di Mariavittoria Orsolato

Sono ormai quattro mesi che la sedia vacante del presidente della Commissione di Vigilanza parlamentare Rai rimane vuota. Da quattro mesi il nome ci sarebbe, quello del parlamentare IdV Leoluca Orlando, ma i continui dinieghi della maggioranza stanno facendo slittare la nomina, intasando i lavori della commissione che dovrebbe vigilare sulla trasparenza e la correttezza di viale Mazzini. La questione non ha nulla di istituzionale ma, al contrario, ha una dimensione sfacciatamente politica: il Governo e la maggioranza tutta osteggiano apertamente il candidato proposto dall’opposizione, in nome di una non precisata par-condicio e disertano in modo sistematico le votazioni alle Camere, facendo decadere così il numero legale necessario alla validità del responso. Il celeberrimo ex sindaco della Palermo antimafia non sarebbe idoneo alla carica di presidente della commissione in quanto esponente del partito di Di Pietro, riconosciuto denigratore delle Istituzioni. Il povero Antonio se n’era uscito negli scorsi giorni definendo - in modo da molti ritenuto infelice - “papista” il Capo dello Stato, in riferimento alla morbidezza con cui stava affrontando la questione della paralisi sulle nomine del presidente di Commissione Rai e di giudice di Consulta, posto reso vacante un anno fa dal dimissionario Romano Vaccarella. La querèlle si riassume nelle parole dell’autorevolissimo capogruppo PdL al Senato, Maurizio Gasparri: “E di fronte a questo caos noi dovremmo scegliere come elemento di garanzia un esponente del partito di Di Pietro che anche ad avviso di Veltroni non rispetta le istituzioni? Ma di che cosa stiamo parlando? La gestione delle istituzioni democratiche è cosa troppo seria perché abbia a che fare con Di Pietro e le sue propaggini”. Tradotto significa che finché l’opposizione non sostituirà il nome di Orlando con quello di qualcuno estraneo all’Italia dei Valori, le votazioni andranno tutte a vuoto.

Una baruffa da scolaretti quindi, a cui il Presidente della Repubblica Napolitano ha cercato di mettere la parola fine, ammonendo pubblicamente entrambe le Camere e richiamandole all’inderogabilità del dovere costituzionale: “L'elezione del presidente della Commissione di Vigilanza Rai e quella del giudice della Corte costituzionale sono obblighi a cui il Parlamento non può ulteriormente sottrarsi, in quanto toccano la funzionalità di importanti istituti di garanzia - continua Napolitano. E’ indispensabile che su ogni, pur comprensibile, diversità di valutazioni politiche, prevalga la consapevolezza dell'inderogabile dovere costituzionale da adempiere”.

Il Pd resta fermo sulle sue posizioni e non ritira la candidatura di Orlando ma, al contrario stigmatizza il comportamento della maggioranza per bocca del commissario Rai Vincenzo Vita: “C'e' una consolidata prassi in base alla quale le opposizioni indicano i Presidenti delle Commissioni di garanzia. E' molto grave che la maggioranza di oggi venga meno a tale consuetudine”. S’ode invece a destra il nome di Marco Beltrandi, parlamentare radicale e già componente della commissione di vigilanza Rai, ma il diretto interessato si limita a ringraziare la mobilitazione del prossimo 7 ottobre organizzata dall’Usigrai e dai cdr Rai e a denunciare la gravità di una “vicenda che mette seriamente a repentaglio il futuro della Rai, del servizio pubblico radiotelevisivo e della libertà di informazione”.

Nel dibattito si inseriscono, sollecitati da Napolitano, anche i presidenti delle Camere Fini e Schifani. Il presidente di Montecitorio fa un appello formale alla maggioranza per sbloccare lo stallo di ben quattro mesi, ma fa anche intendere che la soluzione potrebbe trovarsi, anziché nel candidato unico, in una rosa di nomi. Anche da Palazzo Madama arrivano voci di smentita sulla possibile scelta di un unico candidato di maggioranza, Schifani interpellato sulla questione, ha assicurato che farà “le opportune pressioni ai gruppi sia di maggioranza che di opposizione, in modo da trovare uno sbocco”.

Nel fuoco di dichiarazioni emerge su tutte la voce del radicale Pannella che, interrotto lo sciopero della fame indetto per protestare contro lo stallo delle nomine, ha commentato le dichiarazioni del presidente del Senato spiegando che “quando in buona fede - il che è ancor più grave - il presidente Schifani risponde alla nostra sollecitazione dicendoci che il problema è politico e che lui farà le opportune pressioni perché si mettano d'accordo, non si rende conto di proporsi come sensale, come mediatore dell'ignobile mercato delle vacche, perché il Parlamento procederebbe a fare il suo dovere quando la spartizione si fosse perfezionata e consumata. E' un segnale allarmante”.

Nell’attesa che i presidenti delle Camere fissino un altro calendario di votazioni, l’assemblea degli azionisti Rai ha aggiornato per l’ennesima volta le riunioni. Deve nominare il nuovo consiglio di amministrazione ma non può formalmente farlo fino a quando la commissione parlamentare di vigilanza non indicherà i consiglieri di sua competenza. Un circolo vizioso che rischia di ripercuotersi sul già labile emisfero delle telecomunicazioni gestite dallo Stato. E’ bene che la politica tutta si ponga il problema, se non vuol rischiare di vedere la storica azienda di viale Mazzini affondare come la sorella Alitalia.

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