di Carlo Musilli

"Bisogna tutelare le famiglie". Nessun politico con un minimo di cervello si azzarderebbe mai a schierarsi contro questo principio. Il rispetto (formale) che gli è dovuto è la boa a cui aggrapparsi mentre si viene sbattuti dalle onde della bufera economica e politica. Ed ecco che, a cadenza quasi regolare, rispunta l'idea fissa del quoziente familiare. Un assioma dimostrato per l'ennesima volta negli ultimi giorni di questo incredibile agosto.

La manovra aggiuntiva da 45 miliardi che ci è stata imposta dalla Bce ha gettato nel caos il governo. L'unica certezza è che il decreto approvato dal Consiglio dei ministri così com'è non va bene. Bisogna cambiarlo, possibilmente stravolgerlo. "Purché i saldi restino invariati", recita il mantra tremontiano.

Purtroppo però le diverse voci della maggioranza non sono d'accordo quasi su nulla. Si assottigliano così le speranze di approvare la legge entro i primi di settembre. O almeno di farlo "senza porre la fiducia", come avevano pronosticato con eccessivo ottimismo sia Berlusconi che Tremonti. I due, ormai separati in casa, devono fronteggiare in questi giorni almeno tre ostacoli enormi: il niet della Lega a nuovi interventi sulle pensioni, la fronda interna al Pdl capitanata dai guru antitasse Crosetto e Martino, la rivolta in armi degli Enti locali.

In questa situazione di stallo, il Cavaliere vorrebbe trovare il modo di abolire il contributo di solidarietà o, quantomeno, di ridimensionarlo. Un colpo di reni che consentirebbe al premier di recuperare parte della popolarità perduta con l'aumento delle tasse. Non solo. Si potrebbe sfruttare la situazione anche per riavvicinare alla casa del padre l'Udc. Da mesi il Pdl blandisce il partito di Casini e ora sta per giocare la carta decisiva. Quale? Il quoziente familiare, naturalmente. 

Si tratterebbe di rimodulare l'addizionale Irpef sui redditi più alti in funzione del numero di figli e di familiari a carico. Questa è finora l'unica misura contro cui nessuno ha protestato. Né dalla maggioranza, né dall'opposizione. Tanto più da quando il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha ammonito sulla necessità di collocare la famiglia al centro della manovra.

Ora, il principio per cui chi ha più persone da mantenere dovrebbe pagare meno tasse è difficile da contraddire. Il problema è che la strada scelta per arrivare alla meta rischia di compromettere un altro principio ancor più fondamentale, quello della progressività delle imposte. Vediamo in che modo.
Per calcolare il quoziente familiare, la somma dei redditi viene divisa per il numero dei componenti della famiglia. Vale a dire: più figli ci sono, maggiore è la riduzione fiscale a cui si ha diritto. Un'operazione aritmetica tutto sommato semplice, ma c'è un problema: lo stesso meccanismo di calcolo si applica a prescindere dalla ricchezza delle famiglie. Questo significa che, a parità del numero di figli a carico, i nuclei familiari con un reddito basso o medio-basso godranno di una riduzione inferiore rispetto a quella che viene concessa ai più ricchi.

Per capire meglio facciamo un esempio pratico, la calcolatrice non mente. Prendiamo a modello i parametri numerici utilizzati in Francia, dove il quoziente familiare è già realtà. Ci sono due coppie di sposini: Antonio e Maria Rossi, Giuseppe e Giulia Bianchi. I primi hanno un reddito complessivo di 60mila euro l'anno, i secondi invece sono più facoltosi, arrivano a 80mila.

Se nessuna delle due coppie ha figli, applicando i valori francesi per il calcolo dell'Irpef si ha questo risultato: i Rossi dovranno pagare 7.200 euro, i Bianchi 11.400 euro. Fin qui nulla di strano, i più ricchi pagano di più. I problemi arrivano insieme alla cicogna, che porta un figlio ad entrambe le coppie. Cambia la vita dei genitori e cambiano le tasse: l'imposta dei Rossi si riduce a 6.625 euro, quella dei Bianchi a 10.000 euro. A prima vista verrebbe da pensare che il criterio di equità sia comunque rispettato: i Bianchi continuano a sborsare più soldi dei Rossi. Ma non è così semplice.

Guardiamo meglio. La riduzione per i Rossi è di 575 euro (7.200 - 6.625), mentre quella per i Bianchi è di 1.400 euro (11.400 - 10.000). Risultato: chi guadagna di più risparmia più del doppio rispetto a chi guadagna di meno. C'è qualcosa che non va. Con questo non si vuol dire che sia sbagliato ridurre le tasse alle famiglie numerose. Semplicemente, bisognerebbe pensarci bene prima di introdurre un sistema di tassazione iniquo e socialmente sbagliato. Non è una misura da approvare con leggerezza, in un caldo weekend d'agosto.

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