di Eugenio Roscini Vitali

Il 14 novembre la Cgil è scesa in piazza per chiedere risposte concrete contro una crisi che non è ancora finita e per aprire il percorso allo sciopero generale: edili, chimici, metalmeccanici, lavoratrici  e lavoratori del pubblico impiego e della scuola, pensionati e studenti, accorsi a Roma per ricordare a tutti che non si può vivere di cassa integrazione, che nel 2009 sono saltati 570 mila posti di lavoro, che 300 mila precari sono rimasti a casa e che entro il prossimo anno altro altri 500 mila persone perderanno l’impiego. Le risposte sono arrivate subito, puntuali e impeccabili, più che mai significative: “Vedere l’amico Epifani in piazza con la faccia triste a dire che il peggio deve ancora venire mi fa sorridere. Ma assieme a me sorride anche la stragrande maggioranza degli italiani che nella loro percezione vedono esattamente il contrario”. Queste le parole del ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, che intervenendo su radio Rtl ha rimarcato l’idea di quell’opposizione a prescindere che tanto piace al ministro del lavoro, Maurizio Sacconi: “'Mi sembra un piccolo mondo antico ancorato al Novecento e alle sue ideologie”.

Per Epifani la crisi avrà gli effetti più negativi sull’occupazione nelle prossime settimane e il governo non sta facendo nulla per sostenere il lavoro e i pensionati. Persone che se ne vanno a casa, mobilità, ristrutturazioni, fondi destinati ai giovani ricercatori dell'università che sfumano nel nulla: una valanga di licenziamenti che sta aumentando e che si sta sostituendo alla cassa integrazione; una crisi che lascerà il segno sui disoccupati, sui precari e sui pensionati, per i quali il peggio deve ancora arrivare.

Il segretario della Cgil parla di una Finanziaria “troppo al di sotto della portata della crisi”: no alla richiesta per più ammortizzatori sociali; no alla riduzione del carico fiscale per i lavoratori dipendenti e i pensionati; no agli 80 mila precari che dovevano essere impiegati nel mondo della ricerca e dell'università; no alle richieste per il pubblico impiego, per gli investimenti, per la revisione del patto di stabilità che avrebbe dovuto permettere ai Comuni e alle Province di investire e spendere di più.

Era marzo 2009 quando il Consiglio dei ministri varava nuove misure per i lavoratori meno tutelati che perdono il posto, un pacchetto di ammortizzatori sociali per i precari sospesi o licenziati che prevedeva il raddoppio dell’indennità una tantum ai collaboratori a progetto: dal 10% dell'ultima retribuzione annuale al 20%, con una cifra erogabile in circa 30 giorni che dovrebbe oscillare tra i 1.000 e i 2.600 euro. Una promessa che, da quanto ricorda Epifani, fino ad oggi avrebbe “premiato” solo 900 persone, una goccia d’acqua in un mare di disperazione. Confermando l’incertezza sulle prospettive di ripresa, il mese scorso la Banca d'Italia aveva infatti segnalato che, escludendo dal computo l'effetto delle iscrizioni all'anagrafe di lavoratori immigrati, nel 2009 l’occupazione ha fatto registrare una flessione di oltre mezzo milione di posti; 300 mila le unità perse tra i lavoratori comunemente definiti “precari”.

A Roma, di fronte a 50 mila persone, Epifani descrive il film di una crisi che parla di lavoro che sparisce, di aziende che chiudono e di imprenditori che vedono andare in fumo i sacrifici di una vita, una crisi che esige risposte e che chiede interventi significativi finalizzati al rilancio dell’economia e alla tutela del reddito. Nelle richieste della Cgil ci sono gli ammortizzatori sociali per i dipendenti e per i precari, gli investimenti, il patto di stabilità e la tutela per quelle migliaia di lavoratori che non prendono lo stipendio da mesi e che temono di veder saltare l’azienda da un giorno all’altro. Ma il segretario della Cgil non è l’unica Cassandra: sulla crisi si erano già espressi Confcomercio, le Piccole e Medie imprese e le banche, tutte categorie più vicine a Palazzo Chigi che a Corso Italia, sede dello storico sindacato.

Carlo Sangalli, presidente della Confederazione che rappresenta 770 mila imprese impegnate nel commercio, nel turismo e nei servizi, parla di una “crisi grave che continua a mordere l’economia e a colpire il lavoro”: ore di cassa integrazione guadagni concesse tra gennaio e settembre pari all’ammontare complessivo di quelle totalizzate nell’ultimo triennio; oltre 50 mila esercizi al dettaglio chiusi nei primi nove mesi del 2009; un bilancio tra aperture e chiusure che entro la fine dell’anno dovrebbe registrare un saldo negativo di circa 20 mila unità; un aumento esponenziale dei disoccupati che nei dodici mesi dell’anno corrente conterà 130 mila posti in meno, cifra che nel prossimo anno è destinata a sfiorare quota 180 mila.

Pur ritenendo che la crisi sia ormai alle spalle, l’ottimista amministratore delegato del Gruppo Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, pensa che il futuro nasconda ancora non poche incertezze e che il quadro generale resti comunque drammatico. In un intervento ad un convegno organizzato presso Confindustria di Como il banchiere ha parlato di un grandissimo numero di aziende che sono a rischio di sopravvivenza: “Ipotizzando anche solo il 5%, si tratterebbe di 250mila”. Un numero inferiore rispetto a quello espresso da Giuseppe Morandini, presidente della Piccola impresa di Confindustria, che parlando al IX Forum di Mantova descrive una crisi e che colpisce almeno un terzo delle aziende di settore: un milione di imprese che vive uno stato di estrema sofferenza. “Non ci sono ordini e viviamo in una situazione di straordinaria difficoltà”. Non è chiaro quando arriverà la ripresa.


 

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