di Rosa Ana De Santis

I loro campi, avvinghiati come rovi sotto i ponti, rappresentano un problema grande e irrisolto. Le pessime condizioni igienico–sanitarie in cui vivacchiano non sono considerate tollerabili, soprattutto se le dimore in lamiera sono la loro casa permanente e non una roulotte di passaggio. Hanno cambiato volto gli zingari in Europa e i gitani non girano più. Qui inizia la seria difficoltà di convivenza tra le nostre città e i loro insediamenti. Qui inizia il tema della legalità, del sostentamento, dell’integrazione.

Argomenti spesso elementarizzati fino a diventare soltanto dicotomia tra sicurezza e buonismo filantropico. Ma il problema rimane lì, diviso tra un candidato e un altro e rimandato sine die. Fintanto che la candela abbandonata nella baracca non brucia il corpo di un bambino. E’ accaduto così al piccolo Marius il 28 agosto scorso. Allora il conforto e la pena invitano a riflettere sui diritti dei cittadini gitani. Così il diritto nasce solo sull’onda delle lacrime e mai come condizione preliminare del ragionamento politico. Un fallimento assicurato.

Questi cittadini infatti sono invisibili come fantasmi fintanto che non muoiono nei campi fatiscenti o non vengono cacciati dai confini. A questo proposito la scelta del governo francese sulla cacciata indiscriminata ha suscitato obiezioni da più fronti ed ha soprattutto inficiato in modo solenne la tutela prevista e inclusa nel concetto stesso di cittadinanza comunitaria. Come se l’essere rom rimandasse a una categoria speciale della cittadinanza, o piuttosto a un’appartenenza prioritaria e non complementare rispetto al criterio della nazionalità. Eppure i gitani non sono tutti uguali e sono al tempo stesso cittadini europei. L’accusa d’illegalità, che li avvolge tutti, va comprovata e da sola non basta ad alcuna restrizione dei loro diritti. Quello che Sarkozy ha dimenticato e che è ricaduto indistintamente su tutti. Bambini delle lacrime compresi.

Tentativi analoghi di pulizia sono in corso nella città di Roma. Nelle aree di degrado in cui vivono i nomadi, il sindaco Alemanno annuncia una grande opera di bonifica che, per ora, lascia a piedi più di mille rom e sinti, nonostante il censimento richiesto dallo stesso Comune per valutare la capacità del piano di accoglienza. Il discrimine, secondo Alemanno, sarà quello del sostentamento. Chi lavora resta, gli altri a casa. Ma quanti zingari pensiamo di veder assunti come domestici o come lavoratori nelle nostre efficienti città? Se persino i bambini nelle classi non sono tollerati granché dalle famiglie italiane?

Il circolo vizioso del pregiudizio è il primo impedimento alla piena integrazione. E il criterio dell’illegalità, che sembra una conseguenza del ragionamento, ne è invece la pregiudiziale premessa. Certo che non tutti i nomadi lavorano il rame e fanno i giostrai. Ma è la giustizia che deve fare il suo corso e la pena non è la cacciata di tutti per educarne uno, come si sarebbe detto in altri tempi. La scorciatoia invocata è ricca d’insidie.

A meno che il Ministro Maroni non sia pronto a cacciare tutti i falsi invalidi italiani, tutti quelli che vivono grazie alle mafie o che non esistono per il fisco italiano. Anche questi rubano diritti e alimentano la criminalità, ma non vivono tra fuochi e bagni chimici. Se li tolleriamo perché sono nati italiani, allora dovremo come minimo tollerare tutti i gitani che sono nati in Italia. Ma proprio tutti, senza pensare di cacciarne uno. A qualsiasi condizione e senza arringhe sulla sicurezza dei nostri cittadini.

Per parlare di fine del degrado dei campi abusivi e di reale aiuto umanitario per l’integrazione di questi cittadini disagiati, non c’è bisogno di scomodare la bontà. Basterebbe chiedersi dove siano finiti i 15 milioni di Euro dati dall’Europa all’Italia proprio per intervenire in modo speciale sull’integrazione dei rom. Fu proprio il Ministro Frattini, all’inizio del suo mandato, ad annunciare che per la prima volta l’Italia avrebbe avuto accesso a questi importanti fondi. Vanno aggiunti poi i fondi per i rimpatri dei migranti.

Finora si sono viste le operazioni di sgombero fatte nelle grandi città italiane che poco hanno avuto a che vedere con i campi abusivi e tantomeno con interventi di integrazione. Il gruppo Everyone, impegnato nella cooperazione internazionale, chiede di aprire un’inchiesta sul buco nero degli aiuti europei dati all’Italia o di esaminare i numeri in modo trasparente. Si va verso la pulizia etnica delle nostre città, altro che integrazione. Questo sembra. E ci si va con i soldi dell’integrazione in tasca. Anche questo sembra.

 

 

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