di Nicola Lillo

“Parole, parole, parole”. Così cantava Mina, duettando con Alberto Lupo nei lontani anni ’70. E questo sembra essere l’esito e l’effetto prodotto dalle parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, durante il consueto intervento di fine anno. Napolitano parla di crisi economica, da cui non siamo ancora usciti, di coraggio, riforme economiche e sociali, equità, più cura per chi subisce i danni più gravi, come i ceti deboli e il Mezzogiorno. Parla della riforma del fisco, degli ammortizzatori sociali.

Nomina le riforme: quelle istituzionali e della giustizia, che “non possono essere ancora tenute in sospeso, bloccate da un clima di sospetto”. Sono questi i temi principali toccati nel corso del messaggio di fine anno, il quarto del Settennato. Una ventina di minuti senza mai un cenno ai ricercatori dell’Ispra, alla Fiat di Termini Imerese, a tutte le altre fabbriche in procinto di chiusura. Un discorso per lo più cosparso di buoni propositi.

Sul tema delle riforme - il più caro, attualmente, alla classe politica dirigente - il Presidente Napolitano afferma che occorrono per “un più efficace funzionamento dello Stato e non possono essere bloccate da un clima di sospetto fra le forze politiche e da opposte pregiudiziali”. “E’ essenziale che siano sempre garantiti equilibri fondamentali tra governo e Parlamento, tra potere esecutivo e legislativo e istituzioni di garanzia, e che ci siano regole in cui debbano riconoscersi gli schieramenti sia di governo sia di opposizione. (…). Si andrà avanti, non ci si bloccherà in sterili recriminazioni e contrapposizioni”. Napolitano ha, inoltre, rinnovato la condanna dell’aggressione a Silvio Berlusconi e l’impegno ad operare per “attenuare le tensioni”. “È mio dovere - continua il Presidente - realizzare una maggiore unità della nazione: un impegno che richiede ancora tempo e pazienza, ma da cui non desisterò”. Conclude il discorso dichiarando che “i cittadini italiani in tempi difficili come quelli attuali hanno bisogno di maggiore serenità. Serenità e speranza che sento di potervi trasmettere oggi con il mio augurio per il 2010”.

Plauso unanime per il discorso, a partire dal premier Silvio Berlusconi, tra i primi a telefonare al Capo dello Stato Giorgio Napolitano, dopo aver ascoltato il messaggio, esprimendo personalmente il suo apprezzamento. La voce fuori dal coro é di Antonio Di Pietro. “Il discorso di Napolitano è di per sé condivisibile, come tutte le dichiarazioni di buoni propositi. Sono improcrastinabili riforme che garantiscano un futuro a questo Paese. Ma per quanto riguarda la riforma della giustizia, il problema è sempre lo stesso: le riforme che vuole questo Governo sono solo ed esclusivamente norme per salvare Berlusconi dai suoi guai giudiziari. Su questo tema, non credo si possa parlare di clima di sospetto, ma di certezza, visto che questi provvedimenti sono già all’esame del Parlamento. Sono sicuro - conclude Di Pietro - che il Presidente della Repubblica saprà essere garante dei principi della Costituzione e che, questa volta, non firmerà questi orrori”.

Ma qual è stato il suo effetto? Oltre al plauso unanime e qualche voce fuori dal coro, da evidenziare è l’intervento del ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta. Anche qui, “parole, parole, parole”. Ma non vaghe e generali, come potevano essere quelle di Napolitano, bensì del tutto strampalate. Intervistato da Libero, Brunetta ha affermato che è necessario cambiare anche la prima parte della Costituzione e non solo la seconda (come dichiarato dal Presidente della Repubblica) articolo 1 compreso: “Stabilire che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro non significa assolutamente nulla”. Bonaiuti segue dicendo: “Sono del parere che non bisogna mai mettere troppa carne al fuoco, però tutto si può vedere”. Come dire: non tutto subito!

Durissimo invece Di Pietro: “Come volevasi dimostrare: dai un dito e si fregano il braccio”. Per l’ex-pm, le parole del Capo dello Stato sono state “forse incaute visti gli interlocutori”. Per essere più chiaro, il leader dell’IDV ha aggiunto: “Napolitano ha messo il vento in poppa alla barca dei pirati che utilizzerà strumentalmente le dichiarazioni di chi rappresenta le istituzioni per distruggere e mortificare le stesse”. A quali altre parole, ma soprattutto a quali azioni e atti governativi, ci dobbiamo prepare?

 

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