di Mariavittoria Orsolato

Lo scorso 2 marzo il Governo ha detto chiaro e tondo che la TAV s'ha da fare ad ogni costo. Contravvenendo al titolo di “tecnico” di cui si effigia, al momento della conferenza stampa Monti non aveva presentato alcuna evidenza a suffragio dell'indispensabilità dell'Alta Velocità/Capacità e si era limitato a ripetere slogan sullo sviluppo e sulla creazione di lavoro per i giovani, promettendo però che i documenti con le ragioni del “si” sarebbero stati presto disponibili.

A distanza di una settimana l'esecutivo ha quindi frettolosamente pubblicato - anche di fronte alle imponenti manifestazioni di dissenso messe in atto dai No Tav - un breve documento di 9 pagine dal titolo “TAV Torino-Lione: Domande e Risposte”. Un imbarazzante ask&tell, evidentemente messo su alla bell'e meglio in mancanza di argomentazioni serie e circostanziate, che buona parte della comunità scientifica definirebbe ridicolo per il solo fatto che manca di fonti e studi verificabili a suo supporto.

Oltre ai dati sulla sostenibilità dell'opera e sulla effettiva utilità per il trasporto di merci e passeggeri (tutti già ampiamente confutati), al punto 5 del documento viene messa nero su bianco la cifra che il Governo dovrà investire in quelli che dovrebbero essere gli indennizzi agli abitanti della Valsusa. “Come segno di attenzione nei confronti delle comunità locali coinvolte dal progetto - si legge in calce al paragrafo - il prossimo CIPE stanziera? 20 milioni di euro, che rappresentano la prima tranche di 300 milioni di euro relativi all’intesa quadro tra Governo nazionale e Regione Piemonte, che dà corpo all’Accordo di Pracatinat. Inoltre, sono previsti 135 milioni di euro di opere compensative per il territorio”.

Nel testo dell'accordo siglato il 28 giugno del 2008 dal famoso Osservatorio (di cui è presidente lo stesso Mario Virano che oggi è commissario di Governo per la Tav) non si accenna minimamente a questi 450 milioni ma si fa riferimento a generiche opere d’implementazione per il trasporto su rotaia di merci e passeggeri.

Per quanto riguarda dati e proposte sugli indennizzi, che giuridicamente spettano ai valsusini a titolo di compensazione per la perdita degli immobili di proprietà e i disagi conseguenti alla messa in opera del cantiere, nulla è stato ancora ufficializzato e, ad oggi, l'unico documento disponibile è quello che RFI ha prodotto nel 2010 per mappare le aree e gli immobili di tredici comuni interessati dal progetto e valutarne gli oneri di esproprio.

Premesso che in Francia hanno deciso di indennizzare tutti gli immobili situati entro 150 metri dalla linea ferroviaria, comprandoli dai proprietari a prezzo di mercato, mentre in Italia invece gli acquisti sono limitati agli edifici da abbattere o immediatamente contigui, è comunque possibile farsi un'idea dell'enorme impatto ambientale e sociale che i lavori della TAV avranno sui territori.

Stando alla documentazione messa assieme dalle Ferrovie dello Stato, l'area complessiva da espropriare si stima attorno a 1.530.000 metri quadri, dei quali 630.000 serviranno a fare spazio al nuovo tracciato ferroviario e 900.000 saranno adibiti ad ospitare le famose opere compensative. A queste aree si devono però aggiungere anche 200.000 metri quadri la cui agibilità verrà fortemente limitata a causa degli scavi nel sottosuolo ed altri 650.000 metri quadri che verranno “temporaneamente” occupati - la stima ottimistica dice per 15 anni, ma si sa che da noi il tempo è relativo - per le esigenze provvisionali.

Ci sono poi altri 1.400.000 metri quadri che verranno utilizzati come deposito per il materiale di risulta degli scavi: queste aree corrispondono alle ex cave utilizzate durante i lavori per l'autostrada Torino-Milano ma, stando sempre al testo di RFI, dal momento che su questi terreni non è stata dichiarata la pubblica utilità non ci sono progetti d'indennizzo né di eventuali interventi pubblici di compensazione.

Tutte le altre aree interessate dai lavori per la TAV sono invece state dichiarate di pubblica utilità e per le sue stime RFI si è basata sul decreto presidenziale 327/200, meglio conosciuto come Testo Unico sulle espropriazioni per pubblica utilità. In particolare il DPR specifica che le somme d'indennizzo devono risultare dalla combinazione di 4 fattori: il valore di mercato, il coacervo delle aree edificabili, il valore agricolo medio del terreno (VAM) e, solo per le aree agricole, le maggiorazioni sul mancato indotto.

Nei criteri di stima delle Ferrovie dello Stato, le aree agricole dovrebbero essere indennizzate in base al solo VAM, le aree urbane edificabili in base al 100% del valore commerciale mentre per quelle edificate verrà corrisposto solo il 10% del valore commerciale. Immediatamente dopo viene specificato che l'indennizzo per i fabbricati abitativi e industriali “fa riferimento al valore commerciale del nuovo desunto da una sommaria indagine in loco e dai valori desunti dalle pubblicazioni si settore differenziati con l'applicazione dei correttivi che considerano l'effettivo stato ed uso” ma se si considera che una proprietà immobile è giocoforza all'interno di un'area urbana edificata - in Italia si costruirà certo ovunque, ma si è pur sempre sotto un comune - è facile individuare la contraddizione.

Se i dati di RFI sono ancora a livello di proiezione è però possibile già da ora figurarsi le esternalità negative che si abbatteranno sul mercato immobiliare della valle, sia che gli immobili vengano espropriati sia che restino ai loro proprietari. La valle di Susa é stata infatti per 40 anni oggetto di cantieri per grandi opere: la diga internazionale del Moncenisio, il raddoppio della ferrovia e dei tunnel ferroviari, il tunnel autostradale e l’autostrada del Frejus, poi l’impianto e la centrale idroelettrica di Pont Ventoux, una delle più grandi d’Italia e il raddoppio del maxi elettrodotto.

Il sovraccarico di opere di attraversamento e di cantieri in aree residenziali produce necessariamente il cosiddetto “effetto Bronx”, dal nome del noto quartiere di New York che, tra le due guerre, è passato da zona urbana con i più ampi parchi della città, a luogo simbolo del degrado. Quando rumori e disturbo superano una certa soglia, la popolazione originaria non accetta più il costo dell’affitto e si sposta, facendosi sostituire da una che accetta il disturbo perchè può pagare di meno. Questo si riflette nella manutenzione ed innesca una spirale che riduce sempre di più la qualità abitativa, facendo crollare parallelamente il valore di mercato degli immobili e dei terreni, a chiaro vantaggio dei promotori egli espropri.

Per adesso dunque non ci è dato sapere quanto verrà corrisposto esattamente ai valsusini espropriati delle loro abitazioni e dei loro terreni. I proprietari dei terreni oggetto dell'ampliamento del cantiere della Maddalena sono stati convocati per l’esecuzione dei decreti di occupazione e per il verbale sulla consistenza dei beni l’11 aprile alle 9. Ma nel frattempo i terreni prospicienti al cantiere sono stati comunque interdetti alla popolazione e agli stessi proprietari.

Come Luca Abbà - il No Tav che per difendere la sua terra si è arrampicato su un traliccio dell'alta tensione ferendosi gravemente - sono in tanti a vivere di quello che produce il loro terreno e tra le reti della TAV sono rimasti impigliati decine di coltivatori diretti a marchio DOP e imprenditori, costretti ad esibire documentazioni e permessi degni del Muro di Berlino, solo per poter calpestare la terra che è di loro proprietà. Di questi costi, squisitamente sociali, il Governo attuale e quelli che l'anno preceduto non si sono minimamente interessati se non nella misura fumosa delle “opere compensative”. Ed è anche per questo che la Torino-Lione rischia seriamente di diventare l'ennesima inutile cattedrale nel deserto.

 

 

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