di Alessandro Iacuelli

Con il "ddl sviluppo", sottoposto in questi giorni al voto della commissione Attività produttive della Camera e all'esame dell'aula di Montecitorio a partire dal prossimo giovedì, torna l'Agenzia per la sicurezza nucleare. Torna attraverso un emendamento presentato dal governo e depositato dal viceministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso, così come già anticipato dal relatore Enzo Raisi. Scompare quindi l'ipotesi della delega per definire profilo e modalità d’istituzione dell'organismo. L'agenzia è la sola autorità nazionale responsabile per la sicurezza e la salvaguardia nucleare. Sarà un organo collegiale composto dal Presidente e da quattro componenti. Il presidente è di nomina del presidente del Consiglio, due componenti sono designati dal ministero dello Sviluppo e due dal ministero dell'Ambiente. Quindi, grazie a questa neonata Agenzia, sarà direttamente Palazzo Chigi a guidare il processo di ritorno del nucleare in Italia, senza nessun ministero ad interporsi. Un pericoloso aumento di potere per il presidente del Consiglio, in materia energetica. La decisione, anche se presentata da Urso, è su proposta del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola e del ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo. Secondo il governo stesso, è maturata dopo settimane di trattative e di perplessità con il tira e molla tra ministero dello Sviluppo economico e ministero dell’Ambiente. Entrambi i ministeri avrebbero voluto un maggiore controllo sul nucleare italiano. Tra i due litiganti si è scelto di mediare e di passare il controllo direttamente all'esecutivo.

L'Agenzia si occuperà di gestire i “compiti di autorità nazionale per la regolamentazione tecnica, il controllo e l'autorizzazione ai fini della sicurezza delle attività concernenti gli impieghi pacifici dell'energia nucleare”, della “gestione” e “sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari”, della “protezione dalle radiazioni”, oltre che “delle funzioni” e dei “compiti di salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari, comprese le loro infrastrutture e la logistica”. L’Agenzia inoltre potrà svolgere ispezioni negli impianti nucleari nazionali e loro infrastrutture, al fine di assicurare che le attività non producano rischi per le popolazioni e l’ambiente e che le condizioni d’esercizio siano rispettate La durata in carica degli organi e' di sette anni. Il viceministro Urso ha definito "equilibrata" la soluzione individuata ed ha espresso l'augurio che "già domani su di essa possa esserci il massimo consenso". L'emendamento precisa infine che l'Agenzia opererà senza nuovi oneri per lo Stato, utilizzando personale, strutture e risorse dei dipartimenti che già si occupano di energia nucleare all'Enea e all'Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ex Apat).

Scompare quindi l’indicazione di una legge delega come provvedimento per definire le competenze del nuovo organismo, dato che le linee guida e criteri di funzionamento verranno stabiliti direttamente dal governo che, entro tre mesi dall’entrata in vigore del ddl sviluppo, dovrà emanare un DPCM (decreto del presidente del consiglio dei ministri) su proposta del ministero dell'Ambiente e del ministero dello Sviluppo economico che contenga statuto, criteri di organizzazione, funzionamento regolamentazione e vigilanza. Il ministero dello Sviluppo economico ha già nominato il gruppo di lavoro competente in materia di nucleare coordinato da Giovanni Lelli, ex direttore generale dell'Enea.

Forse si sta correndo troppo? E' probabile. Il nucleare civile in Italia è un capitolo che dovrebbe essere chiuso da 20 anni, dopo un referendum che fece capire a tutti che la maggioranza degli italiani non ne voleva sapere. Ma in questi 20 anni le lobby, soprattutto industriali, favorevoli alla reintroduzione del nucleare civile, hanno lavorato e tramato con impegno, non solo sui governi, ma anche sull'opinione pubblica, al punto che oggi è incerto come la pensi la maggioranza degli italiani. La destra al governo, interprete degli enormi interessi economici legati alla reintroduzione del nucleare in Italia, sta ben approfittando dell’andamento nevrotico del mercato energetico e dei ritardi nella costruzione di un’alternativa credibile fondata sulle energie rinnovabili. Il Partito Democratico, già in campagna elettorale si era schierato a favore di una reintroduzione del nucleare in Italia. Pertanto, in Parlamento attualmente il partito pro-nucleare ha il 94% dei seggi.

La conseguenza di questa totale sudditanza all'industria nucleare da parte della politica italiana si è tradotta nell'assenza di condizioni d’informazione, d’impegno scientifico, culturale, sociale per costruire una risposta politica all’altezza della sfida lanciata dalla destra. Tanto per cominciare, è falso che la reintroduzione del nucleare, complice la crisi energetica, non ha alternative. Anche se nell’opinione pubblica è stata forzosamente diffusa la convinzione che il nucleare civile sia qualcosa con cui occorre convivere. Il nucleare nella migliore delle ipotesi richiede 10-12 anni per essere realizzato, mentre il risparmio energetico e le energie rinnovabili possono dare risultati importanti in tempi più brevi, ed in modo molto più efficace del nucleare.

Inoltre, la reintroduzione del nucleare civile in Italia ha costi enormi. Si parla di almeno 30 miliardi di euro. E’ chiaro che il nucleare civile finirebbe con l’assorbire tutte le risorse disponibili, pubbliche e private, per interventi in campo energetico, a scapito delle altre scelte. Questo proprio quando negli Stati Uniti Obama dichiara di puntare sulle fonti rinnovabili e promette su questa base 5 milioni di nuovi posti di lavoro di qualità. Ma qui siamo in Italia.

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