di Rosa Ana De Santis

L’Assemblea nazionale del Partito Democratico si è trasformata in una bagarre e ancora una volta il partito di riferimento della sinistra italiana ha mostrato tutta l’inconsistenza della propria identità. Dopo gli ammiccamenti a Monti e alle scellerate manovre di risanamento, già sufficienti a sollevare perplessità sulla collocazione politica e culturale del partito, persino sui diritti civili il Pd riesce a non esprimere una posizione unanime e autenticamente progressista, riciclando il peggiore conservatorismo democristiano. Si spacca in due, tra cattolici e non sulla questione del matrimonio gay.

La presidenza dell'assemblea infatti ha deciso di non sottoporre al voto un ordine del giorno sui matrimoni omosessuali perchè precluso da un documento (già votato) messo a punto dalla commissione per i diritti del Pd in cui si parla di diritti individuali, ma non si vuole parlare di unioni civili. Il segretario Bersani ha un gran da fare a spiegare ad una platea indignata che i cambiamenti sociali sono lente evoluzioni, che il Pd sta lavorando con serietà alla materia e che siamo all’inizio del percorso.

Le defezioni e le minacce di abbandonare il partito aumentano. La Bindi, presidente dell’Assemblea, non ha altro da dire se dispiacersi per quanti decidessero di portare avanti determinate battaglie in partiti minoritari. I matrimoni gay non sono previsti dalla Costituzione e questa basterebbe a spiegarne l’assenza nel documento finale messo ai voti. E invece la scelta di non “metterci la faccia”, di non portare all’attenzione del proprio elettorato e delle forze politiche una proposta chiara in questa direzione sembra essere piuttosto un’autentica presa di posizione.

Quella dei cattolici facenti capo all’area della Bindi che da sempre tengono in scacco il Pd impedendo una emancipazione profonda del partito dai retaggi cattolici e allontanandolo pericolosamente dalle forze politiche progressiste europee. E così con un segretario in panne tra proclami sempre più liquidi si alzano barricate sempre più grandi tra i Bindi e Fioroni da un lato e gli Ignazio Marino e Concia dall’altro. Il tecnicismo copre una vera e propria discordanza che su un tema tanto cruciale e dirimente non può essere definita una “bega interna” come Bersani prova a fare.

Su quelle che assomigliano alle ceneri del Pd si scatena l’Italia dei valori che chiama a raccolta tutti quei partiti, da Sinistra e Libertà al Movimento a Cinque Stelle, favorevoli al matrimonio tra omosessuali. Persino Fini è ormai avanti al Pd e Berlusconi, se il Pdl non fosse invaso da alcuneesternalizzazioni del Vaticano, lo sarebbe altrettanto.

La tesi del partito aperto alle contestazioni, che può ancora essere sufficiente a placare le intemperanze di Renzi e dei giovani, sui diritti individuali fondamentali scricchiola un po’ troppo per essere credibile. Perché su questo passa il riconoscimento e l’autoriconoscimento di un’identità. Quella che il Pd, aperto al futuro, ma inchiodato alla morale democristiana, vicino ai lavoratori ma alleato fedele di Monti-Fornero, è evidente che non ha più.

 

 

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