di Michele Paris

Colpito da una serie di scandali sessuali, uno dei principali candidati alla Casa Bianca per il Partito Repubblicano, Herman Cain, qualche giorno fa ha deciso di dare l’addio ufficiale alla corsa per la nomination. L’annuncio della sospensione della campagna elettorale è avvenuto di fronte a suoi sostenitori ad Atlanta, dove il 65enne imprenditore di colore, apparso a fianco della moglie Gloria, pur non ammettendo alcuna responsabilità, ha citato le “continue distrazioni e il continuo dolore causato alla sua famiglia” dalle vicende di queste ultime settimane.

I grattacapi per Herman Cain erano iniziati ai primi di novembre, quando una donna di Chicago - Sharon Bialek - era uscita allo scoperto, denunciandolo per averla molestata durante un incontro avvenuto quattordici anni prima. Secondo la ricostruzione dei fatti della donna, al termine di una serata trascorsa a Washington con Cain - all’epoca presidente dell’Associazione Nazionale Ristoratori - quest’ultimo avrebbe tentato un approccio nei suoi confronti, proponendole una relazione sessuale in cambio del suo aiuto nella ricerca di un impiego.

Qualche giorno dopo, una seconda donna - Karen Kraushaar, attualmente alle dipendenze del Dipartimento del Tesoro - aveva poi affermato pubblicamente di essere stata indotta a lasciare il proprio posto di lavoro presso la stessa Associazione Nazionale Ristoratori nel 1999 a causa della difficile situazione in cui si era venuta a trovare in seguito alle ripetute avance di Cain.

Autodefinitosi cristiano devoto e “family man” modello, Cain ha dovuto inoltre incassare le accuse di molestie sessuali da parte di altre due donne, le quali hanno tuttavia deciso di rimanere nell’anonimato. Karen Kraushaar e una delle due accusatrici di Cain che non hanno voluto rivelare la propria identità erano state risarcite con una somma pari ad un anno di salario dall’Associazione Nazionale Ristoratori per rimediare alle conseguenze del comportamento dell’allora presidente.

Da parte sua, Herman Cain ha sempre smentito qualsiasi comportamento inopportuno, definendo gli scandali come una cospirazione ordita nei suoi confronti e la cui responsabilità ha attribuito di volta in volta ai media, al Partito Democratico e al governatore del Texas Rick Perry, anch’egli in corsa per la nomination repubblicana. Alla fine, l’entourage di Cain ha dovuto ammettere l’infondatezza della tesi del complotto, suggellando una gestione a dir poco confusionaria della bufera che si è abbattuta sulla sua campagna elettorale.

Già fiaccato da questi scandali, Cain ha subito infine il colpo di grazia settimana scorsa, quando una quinta donna ha fatto una nuova rivelazione pubblica. Intervistata da una TV locale di Atlanta, Ginger White - già colpita da un’ingiunzione restrittiva per stalking nei confronti di un suo ex partner d’affari - ha rivelato di avere avuto una relazione extra-coniugale con Herman Cain durata 13 anni e troncata solo otto mesi fa.

A testimonianza dei fatti, la donna ha portato le tracce di numerose telefonate e scambi di SMS con il candidato repubblicano, il quale l’avrebbe anche voluta spesso al suo fianco durante alcune trasferte in varie località americane dove erano in programma eventi organizzati dall’Associazione Nazionale Ristoratori. Di fronte alle prove della relazione, Cain non ha potuto non ammettere di aver conosciuto Ginger White, alla quale avrebbe dato inoltre un aiuto economico. A suo dire, però, il rapporto che legava i due era di pura amicizia, anche se la moglie ne era all’oscuro.

Mentre le precedenti rivelazioni di molestie sessuali avevano ricevuto una reazione agguerrita da parte di Cain e del suo staff, quest’ultima vicenda è sembrata da subito potenzialmente fatale per la sua carriera politica. I responsabili della sua campagna elettorale avevano infatti annunciato che Cain avrebbe valutato con attenzione le opzioni a sua disposizione per l’immediato futuro, facendo presagire un addio alla corsa alla Casa Bianca, come è avvenuto puntualmente nella giornata di sabato.

A spingere Cain verso questa decisione hanno contribuito con ogni probabilità anche i più recenti sondaggi che davano la sua popolarità in caduta libera. L’indagine più recente è stata quella condotta qualche giorno fa dal Des Moines Register, un giornale dell’Iowa da dove il 3 gennaio prossimo prenderà il via la stagione delle primarie con i consueti caucuses.

Secondo il sondaggio, i consensi per Cain in questo stato sono crollati rispetto a poco più di un mese fa, passando dal 23 all’8 per cento. A beneficiare maggiormente di questa emorragia di consensi sarebbe l’ex speaker della Camera, Newt Gingrich (25 per cento), attuale favorito in Iowa davanti al deputato del Texas, Ron Paul (18 per cento), e a Mitt Romney (16 per cento).

L’ingresso di Herman Cain nella competizione per la nomination repubblicana era avvenuto in tono minore, come si conveniva a un outsider pressoché sconosciuto alla maggior parte degli americani. Nato da una famiglia della working-class nel sud degli Stati Uniti, Cain ha fatto fortuna dirigendo una catena di pizzerie (Godfather’s Pizza) per poi ricoprire la carica di vice-presidente della Federal Reserve di Kansas City. I toni populisti e un certo appeal anti-establishment in un momento di profonda sfiducia verso la politica di Washington gli avevano consentito di collocarsi in una posizione sempre più favorevole alla vigilia delle primarie repubblicane.

La rapida ascesa di Cain era stata segnata da una serie di prestazioni convincenti nei dibattiti repubblicani degli ultimi mesi e da un programma elettorale basato sul cosiddetto “piano 9-9-9”, un progetto di riforma fiscale ad aliquota unica (pari al 9 per cento, appunto) che avrebbe dovuto sostituire l’attuale sistema di tassazione americano con un’imposizione del 9 per cento sulle aziende, sui redditi personali e sui consumi.

Soprattutto il relativo successo di quest’ultima trovata propagandistica - che avrebbe finito col far pagare più tasse ai redditi più bassi - gli aveva permesso di vincere a sorpresa un voto informale (straw poll) tra i sostenitori repubblicani in Florida a settembre e di collocarsi addirittura al primo posto, assieme al “front-runner” Mitt Romney, in un sondaggio condotto a fine ottobre  sul gradimento nazionale dei candidati alla nomination.

Nel corso di svariate interviste erano emersi però anche i clamorosi limiti di preparazione di Herman Cain, in particolare sulle questioni di politica estera. Una gaffe su tutte aveva sollevato parecchi dubbi circa le sue competenze. Nel corso di una recente intervista con il Milwaukee Journal Sentinel, gli fu chiesto un giudizio sulla gestione di Obama della crisi libica. Colto di sorpresa, Cain aveva stentato per alcuni minuti ad articolare una frase sensata, senza riuscire a dare una risposta alla domanda dei giornalisti.

Se i suoi sostenitori hanno reagito all’annuncio del ritiro dalla corsa alla nomination con sdegno, accusando il sistema di aver fatto fuori un candidato critico del modo di fare politica a Washington, decisamente sollevati sono apparsi al contrario i vertici del Partito Repubblicano, che hanno visto naufragare la campagna di un aspirante alla Casa Bianca considerato troppo debole per sostenere un confronto con Barack Obama.

Con Herman Cain fuori dalla competizione, i sei rimanenti candidati repubblicani cercheranno ora di contendersi i suoi sostenitori e finanziatori per il prosieguo della campagna elettorale. La notizia del ritiro di Cain è stata indubbiamente accolta con soddisfazione soprattutto nel quartier generale di Newt Gingrich, le cui quotazioni sono in netta ascesa nelle ultime settimane. Proprio l’ex speaker della Camera negli anni Novanta è stato infatti il candidato alla nomination che ha espresso maggiore apprezzamento per il businessman di colore, dal quale secondo i media americani si appresterebbe ora a ricevere l’appoggio ufficiale (endorsement).

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