di Mariavittoria Orsolato

Oltre ad aver fatto cinque milioni e mezzo di ascolti con il 22,87% di share, la puntata di giovedì di Annozero ha regalato a quella Rai che tanto disprezza il suo conduttore e i suoi ospiti fissi, l’ennesima secchiata di acqua gelata. Intitolata “Farabutti”, in chiaro riferimento al gentile appellativo con cui Berlusconi ha additato i giornalisti che non gli fanno da lacché, il tema della puntata verteva sulla libertà di stampa e sull’ormai trito tema della scarsa moralità del premier. C’era Vauro, Franceschini e Bocchino, c’erano la De Gregorio e il solito odioso “mr. No” Belpietro, c’era un Mentana che non si capiva se c’era o ci faceva e c’era quel Marco Travaglio la cui testa fa gola a più di un dirigente Rai.

Le polemiche sulla nuova serie della trasmissione, infatti, sono iniziate ancor prima che questa incominciasse: prima il problema dai contratti non firmati a meno di due settimane dalla messa in onda, poi il diktat sottaciuto che voleva Travaglio fuori dalla trasmissione e la querelle tra Masi e Santoro. Ma infine la puntata è andata in onda, con l’editoriale di un Travaglio senza contraddittorio e con un Santoro forzato a richiamare il passato prossimo dei nostri governanti e a spiegare il perché di tanto allarmismo sul rischio censura. Insomma il compagno Michele - come lo dileggiano gli scrivani del premier - è riuscito a scampare agli anatemi di Palazzo Chigi e di Viale Mazzzini, trasmettendo all’Italia la solita gustosa informazione che contraddistingue lui e i suoi collaboratori.

“Tanto rumore per nulla?” chiede Santoro. Buona parte dell’opinione pubblica pensa di sì, ma il fatto che Annozero sia andato in onda giovedì, non è certo un buon motivo per chetare gli animi e assuefarsi nuovamente nella convinzione che in Italia vada tutto bene. Se polemica infatti c’è stata, è perché ci sono i precedenti e Santoro e la sua trasmissione sono proprio uno di questi. Ricorderete tutti l’editto di Sofia del 18 aprile 2002 e ricorderete anche come la stagione seguente, i tre soggetti citati nell’ukase bulgaro fossero divenuti dei desaparecidos dell’etere. Se perciò ci si è sbracciati al punto da indire una manifestazione ufficiale della FNSI il prossimo 3 ottobre, è perché alla stampa che si chiama libera - e anche a quella di parte (opposta) - questa insinuante arroganza dei berluscones su come si deve informare, fa paura.

Tornando alla puntata di giovedì, la triste conferma di quanto stia avvenendo negli ingranaggi giornalistici del paese la dà inaspettatamente Filippo Facci, nemesi di Travaglio dei giornali della famiglia Berlusconi: intervistato da Corrado Formigli, il giornalista di Libero ha ammesso di temere per la sua libertà di espressione e, sebbene la sua sia una dichiarazione in grado di creare profonde crisi di identità, se lo dice lui c’è davvero da crederci.

Quello che però giovedì Annozero cercava di dirci, l’ha espresso con la maestria che lo contraddistinse Giorgio Bocca: “Può darsi che questo tentativo di uccidere la democrazia fallisca, come che abbia successo. Berlusconi è stato molto intelligente a creare un sistema, un regime tollerante, che coltiva tutti i vizi del paese: vi piace rubare? Rubate. Volete la ricchezza? Sposate un miliardario. Quando sento dire che gli italiani sono intelligenti, sono bravi… Ma non è vero! Gli italiani sono poco intelligenti perché stanno distruggendo questo bene che è la libertà e la democrazia”.

Ecco, se gli italiani sono poco intelligenti o se vanno dritti verso la perdita delle proprie libertà intellettuali è perché ormai riescono a vedere il dibattito politico come un’eterna lotta tra il bene e il male, come un continuo rimpallarsi di colpe e di mancanze, e non importa che questo sentimento dualistico sia radicato nel nostrano dna sin dalla notte dei tempi. La colpa di questa sindrome da dicotomia è in buona parte ascrivibile al fatto che la maggioranza dei nostri connazionali s’informa (quando lo fa) solo ed esclusivamente grazie al tubo catodico, si nutre di panini mimouniani e si abbevera alle sorgenti di professionisti conclamati come Fede e Minzolini. In questo desolante panorama, trasmissioni come Che tempo che fa e Parla con me, giornalisti come la Gabanelli e - seppur con tutti i suoi difetti - Santoro sono necessari per equilibrare il mostruoso conflitto d’interesse che attanaglia l’inconsapevole pubblico catodico.

La Rai nei fatti non ha toccato i palinsesti, tutti i programmi sopraccitati andranno comunque in onda durante la stagione autunnale. Ma se l’ha fatto, la ragione non é da cercare in un improvviso attaccamento ai bilanci dell’azienda, perché è pur sempre vero che quei format attirano pubblicità come il miele le mosche. Non è nemmeno causa momentanea debolezza di quei Masi e di quei Liofredi che si impettiscono davanti Padron’ Silvio. La vera ragione è che ormai hanno capito che alzando polvere, si alza solo attenzione, e soprattutto hanno realizzato che l’attenzione che viene data non smuove di un millimetro le convinzioni che gli italiani si sono fatti riguardo a quella che ci ostiniamo a chiamare politica. Lasciare quei programmi è semplicemente fare una cortesia a quei quattro gatti che ancora credono che la parola libertà abbia qualcosa a che fare con il pensiero.

 

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