di Carlo Musilli

Dopo il teatrino della manovra e i vizietti del premier, veniva da chiedersi come avremmo fatto a screditare ancora di più l'immagine dell'Italia. Ora lo sappiamo: mettendo in piedi l'ennesima bagarre, stavolta per nominare il nuovo governatore di Bankitalia. Mario Draghi lascerà via Nazionale il mese prossimo per andare a guidare la Banca centrale europea e la serietà istituzionale avrebbe imposto di trovare un accordo sul suo successore in tempi utili. Invece, in queste ore, stiamo assistendo a un nuovo scontro fra poteri. Tanto per cambiare, i due contendenti sono Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. La battaglia non si arresta nemmeno di fronte agli appelli del Capo dello Stato, che ha chiesto esplicitamente di evitare “forzature politiche e contrapposizioni personali”.

E dire che la questione sembrava indirizzata verso la soluzione più ovvia. Il trono di Palazzo Koch pareva destinato senza tanti sofismi al "candidato interno" Fabrizio Saccomanni, direttore generale della Banca d'Italia, l'uomo prediletto da sua maestà Draghi, da Napolitano e, di recente, anche dal Cavaliere. Il nome di Saccomanni è sempre stato in pole position, ma in zona Cesarini è tornato in lizza anche direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, sponsorizzato dal superministro dell'Economia.

In realtà, i bookmaker della Capitale danno ancora favorito il primo pretendente. In ogni caso la querelle non sarà di quelle senza fine, perché l'investitura deve necessariamente arrivare al più presto. Ma non è questo il punto. La nomina di un governatore è per sua natura anche un fatto politico: viene disposta per decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del capo del Governo, con una deliberazione del Consiglio dei Ministri e il parere favorevole del Consiglio superiore della Banca d’Italia.

Tuttavia, è vitale tenere a mente che quella del banchiere centrale deve rimanere una carica assolutamente indipendente dalla politica, come i trattati europei esigono. Nella comunità finanziaria internazionale non deve neanche sorgere il sospetto che il governatore possa essere influenzato nel suo lavoro da chi ha fatto pressioni per eleggerlo. E' una questione di credibilità agli occhi del mondo. Per questo era fondamentale che il nuovo numero uno di Bankitalia fosse nominato in fretta, con sicurezza, decisione e sulla base di un ampio consenso. Tanto più in un momento di crisi come questo, in cui gli occhi di tutti i mercati sono puntati sull'Italia.

Invece niente, fumata nera. Altra occasione mancata. Ieri mattina il Consiglio superiore di Bankitalia ha atteso invano la fatidica lettera con cui Palazzo Chigi avrebbe dovuto indicare il nuovo nome. Abbiamo invece assistito al solito tran-tran, l'ormai collaudato vai e vieni di potenti impegnati in febbrili consultazioni dell'ultim'ora. Tanto per non smentire la nostra granitica reputazione di pressappochisti.

Fra un incontro e l'altro, a metterci il carico è intervenuto anche Umberto Bossi, che ha pensato bene di alleggerire l'atmosfera schierandosi dalla parte del candidato tremontiano. Forse si è trattato di un colpo di coda per non apparire troppo appiattito sulle scelte del premier, dopo le ultime melanconiche prestazioni offerte in Aula nelle votazioni su Milanese e Romano. Per altro, il Senatùr ha argomentato la sua scelta con la solita dialettica incontrovertibile: "E' meglio Grilli, se non altro perché è di Milano".

Ma l’argutissima constatazione cela probabilmente la sostanza della questione, che è il rinsaldamento del rapporto con Tremonti, anche a monito contro le manovre interne al Pdl che lo vogliono ridotto ai minimi termini.

Intanto anche l'opposizione s'è desta, facendo sentire la propria voce con la solita incisività. Nella fattispecie, Bersani e Casini hanno diffuso un comunicato congiunto in cui fanno notare come la situazione attuale "desti grande preoccupazione". A beneficio di chi non se ne fosse accorto.

E mentre nessuno è in grado di offrire certezze, ecco che viene gettato in pasto alla stampa un trittico di presunti candidati alternativi: dal rettore bocconiano, Guido Tabellini, al membro italiano nel board della Bce, Lorenzo Bini Smaghi, per arrivare al vicedirettore di Bankitalia, Ignazio Visco.

Ma proprio da via Nazionale, alla fine, hanno deciso di alzare la voce per far presente che la nomina del governatore non è questione che interessi solo la logica del Palazzo: "Il parere del Consiglio superiore, quando arriverà l'indicazione del nome dal presidente del Consiglio - ha detto Paolo Blasi, consigliere anziano dell'istituto - sarà espresso nel rigoroso rispetto dell'autonomia della Banca e potrà essere positivo o negativo a seconda della candidatura che verrà presentata".

Tirando le somme, e sorvolando sull'ultima sparata estemporanea di Bossi, sembra proprio che la responsabilità di questo incidente così imbarazzante per il nostro Paese vada ricondotta in gran parte a Tremonti. Per quale motivo ha deciso di impuntarsi? Oltre alla volontà di piazzare un suo uomo di fiducia a Palazzo Koch, in molti sono tornati a evocare la vecchia antipatia (e l'invidia) covata nei confronti di Draghi. Ma forse non basta, si può andare oltre. Un'eventuale sconfitta nella battaglia per Bankitalia potrebbe fornire al ministro una buona scusa per abbandonare la nave senza perdere la faccia.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy