di Mariavittoria Orsolato

Grazie anche alla spintarella vaticana, in Italia si riapre il dibattito sull’inconciliabile binomio accoglienza-xenofobia. Se da un lato piovono critiche da tutti gli ambienti civili e democratici internazionali, dall’altro troviamo una maggioranza che, anche quando dichiaratamente razzista (vedi la Lega e tutto il sottobosco postfascista che fa capo a Forza Nuova), si batte il petto millantando la bontà di un sistema impeccabile che premia gli immigrati onesti e punisce gli immigrati disonesti. A garanzia delle affermazioni di questi signori starebbe la legge 189 del 30 luglio 2002, modifica al testo unico sulle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, nota ai più come legge Bossi-Fini. Per chi non lo ricordasse, questa legge va in sostanza a stringere i tempi di validità dei permessi di soggiorno e prevede l’immediata espulsione per chi non ha le carte in regola: se con la Turco-Napolitano un permesso scadeva ogni 4 anni, con la modifica targata Lega-An i tempi si sono accorciati da un minimo di 9 mesi per i lavoratori stagionali a un massimo di 2 anni per i lavoratori a tempo indeterminato, i ricongiungimenti familiari e i richiedenti asilo. Conoscendo la proverbiale lentezza della macchina burocratica italiana, Fabrizio Gatti de L’Espresso ha deciso di verificare un po’ di numeri e nell’inchiesta pubblicata sull’ultimo numero ha messo sotto gli occhi di tutti il fallimento della Bossi-Fini. Gatti ha infatti scoperto che il Poligrafico di Stato ha recentemente sancito lo stop alla stampa di tessere scadute a causa dell’inesorabile trascinarsi dei fascicoli dalle prefetture ai comuni. Le cifre del dipartimento immigrazione della Cgil dicono che del milione e seicentomila domande di rinnovo presentate, solo trecentomila sono state soddisfatte e, se la matematica non è un’opinione, in questo momento circa un milione e trecentomila persone si ritrovano nel limbo della clandestinità – con tutte le conseguenze del caso – pur non avendone colpa.

Ciò significa difficoltà nell’assunzione, nell’iscrizione dei figli alla scuola pubblica e anche nell’affitto o nella compravendita di una casa. La legge 189 prevede infatti che i permessi di soggiorno debbano essere in corso di validità qualora essi servano a garantire la regolarità della presenza – cosa che viene richiesta ogniqualvolta si debbano trattare dati personali – per cui, qualsiasi contratto o sottoscrizione risulterebbe impraticabile, per entrambe le parti, a causa della ben nota gravante di clandestinità e favoreggiamento della stessa inaugurate con il pacchetto sicurezza.

Come spiega esaurientemente Gatti, nel frattempo è possibile evitare il rimpatrio coatto presentando, quando richiesto, tre ricevute rilasciate dall’ufficio postale che corrispondono alla cedola d’invio della busta assicurata (euro 30), al tagliando di versamento al ministero (euro 27,50) e alla ricevuta fiscale (euro 14,62). Questi tre tagliandi sono però perfettamente reperibili da chiunque spedisca il kit del ministero al Centro servizi Csa, con il risultato che con quei tre scontrini anche un irregolare non avrà problemi di espulsione per almeno due anni, in barba alla tolleranza zero.

Il motore burocratico è perciò ingolfato e, sebbene le norme stabiliscano che i tempi di rilascio non debbano essere superiori ai 40 giorni, ormai i tempi di attesa per la convocazione in questura superano i due anni ed è probabile che le domande di rinnovo presentate nel 2008 risolvano il loro iter già scadute. A quanto afferma la Cgil si va avanti a ritmo di 22.000 permessi scaduti a settimana, non c’è da stupirsi: gli sportelli unici delle prefetture lavorano con lo stesso personale del 1990, quando gli immigrati erano 500.000.

Amadeus è un giovane di 23 anni, viene dall’Ecuador e da quattro anni studia e lavora a Bologna. Il suo è un permesso per ricongiungimento familiare della durata di due anni, scaduto otto mesi fa e in attesa di rinnovo : “Ho una convocazione in questura per gennaio ma li mi verranno solo fatte foto identificative e mi verranno prese le impronte, dopo sei mesi – quindi a giugno 2009, un anno e mezzo dopo la scadenza – avrò un colloquio in cui forse mi rilasceranno il permesso o forse mi diranno di ripassare. Il problema è quando provo a uscire dal Paese e a tornare in Ecuador”. Le ricevute rilasciate dal ministero non sono infatti riconosciute al di fuori dei nostri confini, e il libero transito di persone auspicato dall’Unione Europea diventa di fatto possibile solo per i pochi fortunati che hanno acquisito la cittadinanza. Clandestini per colpa dello Stato, titola L’Espresso. Niente di più azzeccato.

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