di Michele Paris

Con una lettera aperta indirizzata ai propri sostenitori, Sarah Palin ha annunciato mercoledì la sua decisione definitiva di non correre per la nomination repubblicana nel 2012. La rinuncia della ex governatrice dell’Alaska, che aveva in realtà ben poche chance di conquistare il diritto a sfidare Barack Obama tra poco più di un anno, mette con ogni probabilità la parola fine alla prima fase delle selezioni nel Partito Repubblicano a meno di tre mesi dall’avvio della stagione delle primarie.

L’annuncio ufficiale della Palin ha interrotto mesi d’incertezze e speculazioni sui media americani circa le sue intenzioni per il prossimo anno. Sulla sua decisione, secondo la versione pubblica, avrebbe influito soprattutto la necessità di proteggere la famiglia, che sarebbe stata sottoposta all’attento scrutinio della stampa durante tutta la lunghissima campagna elettorale per le presidenziali. Le sue energie e risorse, ha affermato Sarah Palin, saranno invece rivolte all’aiuto dei candidati repubblicani per vincere le elezioni, sia a livello statale che nazionale.

La carriera di Sarah Palin aveva ricevuto un impulso decisivo nell’estate del 2008, quando l’allora candidato alla presidenza per i repubblicani la proiettò prepotentemente sulla scena politica di Washington. Nonostante le perplessità all’interno del suo stesso partito, John McCain aveva infatti scelto a sorpresa la giovane governatrice dell’Alaska come “running mate”, verosimilmente per portare una ventata di freschezza nella sfida contro colui che si riteneva il candidato del cambiamento, Barack Obama. Da allora, in molti avevano previsto per lei un possibile futuro da candidata alla Casa Bianca.

La stessa Palin da più di un anno a questa parte aveva d’altra parte contribuito ad alimentare le indiscrezioni su una sua partecipazione alle primarie, dapprima tenendo discorsi che lasciavano aperto più di uno spiraglio e, più recentemente, organizzando un tour in autobus in grande stile - battezzato “One Nation” - attraverso alcuni degli stati, come Iowa e New Hampshire, che terranno per primi caucuses e primarie il prossimo mese di gennaio.

Sarah Palin rappresenta però in gran parte un fenomeno mediatico, anche se le sue carenze e impreparazione, sia dal punto di vista politico che culturale, sono state messe sufficientemente in evidenza dal 2008 ad oggi. L’ex candidata alla vice-presidenza è per alcuni una figura carismatica e possiede una certa influenza negli ambienti più reazioni del Partito Repubblicano, a cominciare dai Tea Party.

Questo ascendente potrebbe essere perciò sfruttato dalla Palin per convogliare una buona parte del voto repubblicano nelle primarie verso uno dei candidati in corsa. A conferma di ciò, subito dopo l’annuncio della sua rinuncia, questi ultimi hanno fatto a gara per elogiare le sue presunte qualità e conquistarne il sostegno (“endorsement”).

La decisione di Sarah Palin era in qualche modo prevista, dal momento che appare estremamente complicato riuscire a creare ad ottobre un’organizzazione in grado di affrontare le primarie che prenderanno il via ai primi giorni di gennaio. Soprattutto, poi, la sua popolarità tra gli elettori non era esattamente alle stelle. Anche tra i repubblicani, infatti, la maggioranza sembrava non essere particolarmente entusiasta di un suo ingresso nella corsa, come hanno dimostrato svariati recenti sondaggi.

Da non dimenticare, infine, anche le lucrose fonti di reddito cui avrebbe dovuto rinunciare in caso di candidatura. La Palin, ad esempio, è tuttora legata ad un contratto come opinionista con FoxNews e la partecipazione alle primarie avrebbe comportato la sua rescissione, come hanno fatto recentemente altri due repubblicani in corsa per la nomination, Newt Gingrich e Rick Santorum, anch’essi già a libro paga del network di Murdoch.

Pochi giorni prima del messaggio lanciato da Sarah Palin ai suoi sostenitori era giunta un'altra rinuncia a prendere parte alla competizione in casa repubblicana. A frustrare le aspettative di una parte del partito era stato il governatore del New Jersey, Chris Christie, personalità piuttosto popolare nell’establishment del partito e che era stato spinto a correre per la Casa Bianca da un certo numero di ricchi finanziatori del nord-est degli Stati Uniti.

Questi ultimi non sembrano infatti particolarmente elettrizzati dall’attuale campo di partecipanti alle primarie e intendevano perciò promuove un politico come Christie, capace in teoria di fare appello sia ai moderati che ai conservatori. Le ragioni che alla fine l’hanno convinto a declinare l’invito a correre per la presidenza sono in parte simili a quelle della Palin, in particolare i tempi ristretti in vista dell’appuntamento con le urne e lo scarso appeal suscitato a livello nazionale.

Con l’uscita di scena di Palin e Christie, i repubblicani dovranno così accontentarsi dei candidati attualmente in corsa, tra i quali sembrano favoriti l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, e il governatore del Texas, Rick Perry. Qualche residua speranza di giocare almeno un ruolo di spicco nel corso delle primarie sembrano averla per ora anche il deputato libertario del Texas, Ron Paul, e l’imprenditore di colore Herman Cain. Pressoché nulle, salvo sorprese, sono invece quelle dei rimanenti contendenti, tra cui la deputata del Minnesota Michele Bachmann, l’ex speaker della Camera Newt Gingrich, l’ex governatore dello Utah John Huntsman e l’ex senatore della Pennsylvania Rick Santorum.

I due “front-runner” continuano in ogni caso a sollevare perplessità nel Partito Repubblicano. Romney, pur risultando l’attuale favorito, non è ben visto dall’ala conservatrice del partito, in particolare per aver fatto approvare una riforma sanitaria in Massachusetts molto simile a quella di Obama e per le sue posizioni relativamente moderate su alcuni temi sociali.

D’altro canto, Rick Perry in queste settimane ha visto svanire notevolmente l’entusiasmo che aveva generato inizialmente dopo essersi reso protagonista di una serie di gaffe nel corso dei dibattiti con i colleghi repubblicani. Per il successore di George W. Bush alla poltrona di governatore del Texas, soprattutto, rimane il cosiddetto problema dell’eleggibilità, la capacità cioè di raccogliere una buona fetta del voto di moderati e indipendenti in un’ipotetica sfida contro Obama.

Con il delinearsi in maniera definitiva della corsa alla nomination nel Partito Repubblicano, anche i donatori più ambiti dovrebbero fare le loro scelte di campo a breve. Tra i candidati è in corso una vera e propria gara per accaparrarsi l’appoggio, sottoforma di sostanziosi assegni, dei finanziatori ancora alla finestra e che attendevano la decisione finale di Sarah Palin e Chris Christie.

Un primo punto a proprio favore in questo senso l’ha messo a segno qualche giorno fa proprio Mitt Romney, capace di ottenere il sostegno del multimiliardario co-fondatore di Home Depot, Ken Langone. Una mossa indicativa quella di quest’ultimo, che indica come il secondo tentativo di conquistare la Casa Bianca da parte dell’ex governatore e businessman repubblicano, dopo quello fallito nel 2008, poggi questa volta su fondamenta ben più salde.

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