di Mariavittoria Orsolato

Dal palco di piazza San Giovanni, quello del milione presunto, il premier Berlusconi ha fatto un elenco delle innumerevoli migliorie che lui e il suo governo hanno apportato al nostro ingrato stivale. Tra le tante, è stata citata la “epocale riforma del sistema scolastico e universitario” a firma di Maria Stella Gelmini: il disegno di legge è però ancora al vaglio delle Camere, dove tutti gli schieramenti stanno facendo a gara per introdurre emendamenti (ben 800), ma i risultati di questo alacre legiferare paiono peggiorativi in modo stranamente bipartisan.

A segnalare le preoccupanti evoluzioni di quella che è a tutti gli effetti una controriforma sulla pelle degli atenei, ci pensa l’ANDU (Associazione Nazionale Docenti Universitari) che sul suo sito fa una puntuale disamina delle nuove disposizioni, preconizzando quelli che saranno i risvolti di questa non inedita alleanza tra lobbismo universitario, politica e Confindustria.

Il primo punto affrontato dall’ANDU riguarda l’ANVUR, l’agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca, vera e propria Authority degli atenei i cui poteri sono stati ampliati dall'emendamento del relatore, il senatore Giuseppe Valditara in quota PDL, posto all'articolo 5-bis comma 4. Nel testo si legge: “Nel caso in cui la valutazione effettuata dall’ANVUR ai sensi del comma 3 sia negativa, i professori e i ricercatori sono esclusi dalle commissioni di abilitazione, selezione e promozione del personale accademico, di esame di Stato, nonché dagli organi di valutazione dei progetti di ricerca.” Con ciò s’intende affermare che l'ANVUR avrà il compito di vagliare, caso per caso, ogni professore, ricercatore o assistente iscritto nel libro paga dell'ateneo di competenza e valutarlo in base a quelli standard europei tanto cari al ministro dalla penna rossa.

Certo, l'idea di un organo indipendente che vigili sull'operato di quelli che dovrebbero essere i mentori dei nostri figli è più che allettante, ma visti i precedenti nazionali in materia di Authority, il rischio più grosso è che le valutazioni non vengano fatte sul merito effettivo ma in base all'appartenenza partitica o ideologica. Se a ciò si aggiunge che il primo e importante compito dell'ANVUR è l'assegnazione dei fondi statali, pare lecito, oltre che saggio, metterne in dubbio l'imparzialità.

La critica più forte dell'ANDU è però rivolta al manifesto progetto di trasformare gli atenei in governance sulla falsariga delle ASL territoriali, in cui Rettore e Consiglio di Amministrazione hanno l'ultima parola su ogni delibera riguardante sia l'attività didattica sia il reclutamento e il successivo monitoraggio disciplinare di docenti e ricercatori. Nel dettaglio l'articolo 2 comma 2f prevede che il CdA sia preposto a “funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale”, “della competenza a deliberare l’attivazione o soppressione di corsi e sedi”, “della competenza ad approvare la proposta di chiamata da parte del dipartimento”, oltre che la “competenza disciplinare relativamente ai professori e ricercatori, ai sensi dell’articolo 5-septies”. In questo modo Rettor e e CdA assumono poteri e giurisdizioni prima impensabili in un sistema di istruzione pubblica, con il conseguente svuotamento pratico e deliberativo di organi indispensabili alla rappresentanza - sia del corpo docenti che di quello studenti - come il Senato Accademico e il Consiglio di Dipartimento e dei Corsi di Studio.

Ma dato che al peggio non c’è mai fine, gli emendamenti proposti da maggioranza e opposizione vanno a toccare soprattutto il capitale umano degli atenei, dove capitale umano sta per docenti di terza fascia, ricercatori e assistenti precari. In base alle nuove disposizioni, infatti, i concorsi saranno bloccati, ci sarà una drastica riduzione dei docenti di ruolo e soprattutto la liquidazione della maggior parte dei precari ad oggi operanti nei settori della ricerca e della didattica. A questi ultimi poi, oltre a non venir nemmeno riconosciuto il merito di portare avanti - in molti casi gratuitamente - il lavoro che i docenti sarebbero tenuti per contratto a svolgere, vengono aumentate le ore di effettivo servizio: se prima infatti le ore non dovevano superare le 350, con l’emendamento all’articolo 5-bis comma 1 e i soliti giochi di parole tanto cari alla nostra maggioranza, le ore rimangono 350 ma invece che essere un limite sono una base, dato che il  testo furbescamente gli antepone un “almeno”.

Se, infine, uno degli obiettivi primari dell'epocale riforma era quello di mettere un freno definitivo alla dilagante pratica del nepotismo e del baronato negli atenei, con gli emendamenti agli articoli 8 e 9 si sconfessa di fatto questo nobile proprosito: i concorsi rimarranno infatti su base locale e l'unico requisito necessario alla candidatura sarà l'abilitazione nazionale all'insegnamento. Alla faccia della tolleranza zero.

Per ora tutte queste novità rimangono sulla carta, in attesa di essere approvate dalle Camere in un iter che avrebbe già dovuto essere iniziato ma che per l'enorme mole di emendamenti non sarà discusso fino al 13 aprile. Il ministro è fiducioso sul fatto che la sua creatura venga approvata entro l'estate, nel frattempo attendiamo che l'Onda - il movimento nato spontaneamente dagli studenti di tutti gli atenei italiani nell'ottobre di due anni fa - si faccia sentire ancora e con più voce.

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