di Michele Paris

Con un’ampia maggioranza, il Congresso americano mercoledì ha finalmente dato il via libera definitivo a tre trattati di libero scambio le cui sorti erano in stallo da anni dopo essere stati negoziati da George W. Bush. I nuovi accordi siglati con Colombia, Corea del Sud e Panama rappresentano una limitata vittoria per il presidente Obama, anche se i propagandati effetti benefici sull’economia americana saranno tutti da verificare.

La Camera dei Rappresentanti e il Senato sono tornati a licenziare una legislazione riguardante l’abbattimento o la drastica riduzione di tariffe doganali per la prima volta dopo quattro anni, da quando cioè, nel 2007, venne ratificato un trattato bilaterale con il Perù. Nelle rispettive votazioni al Congresso i tre trattati hanno raccolto l’approvazione di gran parte dei parlamentari repubblicani, mentre non pochi democratici hanno espresso parere negativo, tra cui il leader di maggioranza al Senato, Harry Reid.

Il trattato di libero scambio più controverso era quello con la Colombia, osteggiato da molti - soprattutto nel Partito Democratico e tra le organizzazioni sindacali - per il trattamento riservato ai sindacati nel paese sudamericano. La Colombia ha infatti il più elevato tasso di assassini di sindacalisti del pianeta. Questo trattato è stato così quello che ha trovato la maggiore opposizione in entrambe le camere. Quelli approvati con la maggioranza più ampia sono stati invece Panama alla Camera e Corea del Sud al Senato.

Contestualmente, la Camera ha anche acconsentito al passaggio di una serie di benefit per quei lavoratori americani che perderanno il loro impiego a causa dell’aumentata competizione risultante dai trattati. Questa iniziativa era stata richiesta espressamente dai sindacati USA e da molti democratici ed aveva già in precedenza ottenuto il consenso del Senato.

L’approvazione dei tre trattati di libero scambio era sollecitata da tempo da gran parte delle corporation statunitensi e, significativamente, il voto decisivo è giunto solo pochi giorni dopo la bocciatura da parte del Senato del modesto pacchetto di misure proposte da Obama per combattere la disoccupazione negli Stati Uniti.

Per la Casa Bianca, i nuovi trattati di libero scambio avranno conseguenze positive sull’economia, a cominciare da una riduzione dei prezzi dei beni di consumo per gli americani - in seguito all’arrivo sul mercato USA di prodotti più economici provenienti da Colombia, Corea del Sud e Panama - e da un incremento delle esportazioni verso questi stessi paesi, i quali ridurranno o cancelleranno del tutto i dazi attualmente applicati alle merci statunitensi.

A ben vedere, tuttavia, il primo presunto beneficio potrebbe causare la perdita di numerosi posti di lavoro negli Stati Uniti a causa della concorrenza delle aziende di questi tre paesi, mentre nel secondo caso l’accesso ai mercati colombiano, sudcoreano o panamense per le merci americane comporterà verosimilmente una compressione dei salari, dal momento che le compagnie esportatrici dovranno comunque ridurre i loro costi operativi per essere competitive.

Secondo alcuni esperti, a trarre maggiore profitto dal flusso commerciale liberalizzato sarà il settore agricolo americano - più competitivo perché fortemente sovvenzionato dal governo - mentre cattive notizie si annunciano nuovamente per quello manifatturiero, che sarà costretto ancora una volta a fare i conti con licenziamenti e riduzioni degli stipendi.

Anche senza considerare le ripercussioni sui lavoratori americani, le pretese di Obama appaiono quanto meno dubbie. A pensarlo è anche un’agenzia federale che già nel 2007 aveva studiato gli effetti dei tre trattati, stimandoli di minimo impatto sull’economia e sui livelli di disoccupazione, poiché Colombia, Corea del Sud e Panama rappresentano una quota di mercato trascurabile per le merci e i servizi statunitensi.

Per questo motivo, al di là della retorica, i trattati di libero scambio sembrano avere un significato soprattutto strategico, in particolare quello stipulato con la Corea del Sud, fondamentale alleato di Washington in Estremo Oriente in funzione anti-cinese. L’accordo commerciale con Seoul avrà con ogni probabilità il maggiore impatto, visto che l’economia della Corea del Sud è di gran lunga la più grande dei tre paesi e la 14esima del pianeta.

I negoziati tra il presidente Obama e quello sudcoreano, Lee Myung-bak, giunto proprio mercoledì a Washington per una visita ufficiale, erano ripresi nel dicembre dello scorso anno, in seguito ai quali era stata concordata la versione definitiva del trattato di libero scambio. Le trattative erano andate in scena in un clima di forti tensioni con la Corea del Nord e gli Stati Uniti avevano esercitato enormi pressioni per ottenere condizioni più favorevoli sul fronte dell’apertura del mercato coreano, in particolare nei settori agricolo e automobilistico.

Se gli USA vantano una partnership strategica molto stretta con Seoul, lo stesso non si può dire per quanto riguarda i rapporti commerciale, almeno rispetto agli altri concorrenti su scala planetaria. Washington negli ultimi anni ha infatti ceduto terreno sia all’Unione Europea - che ha siglato da tempo un trattato di libero scambio con Seoul, entrato in vigore quest’anno - sia alla Cina, il cui volume d’affari con la Corea del Sud nel 2009 ha toccato i 156 miliardi di dollari contro i 68 degli Stati Uniti.

I trattati con Colombia, Corea del Sud e Panama, infine, erano stati fatti propri da Barack Obama solo dopo l’elezione alla Casa Bianca, mentre durante la campagna elettorale del 2008 si era mostrato contrario alla loro approvazione. Da allora, i tre accordi di libero scambio sono entrati a far parte del piano del presidente democratico per raddoppiare le esportazioni americane in cinque anni. Una strategia fondata principalmente sulla creazione di una manodopera interna a basso costo, fondamentale per garantire la competitività e i profitti delle aziende d’oltreoceano.

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