di Ilvio Pannullo
La Blackwater non lascia, anzi raddoppia. La notizia, recentemente accreditata da una serie di articoli del New York Times, riguarda la mancata dissoluzione della Blackwater Worldwide, l’azienda fondata nel 1998 da ex membri della Navy Seals - United States Navy SEa, Air and Land forces (SEAL); cioè da ex membri delle forze speciali d'élite della U.S. Navy, impiegate dal governo degli Stati Uniti d'America in conflitti e guerre non convenzionali, difesa interna, azione diretta, azioni anti-terrorismo ed in missioni speciali di ricognizione, in ambienti operativi prevalentemente marittimi e costieri.
La Blackwater Worldwide che in più occasioni non ha fatto segreto di aver preparato decine di migliaia di agenti di sicurezza, specializzati per lavorare in zone calde del mondo, ha creato recentemente notevoli imbarazzi alle amministrazioni americane, dimostrando in più occasioni di non aver rispetto per nulla che non sia il fiume di denaro derivante dai contratti con il Pentagono ed il dipartimento di Stato americano.
La sua triste fama è dovuta ai numerosi scandali che hanno recentemente interessato i conflitti, post 11 settembre, in Afghanistan e in Iraq. Se, infatti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale furono gli americani a mostrare al mondo i tesori artistici recuperati dalla residenza di Herman Goering (che aveva depredato sistematicamente tutti i migliori musei delle città europee conquistate), nel 2003 sono stati gli iracheni a mostrare al mondo quel poco che rimaneva del loro immenso tesoro culturale ed artistico, distrutto e trafugato dalle truppe occupanti dopo la conquista di Baghdad. Scoppiato lo scandalo, il dito dell’accusa fu immediatamente puntato sui “contractors” - quei soggetti cioè che forniscono consulenze o servizi specialistici di natura militare, talora assimilabili alle prestazioni dei mercenari – e, tra tutti, proprio su quelli della Blackwater Worldwide.
Quando ancora i soccorsi umanitari non potevano accedere alle zone più disastrate del paese, pare che gli antiquari e i commercianti d’arte in amicizia con il Pentagono avessero totale libertà di transito nel paese. Oggetti preziosi e insostituibili risalenti all’antica civiltà dei sumeri sono stati distrutti o sono scomparsi. Intere biblioteche sono state svuotate e quello che non veniva portato via veniva distrutto con speciali composti chimici, come documentato da tutta una serie di copiosi servizi realizzati da giornalisti indipendenti.
Sembrava quasi che si volesse togliere alla nazione ogni possibilità di rinascita, negando alle nuove generazioni l’accesso all’immenso patrimonio culturale del paese. Anche i più noti scavi archeologici venivano selvaggiamente distrutti senza alcun motivo apparente. Ad organizzare il tutto erano gli unici soggetti che avevano un diretto interesse economico nella gestione di simili traffici: non certo l’esercito regolare né i marines né qualsivoglia altro soggetto a vario titolo inseribile nell’organigramma gerarchico statunitense, quanto piuttosto quelle truppe di mercenari pagate per eseguire il lavoro sporco, quelle “pratiche” troppo lerce per portare ufficialmente la firma dello Zio Sam, ma che comunque dovevano essere sbrigate.
Nel frattempo, con la promessa di accelerare la ricostruzione dell’Iraq, gli uomini dell’amministrazione Bush convinsero il Congresso ad autorizzare la stampa straordinaria di 20 miliardi di dollari in contanti. “Li aiuteremo a rimettere in piedi i servizi primari - affermava il Bush in diretta televisiva - come l’elettricità e l’acqua e a costruire nuove scuole, strade e ospedali”. Fu così che 360 tonnellate di banconote da 100 dollari l’una vennero trasferite in Iraq in pacchi molto simili alla carta fotocopiatrice, ma del valore di svariati milioni di dollari ciascuno. Una volta giunte a destinazione le banconote venivano stipate nei sotterranei della ex residenza di Saddam Hussein.
I soldi erano ufficialmente sotto la responsabilità della coalizione internazionale, ma nella realtà a gestirli era il Pentagono nella persona del Proconsole americano, Paul Bremer. Costui, dopo essersi insediato a Baghdad, dichiarò che l’Iraq non era più un territorio dove vigeva la legge irachena. Purtroppo per l’Iraq non vigeva neanche quella americana. Nel vuoto di potere lasciato dalla deposizione di Saddam, si creava così una terra di nessuno nella quale l’unica legge in vigore era quella del più forte.
E infatti, chiunque si presentasse a nome di una società americana con in mano qualunque progetto di ricostruzione, veniva immediatamente finanziato senza particolari verifiche e, spesso, senza neanche rilasciare ricevute. Tutti gli appalti più sostanziosi sono così finiti nelle mani della Halliburton o delle sue società ausiliarie, che erano che erano le uniche stranamente autorizzate alle aste. Quando, infatti, il vice-Presidente degli Stati Uniti è anche il tuo ex direttore generale, ti si aprono strade che altri non riuscirebbero neanche a immaginare.
Ma non basta: i soldi sono tutti scomparsi letteralmente nell’arco di pochi mesi, senza che una sola autostrada, un solo ponte o un solo ospedale siano mai stati ricostruiti. In questo modo si realizzava un mostruoso paradosso nel quale le stesse persone che avevano appena finito di distruggere il paese, il vice-Presidente e il ministro della Difesa, gestivano e ricevevano i lucrosi appalti per ricostruirlo. Pare, infatti, che non sia una coincidenza che la ex società del vice-Presidente Cheney abbia avuto un mastodontico appalto per la ricostruzione dell’Iraq. La rivista TIME sostenne, infatti, di essere in possesso di una e-mail del Pentagono in cui si affermava che è stato proprio l’ufficio di Cheney a coordinare il contratto plurimiliardario della Halliburton. Non male come conflitto d’interessi.
Questo il contesto in cui la Blackwater, ora nota come Xe Services, ha operato con il pieno appoggio della stessa Halliburton e della sua controllata KBR. Il comportamento della società è stato oggetto di severe critiche per quello che gli iracheni hanno descritto come un comportamento sconsiderato da parte delle sue guardie di sicurezza. Tanto che, nel 2009, la compagnia ha perso il suo lucroso contratto con il Dipartimento di Stato per garantire la sicurezza diplomatica dell’ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad, dopo che fu accertato dalla giurisdizione americana che, nel 2007, proprio la Blackwater si era resa responsabile di una sparatoria dove morirono 17 civili iracheni.
Nel dicembre del 2009, fu sempre il New York Times a denunciare che le guardie di sicurezza private della Blackwater avevano partecipato ad alcune tra le attività più delicate della CIA, tra cui incursioni clandestine al fianco di ufficiali dell’agenzia nei confronti di persone anche solo sospettate di essere insorti, in Iraq e in Afghanistan, oltre al trasporto dei detenuti e dei “resistenti belligeranti” presso luoghi idonei ad estorcergli confessioni non certo spontanee. Questo secondo quanto riferito da alcuni ex dipendenti della società e da alcuni funzionari dell’intelligence, in seguito alla fuga di notizie sui metodi di interrogatorio praticati nelle carceri ed avallati dall’allora Sottosegretario alla Difesa Rumsfeld e dal vice-Presidente Cheney. Su tutti si ricorderà di certo il caso Abu Ghraib.
Dopo che la società venne duramente condannata per il suo comportamento in Iraq, gli oscuri personaggi che muovo i fili della Blackwater hanno pensato bene di spegnere i riflettori e darsi alla macchia, attraverso la creazione di una rete di più di 30 società simulate, per continuare ad ottenere milioni di dollari in contratti con il governo americano, sempre secondo quanto puntualmente verificato dagli investigatori del Congresso anche in seguito alle rivelazioni di alcuni ex funzionari della Blackwater.
Mentre non è chiaro quante di queste imprese abbiano vinto appalti, almeno tre di queste vantano ad oggi contratti con l’esercito degli Stati Uniti o con la CIA. Dal 2001, l'agenzia d’intelligence ha infatti assegnato fino a 600 milioni di dollari in contratti classificati in favore della Blackwater e delle sue affiliate, secondo quanto affermato da un funzionario del governo degli Stati Uniti e riportato in una inchiesta del NYT.
La rete di società – molte delle quali allocate in paradisi fiscali off-shore - ha consentito ai mercenari della Blackwater di oscurare il loro coinvolgimento nei lavori sporchi appaltati dal governo americano e di assicurare un basso profilo per ogni forma di attività classificate. Ragione del loro grande successo e del perché tra le fila della società siedano tanti ex alti ufficiali dell’esercito e dei marines oramai in pensione. Per questo motivo il senatore democratico del Michigan, Carl Levin, Presidente del Comitato per il controllo delle Forze Armate, ha chiesto ufficialmente che il Dipartimento della Giustizia verifichi la possibilità che gli agenti della Blackwater abbiano ingannato il governo attraverso l’interposizione di false società affiliate per sollecitare la stipula di contratti milionari.
A tutto questo ha fatto seguito, nell’agosto 2010, un accordo che la Blackwater ha firmato con il Dipartimento di Stato che costringeva l’azienda - a titolo di transazione - a pagare 42 milioni dollari in multe per le centinaia di violazioni delle norme di controllo delle esportazioni degli Stati Uniti. Un modo forse per evitare di indagare ulteriormente su legami troppo solidi e troppo importanti per poter essere sciolti da un semplice cambio politico alla guida di quello che dovrebbe essere il paese della democrazia e della libertà.
Tra le violazioni contestate ed incluse nell’accordo vi sono infatti le esportazioni illegali di armi in Afghanistan, la formazione di truppe di belligeranti non autorizzate nel Sud del Sudan e l’addestramento di cecchini per gli agenti di polizia di Taiwan. L'insediamento della nuova presidenza, lungi dal portare una ventata di chiarezza e giustizia sulle vicende fin qui raccontate, ha solo portato a lunghi colloqui tra la Blackwater e lo stesso Dipartimento di Stato, che ha volutamente trattato la questione come una violazione amministrativa, consentendo all'impresa di evitare accuse penali. Tale impostazione, se da una parte chiarisce la gravità della questione mettendo chiaramente in evidenza le collusioni tra alcune frange del governo federale e le compagnie di mercenari, dall’altra - per fortuna - non risolve gli altri problemi legali che ancora oggi si imputano alla Blackwater e alla sua ex dirigenza.
I raid contro i sospettati estremisti islamici in territorio straniero si sono verificati infatti quasi ogni notte durante il momento di massima intensità della rivolta irachena, tra il 2004 e il 2006, con il personale della Blackwater che, in questo scenario, ha giocato un ruolo centrale in quello che gli addetti della società denominavano " snatch and grab”, strappare e afferrare. Invece di limitarsi a garantire la sicurezza per gli ufficiali della CIA, molti ex guardie della Blackwater hanno anche riferito di aver partecipato, non di rado, a missioni per catturare o uccidere militanti in Iraq e in Afghanistan: una pratica che solleva questioni molto serie circa l'uso di armi e personale privato per conto di terzi sul campo di battaglia.
Se infatti un militare, almeno in teoria, è inserito in uno preciso organigramma gerarchico e risponde delle sue azioni ai sensi delle convenzioni internazionali e del codice militare di guerra in vigore nel suo paese, un agente di sicurezza privato è del tutto svincolato da qualsiasi vincolo giuridico di carattere pubblico, rispondendo solo agli ordini impartitigli dal suo committente. Con tutto quello che questo può comportare.
Separatamente, sempre alcuni ex dipendenti della Blackwater hanno confessato di aver contribuito ad assicurare la sicurezza su alcuni voli della CIA per il trasporto dei detenuti negli anni successivi al 2001. La società privata era dunque organica e funzionalmente preposta alla gestione di tutte quelle pratiche scomode - volute dalla CIA su ordine diretto del vice-presidente Cheney - che, se scoperte, avrebbero potuto creare più di un imbarazzo all’amministrazione Bush. Quanto sopra fa emergere e rende palese come il rapporto tra i servizi americani e società private di sicurezza sia molto più profondo rispetto a quanto i funzionari di governo avevano riconosciuto.
Va da sé che la partnership della Blackwater con la CIA è stata enormemente vantaggiosa per la società del North Carolina: un legame che è diventato ancora più solido e lucroso, per entrambi i soggetti coinvolti, dopo che alcuni alti funzionari dell'agenzia sono stati iscritti - come personale di collegamento e analisti strategici - tra le fila della Blackwater. Ovviamente dietro lauti compensi.
L'azienda ha infatti continuato a crescere attraverso gli appalti concessi dal governo, nonostante le crescenti critiche e le accuse di brutalità più volte sollevate nei confronti dei suoi metodi. Sulla base di indiscrezioni raccolte e pubblicate dal NYT, l’azienda avrebbe infatti assunto un ruolo centrale nel programma di controterrorismo più importante di Washington: l'uso di droni per uccidere i leader di Al Qaeda sparsi per il mondo.
Insomma nulla lascia sperare che qualcosa in futuro possa cambiare. Se basta cambiare nome ad una società ed inventarsi qualche piccolo artificio para-legale per far dimenticare ignobili delitti, perpetrati nel disprezzo più assoluto di qualsiasi norma giuridica nazionale ed internazionale, quale speranza si può avere? Tutto cambia affinché non cambi niente.