di Carlo Musilli 

Anche in tempo di tecnici, Sigmund Freud avrebbe di che lavorare nel nostro Parlamento. Stavolta il caso riguardo l'affascinante lapsus del sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo, e le sue improvvide affermazioni su un emendamento fondamentale al decreto liberalizzazioni. Di fronte alla commissione Bilancio della Camera, il buon Polillo si è lasciato trascinare da chissà quale forza misteriosa e l'ha sparata grossa: il governo - ha detto - si appresta a cancellare la norma che prevede la gratuità dei conti correnti per i pensionati con assegni previdenziali fino a 1.500 euro. Una vera bomba, tanto che sulle prime è venuto da chiedersi come mai una comunicazione così importante sia stata affidata alla bocca di un sottosegretario. Ma il bello doveva ancora venire.

Appena la notizia ha cominciato a circolare, tutti i giornali l'hanno sparata come primo titolo in home page e la polemica è esplosa. Nemmeno il tempo di indignarsi e a caricare le armi contro il "governo dei banchieri", che è arrivata un'affannata smentita. Apparentemente casuale, come la prima affermazione shock, e per bocca di un altro sottosegretario, stavolta allo Sviluppo. "Sulla norma sui conti correnti - ha risposto seccato Claudio De Vincenti ai colleghi che gli chiedevano lumi - il governo ha dato assolutamente parere positivo. Vale ciò che il Parlamento ha deciso". Esattamente il contrario di quanto aveva sostenuto poche ore prima Polillo, secondo cui - in origine - l'Esecutivo sarebbe stato contrario.

Per capire meglio occorre fare un passo indietro. L'emendamento al dl liberalizzazioni su cui si discute ha uno scopo ben preciso: correggere l'ingiustizia determinata da un'altra norma, approvata stavolta con il salva-Italia. Parliamo della misura sulla tracciabilità, che vieta di usare i contanti per i pagamenti superiori ai mille euro, obbligando migliaia di pensionati ad aprire un conto corrente per farsi accreditare l'assegno previdenziale. A tutto vantaggio delle banche, che - se il famoso emendamento sarà abolito - potranno incassare indisturbate le nuove commissioni piovute dal cielo.

A questo punto la vicenda ha assunto le tinte del giallo alla Agatha Christie. Il mistero è diventato più grande degli stessi sottosegretari. Si richiedeva un chiarimento da una voce ben più autorevole. E così è sceso in campo nientemeno che il premier. "Come ha chiarito De Vincenti - ha detto Monti in Parlamento - questa norma non è in discussione". Poi però è arrivata una significativa precisazione. Per quanto riguarda un altro emendamento al dl liberalizzazioni, quello che elimina le commissioni bancarie sulle linee di credito, "se il Parlamento vorrà cambiare la norma - ha aggiunto il Professore - agevoleremo il ritorno alla previgente disciplina da noi proposta nel salva-Italia e da voi approvata nella legge di conversione del decreto".

Qual è stato allora il peccato di Polillo? Il sottosegretario non era davvero in cerca di un quarto d'ora di notorietà: è molto più probabile che abbia semplicemente sbagliato tempistica, mettendo in luce la confusione che regna nel governo quando si parla di banche.

Ma dopo esser stato smentito dal Presidente del Consiglio in persona, ha ampiamente corretto il tiro: ''Non ho mai detto di eliminare la norma. Se un pensionato è costretto ad aprire, per ottemperarvi, un conto presso la banca, è giusto che esso sia esente da oneri, visto che la banca, grazie a quelle disposizioni, vede accrescere la massa di risparmio amministrata. Ma se quel pensionato ha anche altri redditi o proventi è giusto che paghi quanto ogni altro cittadino".

Questa è però solo una delle motivazioni che Polillo aveva dato a suo tempo. In commissione il sottosegretario aveva definito la norma "un notevole danno per le banche" sostenendo che avrebbe potuto addirittura causare "un’ulteriore stretta creditizia, che si riverbererebbe inevitabilmente sulle imprese e sulle famiglie".

La vera partita che si gioca in questi giorni è però quella sulle commissioni bancarie. Il governo e il Parlamento appaiono tutt'altro che restii a cancellare quell'emendamento, ma avrebbero fatto volentieri a meno di sbandierarlo ai quattro venti proprio in questo momento. Non solo siamo nella fase più incandescente della trattativa con le parti sociali per la riforma del lavoro, su cui si punta a chiudere già la prossima settimana.

Rimane ancora da approvare in via definitiva proprio il decreto sulle liberalizzazioni e - neanche a dirlo - ieri il premier si è appellato al "senso di responsabilità" dei deputati, chiedendo di dare il via libera al testo il prima possibile. E per giunta senza nuove modifiche, che allungherebbero troppo i tempi e comunque possono essere comodamente rinviate "a futuri interventi". Insomma, non era davvero il caso di rinvigorire le polemiche sulle banche proprio in questi giorni. Anche perché - lontano dal palcoscenico - la questione si sta risolvendo da sé.

A voler ipotizzare da che parte tiri il vento, sono istruttive le parole di Antonio Patuelli, vicepresidente dell'Abi (l'Associazione bancaria italiana): "Ci sono diverse soluzioni a breve, confidiamo nel dialogo tra Parlamento e governo”, ha detto dopo gli incontri fra l'associazione e i leader di Pdl, Pd e Udc. “Abbiamo verificato – ha proseguito Patuelli - una sensibilità e atteggiamenti comuni a che non vengano complicate le regole alle banche, regole che non esistono in nessuna parte d'Europa". Intanto i vertici dell'Abi, che qualche giorno fa avevano rimesso il mandato in segno di protesta, hanno "congelato" le loro dimissioni. In attesa che il Parlamento si smentisca di nuovo.

 

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