di Mario Braconi

A dispetto dell'occhiuta vigilanza censoria che il regime ha orchestrato anche grazie alla tecnologia fornita da grandi marchi dell'industria europea (Siemens e Nokia tra gli altri), la sanguinosa repressione della dissidenza politica in Iran è stata largamente documentata in Occidente. A chiunque ricercasse una testimonianza diretta delle manovre criminali delle polizie controllate dalla Grande Guida, così come del valore dei suoi oppositori, è stato sufficiente accendere il computer e collegarsi con YouTube.

Immagini con cui è difficile convivere: manifestanti massacrati dalle pallottole o dai paraurti delle camionette, il cui corpo, sotto gli occhi saltellanti di una videocamera o di un telefonino, viene trasformato in una massa informe sanguinolenta, mentre i compagni si affannano in disperati ed inutili tentativi di riportarli in vita. Gli oppositori vengono invariabilmente colpiti al capo: non è un caso, il braccio armato del tiranno colpisce per uccidere.

Dopo i brogli di giugno e dopo i fatti di fine dicembre 2009, Teheran fa fatica a nascondersi dietro una facciata di rispettabilità: ormai è diventato impossibile nascondere delle mani tanto lorde di sangue e nessuno, in Europa come negli USA, potrà dire credibilmente che "non sapeva". A parte, sembra, il nostro Ministro degli Esteri. In un'intervista del 2 gennaio dal Corriere della Sera, Franco Frattini si esibisce in affermazioni funamboliche degne del don Abbondio di manzoniana memoria: se da un lato il Ministro riconosce che "in Iran sono in gioco le libertà fondamentali" (e non da ora ndr) e che l'Italia non intende "voltare la testa" fingendo di non vedere, la posizione ufficiale del nostro Paese è "non interferire con gli assetti politici di quel Paese". Il trionfo della realpolitik all'amatriciana.

Tuttavia, quando Andrea Garibaldi del Corsera gli chiede la sua opinione sull'opportunità di una visita di un gruppo di rappresentanti del Parlamento Europeo, in calendario per il 7 gennaio, la risposta di Frattini è francamente sconcertante: "Credo che quella visita sia opportuna. Sono favorevole ad ogni incontro interparlamentare. Inviterei subito a Montecitorio la commissione esteri del Parlamento iraniano". Frattini dunque invita ufficialmente addirittura dentro la sede del Parlamento della Repubblica Italiana gli incliti rappresentanti di quello stesso governo che abbiamo visto all'opera con gli arresti di massa, le detenzioni arbitrarie, gli assassini politici, gli stupri, le sparizioni, le manganellate; un'idea talmente estrema ed irragionevole da lasciare a bocca aperta anche coloro che ritengono che quel luogo abbia da tempo perso la sua aura sacra. E perché, verrebbe da dire, non invitare questi incliti campioni di democrazia a qualche talk show chez Silvio.

Va detto tuttavia che la posizione del Ministro è isolata addirittura all'interno del Popolo delle Libertà, ovvero di un partito che in genere si è distinto per il suo atteggiamento conciliante nei confronti delle semi-dittature, come la Federazione Russa dell'"amico" Vladimir. A quanto riporta il Corsera, Mario Mauro, capodelegazione del PDL al Parlamento Europeo, avrebbe scritto a Jerzy Buzek (presidente del Parlamento) sollecitando una verifica sull'opportunità della spedizione degli 11 eurodeputati alla volta di Teheran. Stupisce favorevolmente anche la dichiarazione di Fabrizio Cicchitto, capogruppo del PDL alla Camera: "Si levi una protesta da parte di tutte le principali forze politiche, in modo da far sentire a quel regime l’isolamento internazionale a cui sta andando incontro: è una situazione gravissima che non consente reticenze o silenzi".

A costo di eccedere con l'ottimismo, sembra che molti politici italiani, tra cui anche i più insospettabili, abbiano manifestato in questo caso un barlume di buon senso. Esattamente quello che sembra disperatamente difettare al nostro Ministro Frattini. A fargli compagnia, solo l'inossidabile Lamberto Dini, infaticabile lobbista di interessi privati nella cosa pubblica ("la posizione di Frattini è corretta, iniziative di isolamento potrebbero rinsaldare il regime e se l’Europa ha deciso la missione e il governo iraniano l’accoglie, è giusto farla").

Del resto, in Iran sono presenti diverse aziende italiane che operano nei settori petrolifero, siderurgico, energetico, petrolchimico, automobilistico, delle costruzioni, delle macchine ed apparecchi meccanici: ENI, Tecnimont, Edison, Ansaldo, FIAT e Fata, per fare qualche nome. Se venisse confermato l'andamento delle variabili evidenziato nei primi tre trimestri del 2009, l'interscambio Italia-Iran (ovvero la somma di importazioni ed esportazioni tra i due Paesi) potrebbe attestarsi sotto i 4 miliardi di Euro (contro i 6 abbondanti registrati nel 2008). Si consideri inoltre che, nel 2008 più della metà delle nostre esportazioni verso la Repubblica islamica erano legate al settore delle attrezzature e macchinari industriali, molto esposto alla concorrenza cinese.

Dunque, benché l'Italia sia il primo partner commerciale dell'Iran tra gli stati membri dell'Unione Europea, per lo Stato Italiano (azionista di ENI) e per gli imprenditori privati che hanno messo soldi in Iran, le cose non vanno troppo bene. Cosa che sembra preoccupare il Ministro Frattini più di quanto lo impressioni il sangue innocente che bagna quotidianamente i marciapiedi e le stanze delle torture di Teheran.

Fortunatamente, alla fine la visita è stata cancellata in extremis il 4 gennaio. Non manca un piccolo "giallo": Barbara Lochbihler, eurodeputato Verde, presidente della Delegazione per i rapporti con l'Iran e capo della delegazione che avrebbe dovuto viaggiare nella repubblica islamica, ha infatti dichiarato alla Reuters che l'incontro è saltato per mancanza delle condizioni minime per le sua tenuta: "La delegazione avrebbe espresso solidarietà al movimento di protesta, cosa che il governo iraniano ha ritenuto troppo pericolosa" ha dichiarato la parlamentare. L'agenzia di stampa del regime iraniano IRNA, invece, citando Ramin Mehmanparast, portavoce del ministro degli Esteri iraniano, si è espressa in modo assai più conciliante: "La data dell'incontro è stata rimandata per garantire una migliore e più costruttiva cooperazione tra organi parlamentari." Cancellazione o riprogrammazione? Non è dato sapere.

C'è però un elemento interessante che può spiegare quale sia il retroscena del cambio di atteggiamento del Parlamento Europeo: la missiva che 15 deputati e senatori americani hanno spedito lo scorso 22 dicembre al presidente dell'Europarlamento, Jerzy Buzek, nella quale il viaggio della delegazione veniva definito "potenzialmente dannoso" ed in grado di sabotare gli sforzi della comunità internazionale volti ad impedire lo sviluppo di un programma nucleare iraniano".

Viene fuori un quadro deprimente delle nostre istituzioni, nazionali od europee che siano: insensibili ai diritti umani, neutrali nei confronti delle più ripugnanti dittature, schiave delle lobby e sempre pronte a genuflettersi agli ordini di scuderia provenienti dagli Stati Uniti. Niente che già non sapessimo.

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