di Rosa Ana De Santis

Un pallido e patetico ricordo la cornacchiante manifestazione della Santanchè contro i giudici. Così come tutte le sue oratorie in mondovisione da donna del governo. O da donna degli uomini di governo. Impossibile qualsiasi tentativo di parallelismo e confronto, tranne per la Gelmini, che dice di aver visto in piazza le solite radical chic. Oggi invece la matematica ammette solo obiezioni intelligenti. Un fiume di donne, un’invasione composta e massiccia ha invaso le città d’Italia ed é arrivata persino fuori i confini nazionali, con un tam tam che ha convinto tanti, tantissimi ad uscire da casa.

Oltre un milione l’adesione dei cittadini all’appello “Se non ora quando?”. Studentesse, mamme, donne mature, bambini al seguito e tanti uomini, tutti a sfogare lo sdegno e lo sprezzo per un paese ridotto a bordello, per l’azzeramento della dignità della politica e di una patria intera. Il bersaglio non è solo il Cavaliere, come titola Il Giornale in basso nella home page a poche ore dalla manifestazione: il nemico vero è l’età berlusconiana. Gli sfarzi e i sollazzi di un impero in decadenza, una scena irriverente che ha contaminato ogni angolo del Palazzo trasformando la contestazione politica in una necessaria difesa delle categorie morali.

Tante le lettere e le testimonianze. Molte rivolte proprie alle ancelle di Berlusconi. Alle sue prostitute private. Alla giovanissima Ruby. Non è l’atteggiamento privato che conta, non del tutto almeno, ma la benedizione pubblica alla compravendita dei corpi e del sesso come canale di ascesa, come viatico per una candidatura politica, o per una qualsiasi carriera professionale femminile. E’ quest’assoluzione pubblica per i più bassi istinti del ventre maschile che sta seppellendo anni di autocoscienza femminile e la dignità delle donne di oggi.

Questa la sostanza su cui Berlusconi ha costruito la sua vittoria politica negli anni: togliere la vergogna a quello di cui prima ci si vergognava. Assolvere se stesso per assolvere tutti quelli che fanno o vorrebbero fare come lui. Un livellamento al ribasso e in basso che sta smembrando, insieme alla stabilità politico-economica dell’Italia, i criteri morali dell’azione pubblica, i riferimenti sociali, la memoria della storia e la comprensione del senso del giusto. Che non è per niente la stessa cosa del piacere e del piacevole.

La piazza di oggi non è solo quella del giudizio sul bordello del premier, ma è quella che fa il bilancio a un consenso che ormai sta in piedi su una manciata di deputati prezzolati in Parlamento, e che dimostra l’urgenza del cambiamento. E’ una protesta che è dentro la politica del Paese, ma che la supera e va oltre. L’opposizione dovrà affrontare forse il rischio delle elezioni con una legge porcellum che

azzera qualsiasi barlume di rappresentanza democratica; sicuramente guardare a questa piazza in pacifico assedio per scongiurare l’abitudine delle repliche necrotiche cui ci ha abituati. Compreso l’ultima proposta di marmellata di bandiere di cui si è fatto promotore D’Alema. Questa piazza è pacifica, ma integralista, nel senso migliore del termine. Non è intollerante, ma è categorica.

Una domanda, in parte taciuta, sta sulle teste di questa protesta rosa. La curiosità di capire chi siano davvero Ruby, le vallette e le amiche di Lele Mora, Fede, Corona e Berlusconi. Prostitute per scelta come tante, come ce ne sono sempre state. Disperate a caccia di fortuna facile. Nulla che il femminismo storico non abbia persino rivendicato con furore reclamando totale e disinvolto dominio del proprio potenziale genitale e della sua amministrazione. Ma il veleno vero di questa epoca è l’estensione del mestiere più antico del mondo a un preciso modo di intendere la vita femminile.

La nobilitazione della vendita di sé a modello da copertina, famoso e di consenso, è qualcosa cui le donne, proprio le giovanissime figlie di quelle mamme emancipate, si sono prestate con disinvoltura. Nell’ossessione dello spettacolo, nei provini con familiari tifosi al seguito, nel riduzionismo della personalità all’estetica e alla reificazione della vita.

Questo straordinario fallimento generazionale le donne di oggi lo denunciano e lo combattono. Lo gridano quando chiedono una rappresentanza diversa, una società che le rispetti e le tuteli, un modo diverso di pensare la vita. Ma ancora non ne comprendono forse tutte le ragioni e tutte le proprie responsabilità. Il motivo per cui tante, tantissime figlie di oggi, anche istruite e talentuose, sognano di essere le preferite del drago.

 

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