Non potendo più protestare per i prigionieri “politici”, il mainstream della destra, in condivisione con quello della finta sinistra, ha scelto il nuovo terreno di scontro con il Nicaragua Sandinista: la presunta ingiustizia nel privare della nazionalità i terroristi spediti negli USA in accordo con Washington.

Cosa dovrebbe fare il Nicaragua non è chiaro. Se si difende dal colpo di Stato violento è repressiva. Se li arresta ha prigionieri politici. Se li espelle e li priva della nazionalità viola i loro diritti. Sarà che l’unico gesto possibile sarebbe quello di consegnargli le chiavi del paese?

Si può condividere o meno il dispositivo della sentenza che priva della nazionalità nicaraguense, ma senza inserire la decisione nel contesto politico e giuridico nel quale è maturata si fa solo inutile accademia. La verità dei fatti non ammette interpretazioni: non sono dei perseguitati ai quali vengono tolti diritti, sono terroristi che hanno usufruito di un generoso indulto. Sono stati protagonisti attivi di una provata e documentata cospirazione internazionale ordita dagli USA e con ramificazioni in Europa e America latina, finalizzata ad un cambio politico violento dell’organizzazione politica ed istituzionale del Nicaragua. In altre parole, un colpo di Stato.

 

Ben prima della decisione della Corte, a definire la rottura di ogni legame di appartenenza con il Nicaragua è stato l’aver istigato, ispirato, diretto e coordinato un operativo di terrore durato due mesi e costato quasi 300 morti, 1800 milioni di Dollari di danni all’economia e lo spargimento di odio nichilista sul Paese che viveva in pace e in una solida crescita economica. Sarà stata una eccentrica dimostrazione di amore verso la loro nazione?

Non è sembrato che tenessero così tanto all’identità nazionale, dato che non è passato giorno, dall’Aprile del 2018, senza che invocassero una potenza straniera affinché occupasse il Nicaragua. O si deve dedurre che la richiesta di invaderlo o almeno distruggerlo economicamente sarebbe il segno di quanta importanza riveste esserne cittadini? E quello di istigare alla guerra civile e auspicare anche 3 milioni di morti pur di abbattere il governo non è sembrato un esempio di cittadinanza emerita.

Hanno coordinato la parallela campagna di disinformazione e calunnie contro il Paese, stravolgendo i fatti e il loro ruolo personale. Quindi la saldatura con la estrema destra statunitense, nello schieramento politico USA e nelle organizzazioni terroristico-mafiose della Florida, con cui invocano a giorni alterni una invasione militare USA in Nicaragua o, in subordine, sanzioni economiche e giuridiche ed ogni possibile azione sul piano internazionale destinata a danneggiare in profondità l’economia e la pace del Paese.

Le foto di abbracci e riunioni con i peggiori nemici del Nicaragua e i sostenitori parlamentari del terrorismo anticubano portano in chiaro quello che risultava opaco per chi non voleva vedere: ovvero l’appartenenza di questi soggetti all’organizzazione continentale che in Nicaragua come in Venezuela, a Cuba come in Bolivia ed Ecuador, ha avuto nel golpismo il modus operandi di una destra eversiva. I golpisti nicaraguensi appartengono ad una destra fascista e criminale che o vince le elezioni o, se le perde, tenta di invertire con la violenza l’esito in ogni paese che gli USA considerino non allineato, cioè non disponibile a regalare a Washington sovranità, indipendenza, risorse strategiche ed economia. Il piano ha però un difetto: funziona solo dove le rispettive nazioni non dispongono della forza interna necessaria a contrastarli prima e a schiacciarli poi. E il Nicaragua, come il Venezuela prima e Cuba poi, in questo hanno fatto scuola.

In realtà, quello che preoccupa i fuggitivi non è tanto la nazionalità nicaraguense, quanto le diverse proprietà di cui dispongono, visto che alcuni di essi sono latifondisti. Ma chiedere sanzioni e sequestri dei beni verso gli altri, può comportare che lo stesso accada anche per i tuoi. Se chiedi di sequestrare i beni alle famiglie dei dirigenti sandinisti, ti puoi aspettare che i sandinisti sequestreranno i tuoi. O si prevede solo il one way per le sanzioni? C’è un ente sovrannaturale che emette sanzioni e il resto dell’umanità che può solo accettarle e sottomettersi alle stesse?

 

I moschettieri dell’impero

Alcuni paesi del Cono Sud, tra i quali spiccano Cile, Colombia e Argentina, si sono detti disponibili ad assegnare la loro cittadinanza ai golpisti. Generosità pelosa, perché l’offerta è valida solo per gli intellettuali, gli altri si arrangino. In questa solidarietà pelosa c’è una manipolazione grossolana del Diritto, che accusa la repressione del crimine e non il crimine stesso. Con una torsione tutta politicista del Diritto, se un criminale agisce contro un governo avversario degli USA, si trasforma in prigioniero politico.

Che la Spagna si offra per accoglierli è normale: dall’epoca di Aznar Madrid è divenuta la succursale europea di Miami, la sede organizzativa e politica delle controrivoluzioni latinoamericane. Che Colombia, Argentina e Cile possano solidarizzare con i golpisti e aggredire Managua, è davvero una dimostrazione di devozione all’impero. Infatti è la stessa Spagna che spara addosso alle barche di migranti, ma che nel caso del Nicaragua si trasforma in stato caritatevole.

Che Petro, Fernandez o Boric, indichino al Nicaragua cosa siano i diritti umani è puro humor nero latinoamericano. Certo non possono insegnargli cosa sia la clemenza, visto che Daniel Ortega ha comminato amnistie, mentre nelle loro carceri marciscono da anni prigionieri politici vittime della vera destra e della falsa sinistra. Tanto meno gli possono insegnare dignità e indipendenza, visto che, solo per fare un esempio, la Colombia ospita sette basi militari statunitensi a ricordarle quale e quanta sia la sua sovranità. Quanto a Fernandez, i sondaggi dicono che è riuscito a far pentire il 70% di chi lo ha votato, avendo consegnato prima l’economia al FMI e poi la giustizia alle procure statunitensi per la loro guerra al Venezuela. Boric non va nemmeno preso in considerazione, più che ispirarsi a Salvador Allende emula Lenin Moreno.

Ma c’è una domanda che appare inevitabile porre: come mai le posizioni dei moschettieri latini della Casa Bianca riguardano sempre il Nicaragua, a volte accompagnata anche dal Venezuela e da Cuba? Perché non si ascoltano le loro voci per ciò che accade in altri paesi, sia centro che sudamericani, sebbene nell’intero continente (compresa casa loro) vi siano orrori giuridici nell’applicazione della giustizia e violazioni flagranti dei diritti umani? Come mai la lingua si muove solo per alcuni e non per altri?

Perché i tre presidenti dipendono integralmente dalle decisioni di Washington. Sono gli USA, infatti, che gli esigono condanne e accuse verso il Nicaragua, Cuba e il Venezuela in cambio della loro sopravvivenza politica. Gli Stati Uniti offrono la possibilità di recitare discorsi retorici dalle tribune internazionali, purché non si traducano in politiche effettive. Anzi, lasciarli parlare offre un finto scenario democratico dove apparentemente si confrontano posizioni diverse. Cile, Colombia e Argentina sono paesi che non hanno particolare importanza sullo scenario globale ma ne hanno invece su quello continentale ed è appunto lì che gli USA gli impongono posizioni politiche e adesioni alle campagne contro i paesi socialisti latinoamericani. E’ in America latina che gli USA hanno bisogno di loro, non altrove.

Del resto, il segno della continuità sostanziale di questo progressismo incolore con la destra che li ha preceduti, trova proprio nella politica estera la sua evidenza. Pinera e Duque diedero il loro sostegno alle guarimbas in Venezuela e al tentativo di golpe del 2018 in Nicaragua e oggi Fernandez e Boric appoggiano i golpisti nicaraguensi e accusano Managua e Caracas. Non c’è rottura di continuità: cambiano le facce, non le politiche. Anzi questi nuovi progressisti al caviale esibiscono più furore di quanto non facciano gli stessi USA pur di apparire allineati: sostenere i colpi di stato altrove gli appare come unica garanzia per non subirne uno in casa.

Il loro collaborazionismo con l’impero stupisce solo chi, scarso in conoscenze, aveva collocato a sinistra la loro identità politica, mentre erano e sono semplicemente avversari dell’estrema destra. Si è voluto confondere artificiosamente l’adesione ad un generico quanto innocuo campo progressista con le idealità della sinistra.

Siamo invece di fronte ad un progressismo che è avversario della destra ma soprattutto nemico della sinistra, perché ritiene che il livello possibile del differendo con Washington non possa mettere in discussione modelli politici, alleanze militari e collocazione di campo internazionale a loro destinata. Ritengono la compatibilità tra Nord e Sud America basata sull’egemonia del primo sul secondo.

Di fronte a presidenti che devono battere il tamburo per coprire il silenzio assordante della loro insipienza, Managua ha un’idea chiara di cosa significhi trasformare per cambiare e di come questo crei lo scontro con la destra, quale che sia il nome che assume. Ognuno seguirà il suo destino, ma la sinistra che piace alla destra è il prologo di un romanzo fantasy senza il lieto fine.

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