di Rosa Ana De Santis

Nei giorni in cui Berlusconi ripete ossessivamente che non mollerà le redini dell’esecutivo, nel fragore di una crisi morale e politica senza precedenti, con Alfano che tenta di tenere unita la compagine agitata dei fedelissimi, le parole durissime del cardinale Bagnasco diventano una sorta di eco alla proposta politica che Rosy Bindi, durante la festa degli Enti Locali del Pd, lancia per il futuro del paese.

La presidente del Pd invita riformisti, moderati e progressisti a convenire su quegli intenti di riforma e di credibilità perduta che sono necessari alla ripresa del paese. Nessuna ansia di ribaltone, ma una sorta di atto di disponibilità e maturità verso il Capo dello Stato, l’unico che può traghettare il paese in panne oltre il guado di questa fase che trascorre tra una votazione di fiducia e un'altra per salvare gli inquisiti della maggioranza.

Nonostante l’ammiccamento perpetuo di Casini al centro-destra e l’impossibilità di ripiantare l’Ulivo, la Bindi non abbandona la romantica idea di un larga intesa e considera la segreteria attuale del Pd l’unica legittimata a candidarsi per promuovere e portare avanti questo progetto. Nell’alternanza politica al Pdl si gioca infatti, e la Bindi lo sa bene, una partita tutta interna alle opposizioni che può essere l’ultima occasione utile di rilanciare il ruolo del Partito democratico, sottraendolo al logoramento delle divisioni che non sono mancate nemmeno in casa del centro-sinistra. In questo senso, la proposta della presidente del Pd tenta di stanare chi si nasconde dietro le formule.

Casini sembra reagire bene alla proposta di un’alleanza di “solidarietà nazionale” ma mette da subito paletti per la sinistra di Vendola, che sarebbe poco gradita e affine a quell’elettorato conservatore e di destra cui lui, come tanta parte del Pdl, si rivolge. Prima ancora di partire l’Esecutivo di emergenza conterebbe già le sue prime esclusioni. La sinistra (che dovrebbe esser servita in cambio dei voti del terzo polo), l’Italia dei Valori che non è certamente incline all’assemblaggio di un governicchio da prima repubblica e tanti dello stesso Pd, poco inclini a credere che una miscela unita solo dall’antiberlusconismo sia la chiave per sollevare il paese. E non molto tempo fa proprio Rosy Bindi aveva visto persino in Futuro e Libertà un alleato possibile, suscitando asprissime critiche da D’Alema e dalla sua corrente.

Un governo del Presidente, una nuova riedizione dell’unità nazionale pare il cammino che tutti vogliono, ritenendolo l’unico possibile per far cadere il tiranno. Se è vero che la difesa di una Costituzione in pericolo vale qualsiasi pastrocchio straordinario, è vero però anche che la proposta della Bindi può avere solo un valore a tempo determinato. Quello cioè necessario a tamponare l’emorragia di credibilità in seno al’Europa e a ristabilire le regole democratiche del voto, azzerando la porcata di Calderoli, e non oltre. Lo scopo é avere una nuova legge elettorale per restituire alle urne la definitiva, vera sconfitta del Cavaliere. E qui dovrà stagliarsi il profilo della sinistra alternativa al berlusconismo, oltre che a Berlusconi. Quella sinistra che non cerca l’antileader accattonando consensi precari e di convenienza centrista, più comoda e più pronta all’uso nella politica italiana che bipolare non lo è diventata mai.

Il futuro dovrebbe riservarci l’alternativa di un partito di sinistra che non ha bisogno di distinguersi da quella più radicale. Magari così non sarà e l’equivoco, che è soprattutto un gioco di blocchi per evitare la rinascita della sinistra, potrà contare ancora sulla commedia degli equivoci di Via del Nazareno. E allora il compito principale che spetterà agli elettori progressisti sarà spannare il vetro dell’opacità politica delle rispettive rendite di posizione. Spiegando nelle urne che i giochi di Casini hanno stancato tutti tranne lui e che i democristiani, ovunque allocati, devono compiere scelte definitive, perché l'Italia non può più aspettare. Sarebbe infatti una beffa liberarsi del Cavaliere e ritrovarsi con la stessa Dc di un tempo che solo ora, in questo postribolo delle Istituzioni, può sembrare un po’ a tutti, più tollerabile.

 

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