di Carlo Musilli

Lontano nella memoria c'è un Cavaliere che annuncia la sua discesa in campo, l'avvento della rivoluzione liberale. Otto anni dopo quello stesso Cavaliere torna alla ribalta, aizzando le folle al grido di "meno tasse per tutti". Passano ancora sette anni e per la terza volta lo scettro del potere finisce nelle mani dello stesso uomo. Il ritornello è sempre uguale: "Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani". Ora che il sogno è finito, il cuore di Silvio Berlusconi "gronda sangue". Di fronte a lui, la prova inequivocabile del fallimento. Dopo 17 anni passati a promettere senza mantenere, è stato costretto addirittura all'empietà più inimmaginabile. Il Cavaliere ha alzato le tasse.

Si dirà che non è dipeso da lui, perché la crisi è mondiale. Certo è che se nell'ultimo decennio fossimo stati amministrati, il peso della cura a cui oggi siamo obbligati sarebbe inferiore. La tempesta non si poteva evitare, ma ci si poteva arrivare con una nave in condizioni migliori.  

Purtroppo così non è stato. Fino all'ultimo hanno continuato a ripeterci che andava tutto bene. Banche solide, famiglie solide, economia solida. Abbiamo avuto bisogno del commissariamento europeo per accorgerci che il nostro teatrino era fuori tempo massimo. Il direttorio franco-tedesco e la Bce ci hanno obbligato a gettare la maschera. Per guadagnarci l'aiuto di Francoforte (che continua ad acquistare i nostri titoli di Stato) siamo stati costretti a rabberciare in pieno agosto una manovra finanziaria bis da 45 miliardi. L'obiettivo è raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 anziché nel 2014.

Il decreto approvato venerdì sera dal Consiglio dei ministri si regge su quattro pilastri: aumento biennale dell'Ipef sui redditi medio-alti, tagli ai ministeri e agli Enti locali, anticipo della delega fiscale e assistenziale e tassazione al 20% delle rendite finanziarie (misura, quest'ultima, che l'attuale Governo ha sempre bollato come bolscevica).

Gli interventi più dannosi sono i prime due, che potrebbero addirittura avere effetti recessivi. I tagli che colpiranno gli Enti locali indeboliranno ancora di più i servizi e le prestazioni sociali. Quanto all'addizionale Irpef, il prelievo è differenziato fra lavoratori dipendenti e autonomi, con i secondi colpiti a partire da cifre dichiarate molto più basse. Ed è come ammettere che gli autonomi evadono le tasse. Ecco il punto centrale: noi italiani siamo un popolo di evasori incalliti, quindi la stangata sull'Irpef non ricadrà affatto sui ricchissimi professionisti, ma sul ceto medio di lavoratori dipendenti costretti all'onestà. La colpa principale di queste persone è di non rappresentare il prototipo dell'elettore medio Pdl.

In sintesi, non solo (ancora una volta) la manovra è priva di qualsiasi misura che possa favorire la crescita, ma provocherà un'ulteriore contrazione dei consumi. Cosa ancora più grave se si considera la stagnazione cronica della nostra economia, il livello di disoccupazione e la quota galattica raggiunta dal debito pubblico.

Nessun dubbio: arrivati a questo punto un piano "lacrime e sangue" era inevitabile. Ma di alternative migliori ce n'erano eccome. Ad esempio, invece di tassare ancora una volta i redditi, si potevano tassare gli immobili (con il ritorno dell'Ici sulla prima casa) e i patrimoni in generale. Questa categoria di prelievi ha un impatto molto minore sulla crescita economica. Ma per Berlusconi sarebbe stato davvero troppo. L'abolizione dell'Ici rimane ancora oggi uno dei suoi principali motivi di vanto e la patrimoniale è vista ad Arcore come roba da Unione sovietica.

"Piuttosto mi dimetto", ha risposto a chi si è azzardato a sottoporgli l'ipotesi. Anche se il bersaglio era quello sbagliato, il premier ha alzato le tasse. Ad un imprenditore con la passione per i sondaggi, forse, non si poteva chiedere di più.

Ormai al Cavaliere dal cuore sanguinante non rimane che tamponarsi il petto e cercare di andare avanti. La partita è tutt'altro che è chiusa. Anzi, il bello deve ancora venire e si giocherà sul campo della politica. Sembrano passati secoli dalle ultime elezioni, ma incredibilmente mancano ancora due anni alla fine della legislatura. Bisognerà tirare fuori dal cilindro qualche dozzina di conigli per tenere unita la maggioranza così a lungo. Mentre crescono le tensioni interne al Pdl, l'appoggio della Lega si fa sempre più intermittente e il legame con Tremonti è ormai irrimediabilmente sfaldato. Mai così importante, mai così isolato, è proprio il superministro la mina vagante da tenere d'occhio.

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