di Nicola Lillo

Comunali e Regionali in una volta sola. Doppie elezioni per la rossa Bologna. Dopo le dimissioni di Flavio Delbono, da sindaco del capoluogo emiliano romagnolo, lo scontro fra maggioranza e opposizione si apre su più fronti. Sono diversi i nomi di cui si parla per la poltrona della città. Il Pdl avanza la candidatura di Giancarlo Mazzuca, già in corsa per la Regione. Ritiratosi dalla contesa, sembrerebbe essere la prima carta estratta dal mazzo del Pdl. Lega e Udc, però, non sembrano convinte della scelta, soprattutto, a causa della gestione verticistica del partito. Non vogliono accodarsi alle decisioni prese dal “grande capo”. È probabile, comunque, che la scelta ricadrà, nonostante tutto, sull’ex direttore del Resto del Carlino, Mazzuca, già in corsa per la poltrona di governatore della Regione.

Sul fronte Pd, invece, si parla già di primarie, le quali dopo le (dis)avventure pugliesi, con dichiarazioni a catena, critiche e fratture sembrerebbero quasi naturali e logiche. Ma nel Partito Democratico la logica spesso sembra latitare. I nomi presentati sono, comunque, diversi e non si esclude la candidatura di un esponente della cosiddetta “società civile”: Duccio Campagnoli, assessore regionale alle Attività produttive; Luciano Sita, figura forte della giunta Delbono e ex numero uno di Granarolo; Maurizio Cevenini,  Presidente del consiglio comunale, tifosissimo del Bologna e recordman di matrimoni celebrati, amatissimo per altro in città.

Per la Regione il discorso è differente. Il Pdl, dopo il ritiro di Mazzuca, candida l’avvocatessa bolognese Anna Maria Bernini, con il placet dei coordinatori nazionali del Pdl - Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini - e l’intercessione di Berlusconi. Anche in questo caso le conseguenti critiche della Lega e dell’Udc, che anche qui vorrebbero prendere posto al tavolo delle trattative. La politica dei “due forni”, nonostante le critiche sia dalla maggioranza che dall’opposizione, continua a dilagare. “Valuteremo, prendendo atto che il Pdl ritiene di vincere da solo” afferma il leader Udc. “Noi siamo disponibili - ha aggiunto - ma partendo dal rispetto di tutti”. La decisione del Pdl? “L'ho letto sui giornali. Evidentemente pensano di essere autosufficienti e di poter vincere da soli”.

Per il Pd, alla Regione la scelta sicura ricade su Vasco Errani. Eletto già Presidente della Regione Emilia Romagna il 16 aprile 2000 con un’ampia coalizione di centrosinistra, e rieletto poi per una seconda volta nelle regionali del 3 e 4 aprile 2005, con il 62.7% dei voti, potrebbe dunque ricoprire la poltrona di governatore per la terza volta. Dopo lo scandalo Delbono, la sua posizione ha iniziato a vacillare, giacché l’ex sindaco è indagato per differenti reati (abuso d’ufficio, peculato e truffa aggravata) compiuti durante la sua presenza al fianco di Errani, come vice della Regione. Alcuni dubbi sulla ricandidatura dell’attuale governatore erano dunque sorti, dubbi per lo più di natura politica. Stralciata comunque qualsiasi incertezza, la proposta del nome di Errani non sembra ora vacillare.

Un problema però potrebbe esserci. E non di natura politica, né morale, bensì legislativo. La legge ordinaria numero 165 del 2 luglio 2004, prevede, infatti, all’articolo 2 punto F, “la non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia”. Traduzione: non più di due mandati consecutivi. Errani, per legge, non può quindi diventare nuovamente Presidente della Regione. Almeno per queste elezioni. Alle prossime se ne potrà parlare.

Sorge però tra i giuristi una differente interpretazione della legge. Il tutto ruota intorno all’anno di promulgazione, il 2004, e al primo mandato del Presidente, il 2000. Secondo alcuni il mandato si conta già dal 2000. Questo perché, precedentemente, l’elezione del governatore avveniva da parte del consiglio regionale e non era diretta; la legge parla, testualmente, di “mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto”, quindi il caso di Errani entrerebbe in questa categoria, essendo stato eletto direttamente dai cittadini già due volte. Secondo altri giuristi, invece, il mandato può contarsi dal 2005, ovvero l’anno successivo all’entrata in vigore della legge.

È chiaro che se il problema avesse riguardato solo la Regione Emilia Romagna, il Pdl non avrebbe aspettato un secondo per sventolare ai quattro venti il testo di legge. Errani era, infatti, (almeno fino al “Cinzia gate”) il candidato vincente, secondo i sondaggi. Ma questo problema legislativo riguarda anche il veneto con Giancarlo Galan e la Lombardia con Roberto Formigoni. Rispettivamente Pdl e Pdl. E allora? Chiudiamo gli occhi tutti e che l’inciucio continui. A Roma nessuno vuole sollevare il problema, ne avrebbero da perdere tutti. E allora si tace. Per il Pd è un’altra occasione persa per dimostrare una minima (e possibile) differenziazione dalla maggioranza. Non è la prima volta, non sarà -.purtroppo - l’ultima.

 

 

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