di Carlo Benedetti

Bush non molla, con il suo processo a tappe. Ed ora piazza altre basi sul fronte dell’Est, favorito da governi compiacenti come quelli di Varsavia e di Praga che gli facilitano quel percorso di guerra che è pur sempre particolarmente accidentato. La notizia è delle ultime ore e riguarda la dislocazione, da parte del Pentagono, di impianti radar e di sistemi missilistici in regioni della Polonia e della repubblica Ceca. Attrezzature e basi che vanno ad aggiungersi alle stazioni “Echelon” di Vilnius in Lituania, di Tallin in Estonia e di Ventspils in Lettonia gestite e coordinate dal Comando generale statunitense della NSA (National Security Agency) di Fort Meade (nel Maryland) ed organizzate in cooperazione con i servizi segreti britannici del GCHQ (Government Communications Head Quarters), con i canadesi del CSE (Communications Security Establishment), con gli australiani del DSD (Defence Signals Directorate) e con i neo-zelandesi del GCSB (Government Communications Security Bureau). Ancora una volta, quindi, vince l’arroganza americana e l’Europa - sotto ricatto e pressione - si trova a perdere un’altra quota di sovranità. Intanto la Casa Bianca reagisce alle proteste popolari sostenendo che le “basi” non sono rivolte contro l’Est, bensì contro l’Iran e la Corea del Nord. Si è all’assurdo. Perchè il cuore dell’Europa viene ancora una volta considerato come una base dalla quale far partire nuove ed eventuali aggressioni contro paesi con i quali, tra l’altro, il continente ha normali relazioni diplomatiche ed economiche. Oltre a questa palese violazione della sovranità, le decisioni statunitensi si scontrano con la volontà di larghissima parte di quelle popolazioni dove ora andranno a dislocarsi i militari americani. Nella Repubblica Ceca, in particolare, il 61% della popolazione aveva espresso un parere ben preciso: tutto dovrà essere deciso sulla base di un referendum nazionale. Quindi, nessuna giurisdizione americana sul territorio di paesi che, tra l’altro, abbandonando l’alleanza militare di quel “Patto di Varsavia” che li legava a Mosca, avevano bene espresso la loro volontà di restare liberi da qualsiasi vincolo e schieramento.

E’ accaduto ed accade tutto il contrario. Preoccupazioni, quindi, sia a Praga che a Varsavia. Ma anche nel lontano Est - in Russia - si manifestano serie preoccupazioni per le nuove basi americane. Perché, a quanto risulta, si tratta di installazioni che facilmente possono essere riattrezzate per missili balistici in grado di raggiungere ogni obiettivo all’interno della Russia. E’ in atto, quindi, non solo una continua marcia di avvicinamento a Mosca, ma anche e soprattutto una ristrutturazione del centroeuropa. Area dove gli americani hanno già i loro punti di forza in Germania, in Italia (dove la loro potenza si rafforza grazie alle nuove concessioni arrivate da Roma), in Bulgaria (Camp Sarafovo, Burgas), in Romania ed ora sbarcano in forze in Polonia e nella repubblica Ceca.

Si è in presenza - questa l’opinione dei maggiori commentatori europei - ad una escalation che, praticamente, rivoluziona la struttura del continente. Perchè si creano nuove barriere e nuove cortine. In primo luogo nelle aree del Baltico e poi nell’Europa centrale con Slovenia, Bulgaria, Romania che hanno sigillato la frontiera occidentale del Mar Nero. Facendo così affermare il controllo della Nato dalla Georgia al delta del Danubio. E l’Alleanza, di conseguenza, si è assicurata una nuova forma di sudditanza, la cosiddetta Usa Adriatic Charter. Una struttura che va considerata come una sorta di coalizione dal momento che riunisce anche Croazia, Albania e Macedonia, paesi tutti che svolgono insieme agli Usa esercitazioni aeronavali sulle coste adriatiche. In pratica c’è ora una forza tattica integrata che può proiettarsi fino al Mar Nero, affiancando la gemella Black Sea Force che comprende Romania, Bulgaria, Turchia e Georgia.

C’è poi - in questa ristrutturazione geomilitare - un altro aspetto che non va sottovalutato. Riguarda il ruolo che ha la Polonia nell’intera politica della Casa Bianca. Perchè quando gli Usa rivolgono le loro attenzioni a Varsavia vuol sempre dire che hanno bisogno non solo e non tanto di un appoggio “militare”, quanto di un sostegno per la loro politica interna. Non va dimenticato che gli americani originari della Polonia occupano una posizione autorevole nell’élite politica statunitense. Dispongono di risorse essenziali in quanto i «blocchi etnici» elettorali (quello polacco, in prevalenza...) sono in grado di influenzare in modo evidente l’esito delle elezioni. Non solo, ma Washington considera sempre Varsavia come un amico prezioso per contenere l’influenza russa in Europa orientale e per stroncare le velleità neogolliste in seno all’Unione Europea. Lo Stato polacco può così essere considerato, di conseguenza, come il nucleo dell’Euramerica. E, comunque, un vero anello nell’Europa centrale trovandosi in una posizione strategica che ha delle conseguenze lungo ogni direttrice geopolitica.

Varsavia - nei confronti di paesi come la Russia, la Bielorussia e l’Ucraina - si trova ora a dover svolgere il compito assegnato da Washington: quello di modello e di propulsore della riforma economica e politica. E si può parlare di “Patto di Varsavia” in versione americana, come nucleo di una alleanza - rispettosa del volere di Bush - che va dall’Estonia fino alla Slovenia.




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