di Michele Paris

Mentre in sei paesi europei la crisi del debito ha causato la caduta di altrettanti governi dall’inizio dell’anno, in Belgio le pressioni dei mercati sono invece riuscite a dare la spinta decisiva a risolvere una interminabile impasse politica e a dar vita ad un nuovo gabinetto di coalizione. Tra molte difficoltà, sei partiti fiamminghi e valloni hanno così superato le profonde spaccature che attraversano il panorama politico belga, permettendo con ogni probabilità al leader socialista francofono di origine italiana, Elio Di Rupo, di ottenere l’incarico di primo ministro.

Dopo le elezioni del giugno 2010, in Belgio sono seguiti quasi 18 mesi durante i quali sono andati in scena 80 round di negoziati per provare a raggiungere un accordo sulla nascita del nuovo governo. Le divergenze emerse tra le varie forze politiche s’intrecciano con le divisioni tra le due comunità linguistiche del paese che, dopo un periodo record di 535 giorni, sono state messe provvisoriamente da parte per la necessità di approvare al più presto il bilancio del prossimo anno.

Il Belgio, come è noto, è diviso tra la comunità fiamminga settentrionale, dove risiede circa il 60 per cento della popolazione e sono concentrate le attività economiche più prospere del paese, e quella vallone-francofona a sud. A sbloccare la situazione politica, oltre alle manovre di alcuni partiti negli ultimi mesi, è stato il rischio sempre più concreto di veder precipitare il Belgio nel vortice della crisi del debito che sta attraversando l’Europa.

Il 25 novembre scorso, infatti, Standard & Poor’s aveva abbassato il rating del paese da AA+ ad AA, mentre in precedenza Moody’s aveva sottoposto a revisione il suo giudizio della solvibilità belga. A ciò va aggiunta anche la situazione sempre più precaria del sistema bancario belga e l’impennata fatta segnare negli ultimi giorni dai tassi d’interesse sui bond decennali, saliti al 5,91 per cento settimana scorsa, vale a dire al livello più elevato da 11 anni a questa parte.

Nella tarda serata di mercoledì scorso, i partiti coinvolti nelle trattative hanno annunciato il raggiungimento di un accordo. Il giorno successivo si sono recati dal sovrano, Alberto II, e, salvo sorprese, oggi Elio Di Rupo verrà insediato come nuovo primo ministro, succedendo al democristiano Yves Leterme, giusto in tempo per partecipare all’imminente vertice dei leader dell’Unione Europea.

Il 60enne Elio Di Rupo, figlio di emigrati abruzzesi, sarà il primo capo di governo socialista in Belgio dal 1974 (Edmond Leburton). Il suo governo sarà chiamato da subito a implementare una serie di misure di austerity, già richieste dai mercati e dalle autorità europee, che comprendono modifiche al sistema pensionistico, aumento del carico fiscale e tagli al settore pubblico. L’obiettivo imposto al nascente governo belga è quello di ridurre il deficit di bilancio al 2,8 per cento del PIL entro il prossimo anno, con tagli alla spesa pubblica per oltre 11 miliardi di euro.

Fuori da una variegata coalizione (che comprende, tra gli altri, i socialisti fiamminghi e i Cristiano Democratici), è significativamente rimasta proprio la formazione politica che ha raccolto il maggior numero di voti nelle scorse elezioni, il partito della destra separatista fiamminga N-VA (Nuova Alleanza Fiamminga), guidato da Bart De Wever.

Oltre alle difficoltà che deriveranno dalla necessità di far digerire misure impopolari ad una popolazione già abbastanza sfiduciata dalla politica belga, il nuovo esecutivo, guidato da un premier che ha poca confidenza con la lingua fiamminga, dovrà dunque far fronte anche al sentimento anti-francofono diffuso tra le élite della maggioranza fiamminga della popolazione, da dove già in questi giorni sono arrivate le prime dure critiche alla coalizione di governo.

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