di mazzetta

L'apparizione di Piero Sansonetti a Porta a Porta durante l'ormai famigerato show di Berlusconi continua ad agitare le acque della sinistra, in particolare di quella definita, chissà perché, radicale. Non sono beghe di cortile, paradossalmente la polemica chiama in causa questioni di difficile risoluzione, tattiche come politiche. La pochezza dell'intera vicenda e la sua chiarezza rendono l'occasione ghiotta per sviluppare alcune considerazioni. Ad accusare Sansonetti di collaborazione con il nemico sono stati in diversi, da Francesco “Bifo” Berardi che ha formalizzato l'accusa insieme alle sue dimissioni pubbliche dalla collaborazione con L'Altro (il quotidiano diretto da Sansonetti), fino a Il Manifesto che si è divertito assai alle sue spalle.

Sansonetti per parte sua ha variamente spiegato le sue apparizioni a Porta a Porta e in questo modo ha reso evidente il fatto che non abbia una vera spiegazione da dare o che, in alternativa, non possa esplicitare e spendere i veri motivi che lo hanno spinto a fare lo zerbino di Berlusconi. Il problema, infatti, non è tanto nell'aver presenziato a Porta a Porta, ma che nel farlo il buon Piero si è adeguato in maniera imbarazzante agli standard di Bruno Vespa, che a tratti è addirittura parso “più giornalista” di lui. Il problema non è proprio che Sansonetti abbia legittimato lo show di Berlusconi, quello che è sembrato sfuggire ai più è che Sansonetti sia da tempo una colonna (quella di sinistra) di Porta a Porta, che non è uno spettacolo episodico, ma una delle più grandi macchine di creazione del consenso a disposizione di Berlusconi e del suo governo. Sansonetti è ormai parte di Porta a Porta.

Le presenze a Porta a Porta offrono grande visibilità, ma Sansonetti non può certo dire che si presta alla recita per una moneta del genere. Chi ha ventilato altri vantaggi probabilmente sbaglia, quella visibilità è già di per se stessa una retribuzione evidente e tangibile. Se Sansonetti frequentasse Porta a Porta in veste critica non ci sarebbe nulla da eccepire, ma la sua pretesa di rappresentare l'anticonformismo prestandosi docile al copione di Vespa è insostenibile. Che sia docile non ci sono dubbi, non si ricordano polemiche sollevate da Sansonetti a Porta a Porta e non sono pervenute domande scomode al presidente del consiglio. Di questi tempi non è facile evitare le domande sgradite a Berlusconi, ma Piero ce l'ha fatta, confermando l'opinione di chi lo conosce personalmente  per un soggetto intelligente.

Al di là dei toni che ha assunto la discussione, molto colorati e forse sopra le righe, e prima che tutto si perda nella conta dei punti-militanza e negli insulti incrociati tra chi critica il salto di Piero e chi lo difende per questioni più o meno affettive, bisogna cogliere e ribadire il vero significato della vicenda, che dimostra la grande capacità d'attrazione e di cooptazione che chi controlla l'accesso alla televisione e al potere economico e politico riesce ad esercitare anche su chi ha lunghe storie di militanza politica in campo avverso. Può entrarci anche la delusione per le sorti di una sinistra italiana da sempre minoritaria, ma il numero e il flusso di questi transfughi é troppo robusto e costante per essere solo figlio della frustrazione.

La realtà dimostra che aderire alle richieste del sistema è terribilmente vantaggioso, ma anche che per ottenere la visibilità necessaria e sufficiente per esistere nella società spettacolare, bisogna passare le forche caudine di un compromesso eticamente inaccettabile, per il quale bisogna inventarsi diversi e recitare una parte. Capita nei reality show, dove aspiranti allo spettacolo vengono diretti da un regista e capita anche per tutti gli altri show televisivi, dove i protagonisti sono sempre selezionati e diretti in modo funzionale alla storia che si vuole raccontare e al messaggio che si cerca di trasmettere. Stile, funzione e funzionamento di Porta e Porta sono noti da tempo: ovvio che imbarchi solo intelligenti consenzienti o vittime sacrificali che si sente capace di sbranare. Sansonetti non lo sbrana, non lo morde nemmeno: perché?

Lasciando Sansonetti ai suoi problemi, resta l'evidenza dell'incapacità della sinistra di “trattenere” il proprio personale politico e gran parte della sua classe parlante, incapacità che si spiega facilmente senza bisogno di filosofare: l'attivismo politico e culturale sui temi della sinistra storica, anche di quella più light, rende molto meno che prestarsi alla grande affabulazione. A volte capita anche che le persone intelligenti alla lunga siano tentate di mettere fine al sacrificio o addirittura di monetizzare professionalità e capacità messe insieme con tanti sacrifici e attraverso tante esperienze e battaglie per una notorietà fino ad ora sconosciuta.

Solo l'etica resterebbe ad opporsi a questo genere di seduzioni, ma per l'etica sono tempi duri e non esiste più traccia di stigma sociale che si dimostri capace di frenare i comportamenti che ne fanno stracci. Anche il frazionismo di sinistra contribuisce a facilitare questo genere di defezioni, perché è difficile provare lealtà verso persone con le quali ci si guarda in cagnesco da anni e con le quali si sono fatte fiere battaglie sul sesso degli angeli. Non c'è un gruppo omogeneo al quale dover rendere conto delle proprie azioni, conformismo e anticonformismo sono parole dal significato intercambiabile e variabile nel tempo e nello spazio. Lo spazio semantico è stravolto e dominato dal rumore prodotto dalla tromba televisiva, che suona sempre la stessa musica a tutte le ore e i richiami a valori comuni e diversi evaporano insieme all'integrità delle persone.

Il problema posto da questa transumanza rimane rilevante e di difficile soluzione, un esodo a senso unico, ad ulteriore dimostrazione del potere d'attrazione del sistema dello spettacolo che determina  un'emorragia costante di forze ed energie, che si spendono anche in questo genere di polemiche, con grande spasso di chi questi problemi non se li è mai posti. Il problema non è quindi Sansonetti, ma l'impetuoso torrente che si è portato via Sansonetti e tutti gli altri dopo la caduta delle barriere etiche e ideali che un tempo costituivano il pur flessibile perimetro ideale della sinistra italiana.

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