di Mariavittoria Orsolato

Torna alla ribalta l’inchiesta che mira a far luce una volta per tutte sulla strage di via D’Amelio e tornano i sospetti sul fatto che non sia stata tutta farina del sacco di Cosa Nostra. Nell’ennesimo interrogatorio cui è stato sottoposto, il pentito di mafia Gaspare Spatuzza avrebbe infatti indicato lo 007 Lorenzo Narracci, ex funzionario del Sisde ed attualmente in forza all’Aisi ( Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna), come l’uomo esterno a Cosa Nostra presente nel garage in cui venne imbottita di tritolo la Fiat 126 destinata ad esplodere dinanzi la casa della madre del compianto Borsellino.

Il riconoscimento sarebbe avvenuto in due fasi: una prima in cui il pentito avrebbe individuato Narracci in foto ed una seconda in un confronto all’americana avvenuto all’interno della Dia di Caltanissetta. Nonostante il condizionale sia d'obbligo, il nome di Narracci non è nuovo alla Procura di Caltanissetta.

L'ex funzionario del Sisde, braccio destro di Bruno Contrada (ex dirigente generale di pubblica sicurezza della Polizia di Stato condannato con sentenza definitiva a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa ed allora numero tre del Servizio Civile con delega all'antimafia), fu infatti iscritto nel registro degli indagati all'interno dell'inchiesta sui "mandanti esterni" delle stragi del 1992, inchiesta poi archiviata nel 2002.

Ora però i riflettori tornano su di lui, non solo grazie alle rivelazioni di u' Tignuso - nomignolo mutuato dall'incipiente calvizie del picciotto di Brancaccio - ma anche alle sibilline conferme di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco colluso di Palermo. A detta del rampollo di don Vito, Narracci avrebbe recato visita al padre in due occasioni: la prima in un hotel di Palermo assieme al misterioso "signor Franco" - l'uomo che Ciancimino jr indica come l'anello di congiunzione tra Stato e Mafia - e la seconda direttamente nell'abitazione dell'ex sindaco.

Sebbene di nuovo indagato a Caltanissetta, Narracci al momento non è colpevole di nulla: il rischio che, 18 anni dopo, la memoria dei testimoni sia confusa è forte e più che fondato. Ma, se il doppio riconoscimento trovasse conferma, sarebbe il tassello mancante di un mosaico di “coincidenze” che lascia senza fiato, confermando di fatto l'esiziale alleanza tra Mafia e Stato.

In quel terribile 19 luglio del 92, l'agente del Sisde Narracci si trovava infatti su una barca, a largo di Palermo, assieme a Contrada, ad un comandante dei carabinieri e a Gianni Valentino, un commerciante di abiti da sposa in contatto con il boss Raffaele Ganci (condannato in via definita all’ergastolo per le stragi del '92). In uno dei verbali del processo che ha portato alla condanna di Contrada, l'imputato dichiarò che quel giorno, poco dopo pranzo, Valentino ricevette una telefonata dalla figlia in cui lo avvisava che a Palermo c'era stato un attentato. Contrada aggiunse che immediatamente dopo la notizia, Narracci chiamò l'ufficio palermitano del Sisde per avere ulteriori informazioni ed ebbe conferma che una bomba aveva sventrato via D'Amelio, indirizzo di residenza della madre del giudice Borsellino.

In questa deposizione nulla sembrerebbe pendere a scapito dei due uomini dello Stato, ma le ricostruzioni sui tabulati telefonici elaborate del super consulente Gioacchino Genchi smentiscono clamorosamente le dichiarazioni di Contrada, aggravando sia la sua posizione che quella di Narracci. Secondo i dati riportati dall'Osservatorio geosismico, il momento esatto della deflagrazione che ha disarticolato Borsellino e i cinque uomini della sua scorta è da fissarsi alle 16, 58 minuti e 20 secondi. Alle 17 in punto, 100 secondi dopo l’esplosione, Narracci chiama dal suo cellulare il centro Sisde di via Roma. Ma, fra lo scoppio e la chiamata, c’è almeno un’altra telefonata: quella che ha avvertito Gianni Valentino dell’esplosione.

Insomma in poco più di un minuto e mezzo accade praticamente di tutto: esplode la Fiat 126, la figlia di Valentino chiama il padre in barca, il commerciante informa i convitati alla gita in barca, Narracci telefona all'ufficio del Sisde che, per quanto sia domenica, si ritrova ad essere aperto e stranamente gremito di agenti informatissimi sull'accaduto appena accaduto.

Come accennato sopra, il condizionale è d'obbligo ma alcune domande sorgono spontanee: come facevano la figlia di Valentino e gli uomini del Sisde a sapere, a pochi istanti dallo scoppio, di quello che Contrada riferisce come "attentato"? Le prime volanti arrivarono sul luogo della strage solo un quarto d'ora dopo l'esplosione e le prime notizie cominciarono a circolare alle 17.30, esattamente 32 minuti dopo, e parlavano di un generico scoppio in zona Fiera.

A voler pensar male si potrebbe dire che i natanti a largo delle coste palermitane siano stati informati in presa diretta perché direttamente interessati e perché in contatto con chi da Castel Utveggio (ufficio occulto del Sisde, certificato dagli incroci telefonici di Genchi) aveva una visuale privilegiata su via D'Amelio. Se così fosse, l'innocua gita in barca cui partecipò anche lo 007 Narracci, assumerebbe tutta un'altra prospettiva. Ahinoi, la misteriosa telefonata della figlia di Valentino proveniva da un telefono fisso (in quanto tale non rintracciabile dai tabulati di Genchi) e in questi 18 anni il commerciante di abiti da sposa amico del boss Ganci è passato a miglior vita, impedendo un incidente probatorio che potrebbe spazzar via tutti i se e i ma che Spatuzza e Ciancimino jr. si portano dietro a causa della loro storia personale.

Se le connivenze di Contrada sono state accettate e ratificate da ben due sentenze in appello, per Narracci le accuse sono ancora tutte da verificare. A suo sfavore pende però il giudizio negativo del Copasir ( Comitato per la Sicurezza Interna della Repubblica) che, riunito in seduta lo scorso 13 ottobre, ha interrogato il direttore dell'Aisi, Giorgio Piccirillo, sollecitando la rimozione di Narracci dall'incarico. Una rimozione sui cui si premeva già precedentemente, quando a inizio luglio il comitato affrontò il caso di fronte al direttore del Dipartimento di Sicurezza Interna, Gianni De Gennaro.

Da Caltanissetta però si richiama alla prudenza. Il procuratore capo Sergio Lari tiene a sottolineare come Spatuzza abbia si riconosciuto Narracci in foto ma abbia anche espresso dubbi sul fatto che fosse la stessa persona “estranea a Cosa Nostra” presente nel garage mentre veniva preparata la Fiat 126 utilizzata per la strage di via D’Amelio. Secondo Lari, le notizie circolate in serata perciò “non sono esatte” ma, dato il segreto istruttorio, non ha potuto aggiungere altro.

In attesa che il filo di questa pantagruelica matassa si dipani, il dubbio che lo Stato e i suoi occulti colletti bianchi siano implicati in una delle pagine pagine più buie della nostra Repubblica, resta e si rafforza.

 

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