di Mariavittoria Orsolato

A quanto si è potuto apprendere dai fascicoli sui “grandi eventi”, ereditati dalla procura perugina, i tentacoli della cricca Anemone&co sono arrivati fin dentro il Cupolone. Quello che è già considerato il supertestimone, il tunisino naturalizzato italiano Laid Ben Fathi Hidri - handyman di Angelo Balducci e autista del costruttore romano - ha infatti esteso le sue testimonianze dalla politica al Vaticano, tirando in ballo “un importante monsignore” da cui spesso accompagnava Anemone. L’identità del prelato è stata svelata quasi subito: si tratta di Francesco Camaldo, cerimoniere del Papa e, per quindici anni, segretario particolare del vicario di Roma, cardinal Ugo Poletti.

Fino ad oggi gli unici legami di Diego Anemone con l’universo della Santa Sede stavano nel fatto che, atti alla mano, alcune compravendite di appartamenti passavano da enti religiosi come “Propaganda Fide”, di cui Angelo Balducci - l’ormai ex gentiluomo di Sua Santità, con il vizietto - era consigliere. Con le nuove dichiarazioni di Hidri, si è venuti invece a scoprire che i rapporti di Anemone con gli alti prelati erano molto più stretti e frequenti di quanto non si desse a intendere. Il momento di svolta, per la cricca che si è accaparrata la fetta più grossa degli appalti pubblici, pare collocarsi nel 2000, all’epoca del grande Giubileo romano, ma per adesso gli inquirenti stanno ancora vagliando le reali connessioni.

Le interdipendenze che legano il palazzinaro romano e soci a San Pietro, si possono però intuire collocando gli uomini nei tempi e negli spazi che le cronache ci hanno fornito. Sappiamo, infatti, che Angelo Balducci è stato nominato consigliere della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli dal potente cardinale Crescenzio Sepe, dopo che questi l’aveva visto all’opera in veste di provveditore alle opere pubbliche per la regione Lazio durante i giorni del Giubileo. Assumendo una carica all’interno di “Propaganda Fide” - presieduta prima da Sepe, oggi arcidiacono di Napoli, e poi dall’ex arcivescovo di Bombay Ivan Dias  - Balducci s’inserisce nel cuore del dicastero vaticano attinente alle attività missionarie.

Dicastero che, in virtù degli immensi territori di missione, ha attribuite facoltà e funzioni normalmente esercitate da altre congregazioni e che, appunto, per la sua incisività sul mondo cattolico, fa chiamare ufficiosamente il suo prefetto, il Papa rosso. Balducci, in quanto membro del comitato che ha il compito di collocare l’ingentissimo patrimonio di “Propaganda Fide” - un patrimonio perlopiù fatto di immobili concentrati a Roma e all’estero - ha quindi in mano una moneta di scambio decisamente ghiotta per Anemone, almeno a quanto raccontano le cronache.

Sappiamo inoltre che il porporato chiamato in causa dall’autista tunisino era già stato “attenzionato” dalla magistratura. Nel 2006 viene infatti sentito a Potenza dal pm Henry John Woodcock, per una storiaccia dai contorni torbidi riguardante aficionados della massoneria e uomini dei Servizi Segreti. Nella testimonianza rilasciata alla procura, monsignor Camaldo avrebbe detto di aver chiesto un prestito di 280.000 Euro a Balducci in quanto assillato da un debito relativo all’acquisto di una villa ai Castelli Romani; somma che quest’ultimo, una volta interrogato, dichiarerà di aver messo a disposizione dell’alto prelato tramite un giroconto allo Ior. Non ci è dato sapere se il prestito autorizzato da Balducci sia mai rientrato.

Quella che però potrebbe essere la chiave di volta di questo immenso sistema fondato sul do ut des, porta il nome don Evaldo Biasini, economo e tesoriere della Congregazione missionaria del Preziosissimo Sangue - sottobranca della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. L’ottantatreenne sacerdote romano, amico di lunga data della famiglia Anemone, avrebbe infatti custodito nella cassaforte missionaria svariate mazzette di contanti, pronti ad essere erogati al costruttore in caso di necessità. Interrogato a seguito della perquisizione dei Ros nell’Istituto, don Biasini avrebbe poi candidamente affermato di aver messo a disposizione di Anemone i conti intestati all’Ente, di fatto utili al deposito di assegni al prelievo di contanti puliti.

Questi gli antefatti che potrebbero portare gli inquirenti a chiarire le dinamiche degli scambi intercorsi tra Anemone e alcuni esponenti della Santa Sede. I quesiti che affollano le menti dei magistrati e dei cronisti potrebbero essere risolti con facilità dal costruttore romano, ormai ufficialmente al centro di quella che è già stata impropriamente ribattezzata “la nuova Tangentopoli”. Ma il silenzio che l’ha accompagnato in questi tre mesi di carcere è difficile che venga sciolto entro domenica, quando Diego Anemone sarà nuovamente un uomo libero.

 

 

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