleanze sono l'ultimo dei miei problemi".

Tutto questo surplus d'incertezza, oltre ad offuscare le prospettive per il futuro, arriva anche a pochi giorni da agosto, mese in cui i mercati sono particolarmente volatili e la speculazione si fa di solito molto più vorace. Consapevoli del pericolo in agguato, all'Eurogruppo del prossimo 20 luglio i leader europei potrebbero dare il via libera non solo allo scudo anti-spread, ma anche a una sorta di cabina di regia permanente per interventi d'urgenza contro gli speculatori.

Fin qui, la prima bastonata estiva all'Italia è arrivata però da Moody's. Venerdì l'agenzia ha abbassato di due livelli la valutazione sui nostri titoli di Stato (scesa da A3 a Baa2, solo un paio di gradini sopra la "spazzatura") e nel motivare il downgrade ha messo in primo piano proprio il fattore politico. Dalle elezioni della prossima primavera - dicono gli analisti - potrebbe emergere un quadro troppo frammentato per creare una maggioranza realmente in grado di governare.

Su Moody's si è abbattuto come sempre un diluvio di risposte al veleno. Gli attacchi sono arrivati non solo dall'Italia (il ministro Passera ha parlato di "giudizio ingiustificato e fuorviante"), ma anche da Bruxelles, che ha espresso dubbi sul "timing inappropriato" del declassamento, arrivato guarda caso a poche ore da un'importante asta di Btp.

Per fortuna le preoccupazioni dell'agenzia non hanno condizionato il collocamento. Il Tesoro ha venduto titoli con scadenza a luglio 2015 per complessivi 3,5 miliardi, massimo ammontare previsto, e i tassi sono scesi dal 5,30% al 4,65%. Insomma, è andata bene, ma soprattutto perché ormai i compratori alle aste sono quasi tutti domestici.

Lo si intuisce dal contrasto con lo spread, che rimane altissimo: intorno ai 480 punti. Non poi così lontano dal massimo storico di 575 toccato lo scorso novembre. E allora qual è la differenza fondamentale da quando Berlusconi non è più premier? "La curva dei rendimenti dei nostri titoli è completamente diversa - ha spiegato il neo ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, in un'intervista al direttore del Corriere della Sera – aggiungendo che prima, quelli a breve erano superiori a quelli a lungo termine, segno che per l'Italia l'accesso ai mercati si stava chiudendo. Oggi accade il contrario. I tassi a breve sono più bassi di quelli a lunga. Ancora troppo elevati, però". E se non calano è colpa anche della politica.

 

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