di Carlo Musilli

Come in ogni barzelletta ben costruita, la parte divertente arriva alla fine. Oggi il Governo si è accorto di non avere più tempo per giocare alla democrazia e ha deciso di porre la fiducia sulla manovra bis. L'aspetto simpatico è che per settimane pidiellini di ogni sorta avevano negato di voler imboccare questa strada. Appena due giorni fa il presidente del Senato, Renato Schifani, aveva perfino "demonizzato" l'ipotesi.

Per il resto, in effetti, c'è poco da ridere. La notizia è arrivata con un comunicato che ha fatto seguito all'ennesimo vertice di maggioranza, stavolta a Palazzo Grazioli. Durante il loro ultimo summit, gli statisti che ci governano hanno anche stabilito una serie di modifiche alla manovra da far confluire in un maxi emendamento. E lo hanno fatto davvero in zona Cesarini, visto che pochi minuti prima la conferenza dei capigruppo aveva fissato per domani il voto decisivo a Palazzo Madama. A questo punto, con un testo ormai blindato, il via libera definitivo della Camera potrebbe arrivare entro la settimana.

Vediamo quali sono le novità. Sull'Iva il premier è riuscito a piegare le resistenze di Tremonti, imponendo l'aumento di un punto sull'aliquota ordinaria (che passa così dal 20 al 21%). Sorvolando sull'aumento dell'inflazione e la conseguente depressione dei consumi, l'aspetto più preoccupante è che ancora non è stata specificata alcuna scadenza. Eppure questa misura è sempre stata presentata come "temporanea".

Sul fronte delle pensioni invece è stata la Lega a chinare la testa, anche se alla fine la soluzione trovata ha l'odore del compromesso. Il nuovo testo prevede l'adeguamento delle pensioni delle donne nel settore privato a partire dal 2014 anziché dal 2015. Nessuna modifica invece per i tanto odiati assegni di anzianità, su cui è stato il Carroccio a spuntarla. Nel complesso, non esattamente una rivoluzione previdenziale.

Fin qui si tratta di interventi ampiamente previsti. La novità più sorprendente è il ritorno alla Edmond Dantés del contributo di solidarietà. Ma siamo sicuri che sia proprio lui, quel demonio che obbligava il Cavaliere a "mettere le mani nelle tasche degli italiani" facendogli "sanguinare il cuore"? A ben vedere, no. Rispetto al suo famigerato progenitore, il nuovo prelievo ha una soglia più alta (300mila invece di 90 e 150mila euro) e un'aliquota più bassa (il 3% invece del 5 e del 10%). Meno voti persi.

Tutto qui. Dopo quasi un mese passato a produrre invenzioni tributarie e previdenziali più o meno fantasiose, questo è il meglio che l'Italia ha saputo offrire ai mercati. Modifiche rabberciate all'ultimo minuto, giusto perché alla fine qualche cambiamento bisognava pur farlo. Pesavano troppo le tirate d'orecchi arrivate dal Quirinale, dal presidente della Bce, Jean Claude Trichet, e dal suo successore Mario Draghi, attuale governatore di Bankitalia.

Peccato che si tratti d’interventi che non modificano nella sostanza una manovra troppo preoccupata della base elettorale per fare davvero il bene del Paese. Non solo si evita di colpire i grandi patrimoni, ma con l'ultimo intervento della commissione Bilancio del Senato sono state stralciate perfino quelle minime liberalizzazioni su cui si era trovato un accordo. E le tanto sbandierate misure anti evasione perdono gran parte del loro appeal, strizzando l'occhio invece di far paura ai grandi evasori.

Non rimane che vedere come le nuove intuizioni del nostro Governo saranno accolte dall'Europa. Parte del mistero legato a questa manovra ubriaca si spiega proprio con quello che accadrà a Francoforte, dove giovedì si riunirà il board della Bce. L'Eurotower dovrà decidere se continuare ad aiutarci acquistando i nostri titoli di Stato. Non è da escludere che scelga di chiudere i rubinetti, ma, più verosimilmente, si limiterà ad indicarci una data di scadenza.

Di sicuro c'è soltanto che l'Italia non ha saputo afferrare la mano tesa della Banca centrale comunitaria. Lo dimostra il fatto che negli ultimi giorni Piazza Affari ha ripreso a crollare e lo spread a viaggiare ben oltre i limiti di guardia. Invece di sfruttare l'occasione che ci è stata offerta per riprendere fiato, abbiamo dilapidato gli ultimi spiccioli di credibilità che ci rimanevano in tasca. E purtroppo per noi, alle bugie credono solo gli elettori, non i mercati.       

 

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