di mazzetta

Decine di migliaia di ricercatori precari non vedranno il rinnovo dei contratti, gli aspiranti insegnanti impegnati nelle SSIS sono stati messi alla porta senza tanti complimenti bruciando completamente il loro investimento formativo, gli altri precari addetti all'istruzione pubblica saranno licenziati per non correre il rischio di doverli assumere. Tagli alle risorse finanziarie, tagli alle ore d'insegnamento, talmente selvaggi e così poco meditati che ieri si è scoperto che non sono nemmeno previsti fondi per coprire l'aumento delle ore in carico ai nuovi “maestri unici”. “Bisogna risparmiare per pagare meglio gli insegnanti”, dice mentre annuncia la creazione di un sistema di valutazione esterno degli insegnanti affidato a privati, forse amici, sicuramente esosi. Va in onda, a reti unificate, lo smantellamento della formazione basata sui principi costituzionali di universalità nell’accesso. Le riforme promosse recentemente dal ministro Gelmini non sono farina del suo sacco, ma del ministro Tremonti, ora travestito da Robin Hood. Un particolare che si evince facilmente dall'analisi della presunta riforma, pura macelleria sociale. Non un solo capitolo è dedicato alla didattica, all'aggiornamento dei professori o al potenziamento delle strutture. Tagli su tutto, per ultimi quelli annunciati ieri sui libri di testo delle elementari, ora a carico dello Stato e prossimamente a pagamento, nelle intenzioni del ministro. Un attacco mai visto all'istruzione pubblica che non si ferma alla scuola primaria.

Un'incredibile ipocrisia, sostenuta dalla macchina mediatica al servizio del Presidente del Consiglio, racconta di tagli mirati al fine di reindirizzare le risorse in maniera più efficiente. Nulla di più falso, i tagli selvaggi sono qui ed ora, gli aumenti ipotizzati per il personale scolastico scatteranno (forse) verso la fine del mandato di Berlusconi, più probabilmente oltre. La demolizione dell'offerta didattica è spaventosa e totalizzante, ma in cambio Gelmini offre solo elemosine future o ridicoli contentini, come la manciata di lavagne elettroniche offerte con grande clamore alla presenza di Berlusconi al grido di: "Oggi diamo il via alla scuola digitale in Italia". Un'altra presa per i fondelli come le famose tre “I” offerte nello spettacolo precedente.

L'introduzione del maestro unico grida vendetta; prima ancora che nel merito, per la prepotenza e l'ottusità con le quali si sta provando ad imporla a docenti e studenti. Prepotenza tipicamente necessaria a nascondere la mancanza di razionalità e di senso nei provvedimenti adottati, ottusità evidente del ministro Gelmini nel ripetere a pappagallo un copione evidentemente scritto da altri. Ottusità che emerge evidentemente da provvedimenti contraddittori e incoerenti, come i due decreti sui libri di testo, con il primo ad imporre che vi siano tutte nuove edizioni, con almeno una parte on-line, mentre il secondo prescrive che non si possano fare nuove edizioni per cinque anni.

L'abilità nello scrivere leggi decenti non è mai stata una freccia all'arco dei berlusconiani, spesso impallinati dai controlli di legittimità costituzionale e coerenza contabile, ma l'oscena moltiplicazione di decreti che vanno a colpire l'istruzione non ha precedenti per violenza e assenza di razionalità. L'unico faro sembra la riduzione delle spese in qualsiasi maniera legate all'istruzione. Una tendenza tipicamente berlusconiana, volta alla formazione di una platea di acritici spettatori del grande spettacolo piuttosto che di cittadini consapevoli e informati.

La mannaia di Tremonti colpisce i deboli, non certo banche e petrolieri come vorrebbe far credere. Una vera e propria guerra all'intelligenza in nome di risparmi modesti già destinati ad essere vaporizzati nelle capaci tasche di clientes. Non fosse così questo governo sarebbe già intervenuto con decisione attaccando ben altri buchi neri nel bilancio dello Stato. Contrariamente, invece, il governo è accorso a versare un obolo di centoquaranta milioni di euro (peraltro insufficienti) per coprire una parte del buco che ha trascinato al fallimento la città di Catania e nulla sembra intenzionato a fare per riportare alla ragione contabile il più grosso buco nero rappresentato dall'intera Sicilia, fedele al caro leader. Ipocrisie evidenti, come quella del medico personale di Berlusconi, Scapagnini, che dopo aver governato per due mandati Catania scialando (e guadagnandosi per questo il soprannome di “Sciampagnini”) oggi denuncia che “si sono mangiati tutto” senza neppure sentire il bisogno di indicare un solo colpevole. L'omertà del complice.

Mangeranno ancora, anche i quattro spiccioli che Tremonti sta estorcendo alla scuola. Strano davvero Tremonti, dopo la ridicola e finta conversione a no-global continua a perseguire politiche neo-liberiste, rastrellando risorse da girare agli amici di Confindustria, mai così all’unisono con un governo. Nel paese senza memoria però molti ricordano che fu cacciato a furor di popolo in favore di Siniscalco. Molti ricordano anche che fu l'uomo dei condoni, l'uomo della finanza creativa, quello che nel 2003 nel DPEF proponeva di "finanziare i consumi, convertendo in reddito una parte della ricchezza accumulata dalle famiglie attraverso la casa", attraverso "linee di credito al consumo direttamente garantite dal mutuo ipotecario”. L'operazione "consiste nel generare flussi di cassa, rifinanziando mutui preesistenti". Un'opportunità fornita, da un lato, dalla "crescita dei prezzi delle case che aumenta il valore ipotecabile" e, dall'altro, dai "minori tassi d’interesse che riducono la rata del mutuo".

Tutti oggi sono in grado di rendersi conto che, chi avesse seguito i consigli di Robin Hood oggi sarebbe sul lastrico, così come chiunque è in grado di rendersi conto che le spese per istruzione e ricerca sono investimenti molto più remunerativi del buttare soldi in Alitalia; per far guadagnare gli amichetti di CAI; o di altre operazioni puramente spettacolare messe in cantiere dai nuovi barbari.

Per sostenere il grande sacco il governo non si fa problemi nel criminalizzare la protesta e mentre si invocano i carabinieri a sgombrare le scuole elementari, si grida alla strumentalizzazione dei piccoli, Gelmini lancia il più classico dei “me ne frego” appena ammorbidito in un “li lascio fare”. Come se dipendesse da lei, povera yes-woman. Maria Stella Gelmini è una semplice figura, utile per spettacoli dal grande impresario, offerta in pasto all'opinione pubblica mentre voraci pupari si impadroniscono delle risorse pubbliche. Questo sembrano averlo capito in molti, anche se non sarà certo questo a far guadagnare al ministro la simpatia di chi ha visto cancellare il proprio posto di lavoro e l'istruzione dei propri figli in nome di quattro balle male assortite.

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