di mazzetta

Lo ha capito anche Letizia Moratti che l'intervento di Silvio Berlusconi nella vicenda Alitalia si è tradotto in un bagno di sangue e non l'ha mandato a dire, ma non per scrupolo o per onestà, solo perché in mezzo al disastro c'è rimasto anche l'aeroporto di Malpensa che ora rischia di rivelarsi quella cattedrale allo spreco che tanti hanno profetizzato negli anni. Non serviva certo la Moratti per spiegare agli italiani che l'intervento di Berlusconi nella faccenda sia costato caro a tutti gli italiani; a chiunque è stata più che sufficiente la differenza tra l'incasso della possibile vendita della compagnia ad Air France e quello realizzato con l'interposizione di CAI, che dimostra come nel primo caso lo Stato avrebbe incassato e come nel secondo invece si sia caricato di un ulteriore debito. Ora i fan del Presidente del Consiglio dicono che la trattativa con Air France in realtà sarebbe fallita per colpa dei sindacati, ma si tratta del solito fumo negli occhi a mascherare la più classica delle truffe, anche perché con la differenza economica tra le due ipotesi si potevano ricoprire d'oro lavoratori e sindacalisti e vincere così qualsiasi resistenza. La realtà non può essere travisata in questo caso, ci sono decine d’interventi di Berlusconi e dei suoi dipendenti che parlano chiaro e non lasciano dubbi: ad esempio, nessuno può dimenticare l'indegna cagnara sulla questione della “italianità” della compagnia, oggi buttata comunque alle ortiche con la vendita ad Air France. A nulla vale dire che questa vendita mantenga la famosa italianità in virtù della maggioranza azionaria ancora in possesso di CAI, perché è già chiaro e detto che tra qualche tempo CAI passerà la mano al socio transalpino.

Lo schermo di CAI non può occultare la truffa ordita dal Presidente del Consiglio con l'entusiasta collaborazione di alcune teste di legno gentilmente accorse al richiamo che Berlusconi ha lanciato al gotha dell'imprenditoria nazionale. Che si tratti di un manipolo di prestanome garantiti è evidente già dal fatto che, in poco meno di due mesi, i soci siano rientrati quasi integralmente di quanto versato in contanti per l'acquisto di Alitalia depurata dai debiti. Pagheranno 427 milioni di euro e hanno già incassato 320 milioni di euro da Air France per il 25% di Cai, che porta in dote oltre 600 milioni di debiti che rimarranno di CAI e non certo di capitani d'impresa che si sganceranno mano a mano che Air France accrescerà la sua quota. Non a caso il patto volontario e rescindibile a piacimento, che vincolava i soci di CAI al mantenimento della maggioranza azionaria è già stato accorciato di un anno, a coincidere con la fine del mandato Berlusconi.

A confermare l'impressione di una truffa c'è anche l'evoluzione di Airone di Carlo Toto. Compagnia aerea con una grossa esposizione debitoria, giudicata irrisolvibile dai più, è finita nell'affare e il suo titolare ne è emerso con una posizione finanziaria attiva, come per magia. Se non bastasse, c'è poi la circostanza per la quale la vendita diretta ad Air France prevedeva che la compagnia francese si sarebbe accollata tutti i debiti di Alitalia, mentre ora, grazie all'interposizione di CAI, le passività sono finite nella famosa Bad Company e di conseguenza a carico del bilancio dello Stato.

Questo senza considerare la vicenda di Malpensa. E’ chiaro che se al governo italiano poteva interessare porre condizioni a protezione dell'aeroporto milanese, ai “patrioti” di CAI interessa solo monetizzare, di conseguenza il futuro di Malpensa è oggi finito nelle mani del fato e delle decisioni di Air France, con grande scorno della signora Moratti e dei sette nani leghisti che alla fine si sono fatti rovinare l'aeroporto della Padania.

La conclusione che hanno tratto tutti è quindi che Berlusconi e i suoi associati abbiano fatto un pessimo affare per la collettività e un ottimo affare in proprio. Berlusconi su Alitalia ci ha fatto la campagna elettorale, Toto si è salvato insieme ai crediti che le banche vantavano nei suoi confronti e gli investitori patrioti lucreranno un guadagno garantito avendo investito una miseria che è già stata loro restituita da Air France, in attesa di un guadagno senza rischio e senza investimenti reali.

Qualche miliardo di euro, secondo le stime; questo è il costo che gli italiani pagheranno per lo show elettorale di Berlusconi, senza considerare qualche migliaio di licenziati in più rispetto alla prima ipotesi di vendita ad Air France e i mesi di disagi provocati dall'avidità di CAI che, non contenta del guadagno garantito, ha pure fatto la faccia feroce con i lavoratori e firmato accordi che poi ha provato a non rispettare, mentre la canea mediatica asservita al premier diffamava i dipendenti Alitalia dipingendoli come privilegiati ed ingrati.

I “prenditori” italiani ce l'hanno fatta ancora una volta. L'inciucio all'italiana tra la politica e l'elite economica cooptata è riuscito nuovamente a privatizzare i guadagni e a socializzare le perdite, con grande scorno degli italiani che un tempo pagavano per avere una compagnia aerea di bandiera e che continueranno a pagare per anni, questa volta per permettere a pochi eletti di vendere quella stessa compagnia guadagnandoci sopra alla faccia dell'italianità e dei tanti artifici verbali di Berlusconi e dei suoi dipendenti.


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