di Carlo Musilli

La stagione berlusconiana sta per finire. Sono partiti i titoli di coda, ma la pellicola non ha ancora smesso di girare. Ci tocca rimanere seduti al buio per un'altra ventina di giorni. Nel frattempo, non dobbiamo commettere l'errore di supporre che i problemi dell'Italia siano finiti, né tantomeno che stiano per finire. Ma la storia è storia. Il verdetto della Camera sul Rendiconto - passato solo grazie all'astensione delle opposizioni - ha dimostrato che la maggioranza non esiste più: appena 308 voti favorevoli, 8 in meno rispetto all'ultimo voto di fiducia.

Al termine di un lungo colloquio al Quirinale, il Presidente del Consiglio ha annunciato che le sue dimissioni arriveranno subito dopo l'approvazione del Ddl stabilità, che dovrebbe contenere i provvedimenti urgenti chiesti dall'Europa.

Il vero nodo della questione sono i tempi. La nuova legge deve ancora fare due passaggi parlamentari: se non ci sarà l'accelerazione chiesta dalle opposizioni, il Senato dovrebbe dare l'ok il 18 novembre, la Camera a fine mese. Solo dopo il Cavaliere si farà da parte e il Capo dello Stato darà il via alle consultazioni ufficiali (quelle ufficiose sono già partite) per verificare se in Parlamento esista una maggioranza alternativa. Questo significa che - prima ancora di interrogarci su chi verrà dopo Silvio - faremmo bene prendere atto delle tre settimane che ci attendono, potenzialmente atroci, in primo luogo sul fronte finanziario.

I mercati comprano sulle voci e vendono sulle notizie, quindi non è affatto ovvio che le dimissioni differite dal Premier portino serenità e benevolenza nei confronti del nostro Paese. Anzi, è addirittura probabile che proprio nel momento di suprema instabilità politica si concentri la speculazione finanziaria più famelica. Siamo come una carcassa che puzza di sangue sotto un cielo fitto di avvoltoi.

Prova ne sia il fatto che, negli stessi momenti in cui il Cavaliere recitava gli ultimi atti della sua tragicommedia, lo spread italiano è schizzato alle stelle, oltre quota 500, facendo segnare l'ennesimo record storico. Quanto ai rendimenti sui nostri titoli di Stato, hanno toccato il 6,8%, a un passo da quel 7% che la stragrande maggioranza degli analisti considera la soglia di non ritorno (quella, per intenderci, oltre la quale Irlanda, Portogallo e Grecia hanno dovuto richiedere aiuti comunitari).

Sul versante politico, in questi giorni di governo posticcio Berlusconi ha in mano una sorta di delega per varare il Ddl stabilità nel più breve tempo possibile. Il rischio è che faccia un ultimo scherzetto agli italiani tentando ancora una volta di infilarci norme che nulla hanno a che vedere con la crescita del Paese. In questo periodo, inoltre, potrebbe cercare di convincere il Colle dell'impossibilità di formare un nuovo governo, magari giocando all'ennesimo mercatino sottobanco di onorevoli.

A questo punto, infatti, le speranze di atterraggio morbido su nuovo esecutivo retto da Angelino Alfano o da Gianni Letta - e quindi sempre a maggioranza Pdl - sono ridotte a un lumicino: il Pd ha già annunciato il suo rifiuto. Ben più probabile è che il Capo dello Stato opti per un governo di larghe intese - per cui sembra esserci spazio fra Terzo Polo e Pd - sotto la guida di "tecnici" come Mario Monti o Giuliano Amato. Rispetto a una prospettiva del genere, dal punto di vista di Arcore, anche le elezioni più difficili della storia italiana sarebbero preferibili. Poco importa che una campagna elettorale in questo momento rischi di dissanguare il Paese.

Ci sono infine da considerare degli aspetti para-antropologici. Quello che è accaduto nelle ultime 48 ore ci ha fornito un campionario concentrato dei vizi pubblici che hanno guidato l'azione del nostro Premier dal 1994 ad oggi: la capacità di mentire e la tendenza a considerarsi investito di una qualche virtù superumana. Partiamo dal drammatico voto a Montecitorio.

"Noi siamo ancora la maggioranza in Parlamento. Abbiamo verificato in queste ore, i numeri sono certi", diceva il Cavaliere appena domenica scorsa. Era in evidente malafede, ma si riteneva in grado di rimediare alla situazione con la solita compravendita di parlamentari. Per nemesi storica, a sbugiardarlo stavolta è arrivato dopo poche ore il tradimento che non ti aspetti, quello della deputata-soubrette Gabriella Carlucci, passata all'Udc. Un'allegoria in silicone e mascara del duplice potere berlusconiano, mediatico e politico.

Eppure, nemmeno dopo un affronto del genere il Premier ha capito che era arrivato il momento di mollare. Come il generale cocciuto che sacrifica la sua armata pur di non ritirarsi, Berlusconi ha consegnato il suo governo all'umiliazione dell'Aula. Ieri mattina, in extremis, ci ha provato perfino Umberto Bossi a suggerirgli di cedere il posto al delfino-Angelino. Un voltafaccia clamoroso, dopo che per settimane il Carroccio al gran completo aveva ripetuto il mantra "Berlusconi o elezioni". Ormai però era troppo tardi e viene da pensare che il senatùr abbia semplicemente cercato di smarcarsi per lasciare Berlusconi solo con la sua vergogna. Ammesso che stavolta ne abbia provata.

 

 

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