di Mariavittoria Orsolato

Nel caldo torrido di un primo pomeriggio di luglio, decine di migliaia di cittadini si sono uniti alla manifestazione promossa dalla Federazionale Nazionale della Stampa per ribadire il loro secco rifiuto alla cosiddetta legge bavaglio, il disegno di legge sulle intercettazioni in discussione dal prossimo 29 luglio alle Camere, e per ribadire l’importanza di quella cultura pesantemente penalizzata dalla manovre economica.

Dilagata a macchia d’olio in tutta la penisola, la protesta contro la legge che in un colpo solo vuole eliminare il dovere di indagare della magistratura e il diritto di sapere dei cittadini, ha raggiunto in Piazza Navona il suo apice con una non-stop magistralmente condotta dall’ex mezzobusto “dissidente” del Tg1 Tiziana Ferrario e dall’attrice Ottavia Piccolo.

“Oggi s’inaugura la giornata della resistenza civile del 21 secolo che mai avremmo pensato di inaugurare”, ha detto il segretario della Fnsi, Franco Siddi, nel discorso di apertura della kermesse dal palco della Capitale. “Non la faremo clandestinamente, ma alla luce del sole ripeteremo che la libertà è un bene fondamentale, che è conoscenza, chi considera l'informazione un pericolo sarà sconfitto”. Un monito duro e preciso che mira a colpire le orecchie e soprattutto gli animi di quanti, probabilmente in buona fede, credono che le misure imposte da Palazzo Chigi siano in realtà una semplice tutela della privacy individuale.

Con la pesante limitazione dello strumento delle intercettazioni, l’unica privacy a venire protetta sarà però quella dei malavitosi e a spiegarlo con la solita efficacia è lo scrittore Roberto Saviano, vittima esso stesso della verità che ha avuto il coraggio di denunciare con il suo Gomorra: “C'è un grande fraintendimento in questa vicenda. Non è vero che questa legge difende le telefonate tra fidanzati, il suo unico scopo è impedire di conoscere ciò che sta accadendo, che il potere venga raccontato. La privacy che vogliono proteggere è quella degli affari, anzi dei malaffari”.

Saviano, giustamente, ricorda poi che nel caso in cui il ddl fosse effettivamente approvato, le conseguenze non sarebbero nefaste solo per il nostro sventurato stivale ma andrebbero a compromettere anche la giustizia oltre confine. Per questo e altri motivi il muro di dissenso - rappresentato dagli eurodeputati dell’Itlaia dei Valori - è arrivato fino agli scranni di Bruxelles, nella speranza che un organismo sovranazionale qual’è l’Unione Europea, possa apporre un veto di qualche sorta alla promulgazione del bavaglio, senza doversi limitare alle solite multe che più che colpire i governanti compiono uno stillicidio nelle tasche dei governati, costretti con le tasse a sopperire alle mancanze del Tesoro.

Nel giorno della protesta generalizzata s’inserisce anche la voce di un Quirinale decisamente esarcebato dall’atteggiamento sperzzante dei berluscones, che vorrebbero chiudere il più in fretta possibile la partita delle intercettazioni. “Sono chiari i punti critici ma - dice il Capo dello Stato - non spetta al Quirinale suggerire soluzioni. Valuteremo obiettivamente, nell'ambito delle nostre prerogative, se verranno apportate le modifiche adeguate alla problematicità di questi punti che sono già stati messi in evidenza".

Con queste dichiarazioni Napolitano allude in modo ben poco sibillino al fatto che i consigli sulle migliorie al testo e sui tempi canonici della discussione parlamentare, elargiti poco meno di un mese fa, non sono stati minimamente presi in considerazione. Il Quirinale infatti, oltre ad esprimere più di una riserva sul testo, auspicava che i legislatori si concentrassero, prima della pausa estiva, sulla manovra economica e che solo dopo aver sistemato i conti di bilancio ci si concentrasse a mettere le pezze sulle disgrazie giudiziarie intrinseche al Popolo della Libertà.

Il periodo estivo, infatti, causa latenza vacanziera della già scarna opinione pubblica, è il periodo dell’anno preferito dai berluscones per legiferare in modo spudorato su temi che invece richiederebbero ben altra attenzione rispetto a quella che si può incontrare tra gli scrannni delle Camere da luglio a settembre.

Senza andare troppo lontano, il 27 luglio del 2009 veniva approvato a larga maggioranza un bavaglio che non ha avuto la fortuna di essere contestato come quello odierno: era il lodo Bernardo ed imponeva ai giudici della Corte dei Conti di aprire dei fascicoli d’indagine solo nel caso in cui si fosse riscontrata “una specifica e precisa notizia di danno, qualora sia cagionato per dolo o colpa grave”.

La terminologia utilizzata per il lodo Bernardo è la stessa che possiamo leggere nelle righe del ddl sulle intercettazioni - la mano dell’onorevole ghost-writer Niccolò Ghedini è evidente in entrambi i testi - a dimostrazione che, oltre ad essere povera di idee e soluzioni reali, la maggioranza ha un’univoca idea di giustizia: quella dei furbi.

 

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