di Alessandro Iacuelli

Dopo un breve periodo di tregua, coincidente con i giorni dei mondiali di calcio in Sudafrica, torna alle stelle la tensione tra la Corea del Sud e quella del Nord, riportando ancora una volta un clima da guerra fredda in tutta l'area regionale dell'estremo oriente. A partire dal 25 luglio, infatti, è iniziata la fase esecutiva delle esercitazioni militari congiunte, soprattutto navali, tra USA e Corea del Sud.

Un atto visto come una provocazione da parte del governo nordcoreano, che vede nello specchio di mare antistante il proprio territorio una portaerei americana, cacciatorpedinieri di entrambe le marine e oltre 200 caccia, in pieno mar del Giappone. Le esercitazioni con 8 mila militari dureranno 5 giorni. E' previsto un lancio di un missile marittimo da parte dell'esercito di Seul, ed è proprio questo il punto sul quale si scatena la reazione di Pyongyang.

Il 3 agosto, il Quartiere Generale del Fronte occidentale dell'Esercito popolare nordcoreano ha pubblicato un comunicato secondo il quale l'esercito del Paese risponderà alle attività del lancio che effettuerà la Corea del Sud nelle acque occidentali con un "lancio corrispondente per la difesa". Lo stesso giorno, citando questo comunicato, l'Agenzia di Stampa centrale della Corea del Nord ha affermato che le attività del lancio marittimo che saranno effettuate dalla Corea del Sud nelle acque occidentali, sono "un'offensiva militare completamente evidente". Di fronte all'attuale situazione, la parte militare nordcoreana adotterà delle "misure concrete ed energiche" per rispondere alle attività sudcoreane.

Per farla breve, la Corea del Nord minaccia un "possente contrattacco fisico" in risposta alle imminenti esercitazioni militari della Corea del Sud. Queste sono in programma nelle acque del mar Giallo per 5 giorni. Non solo, infatti, Pyongyang sostiene di avere "preso una decisione risoluta" e di aver messo in guardia qualsiasi imbarcazione, anche civile, dal solcare le acque del Mar Giallo al confine marittimo tra le 2 Coree durante le esercitazioni, equiparate a un "atto d’invasione militare".

Una flotta di venti navi da guerra, tra cui la portaerei a propulsione nucleare "George Washington" e tre cacciatorpedinieri, 8.000 militari e 200 aerei da combattimento, sono i mezzi a disposizione per le esercitazioni. Tra questi, anche i caccia F-22 Raptor, che volano in missione di addestramento per la prima volta nello spazio aereo coreano.

Sembrano già lontani i giorni in cui, durante le giornate calcistiche africane, le due Coree sembravano guardarsi addirittura amichevolmente. La tensione nella Penisola Coreana è di nuovo alta, complice il fatto che quella sudcoreana è una manovra in grande stile, dal nome in codice "Invincible Spirit", nome scelto assieme da Washington e Seul per dare una dimostrazione di forza proprio alla Corea del Nord, ritenuta responsabile dell'affondamento della corvetta della Marina militare sud-coreana "Cheonàn" nel marzo scorso, costato la vita a 46 marinai.

Intanto, Pyongyang nega ogni accusa dopo che una commissione d’inchiesta ha stabilito la responsabilità dei nord-coreani per l’affondamento della nave. La Corea del Nord continua ad alzare il tono delle minacce contro le esercitazioni navali di Washington e Seul, dicendosi pronta ad usare la propria deterrenza nucleare per fermarle. Per gli Stati Uniti le esercitazioni navali rappresentano anche l’occasione per ribadire ai sud-coreani il proprio impegno a tutela della loro sicurezza.

Ovviamente non è solo il caso della corvetta affondata, ad esacerbare gli animi. Quella delle tensioni tra USA e Corea del Nord è una storia oramai cinquantennale, portata all'estremo dalla recente accelerazione del programma nucleare nordcoreano, con tanto di dotazione di missili in grado di arrivare in Giappone, il rifiuto da parte del regime di Kim Jong Il di firmare i trattati di non proliferazione nucleare, e la sua inclusione nell'elenco degli "Stati canaglia" tanto sbandierato dall'amministrazione Bush.

Tanti sono anche i cittadini nordcoreani inseriti nelle "black list" americane. Secondo le ultime indiscrezioni d'oltreoceano, c'è anche il presidente di una banca tra i nomi dei 3 funzionari nordcoreani che gli Stati Uniti sono pronti a inserire nella "black list" perchè sospettati di ricoprire un ruolo chiave nell'amministrazione di Pyongyang e nel finanziamento del programma nucleare. Citando fonti anonime, lo scrive l'agenzia sudcoreana Yonap che ricorda l'annuncio del segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, di "sanzioni specifiche" contro la Corea del Nord. Stando all'agenzia di Seul, si tratterebbe di Kim Tong Myong, presidente della Tanchon Commercial Bank, che andrebbe ad aggiungersi ai nomi di 22 istituzioni e di 6 persone fisiche già compresi nella lista nera.

Chi viene incluso è soggetto al congelamento dei beni e al divieto di fare affari con le istituzioni finanziarie americane. Non è che in Corea del Nord gliene freghi molto della black list americana, poiché si preferisce in genere fare affari con le istituzioni cinesi, visto il vecchio rapporto di amicizia e quasi di "protettorato", soprattutto quando si parla di nucleare nordcoreano in consiglio di sicurezza dell'ONU, con Pechino. Certo, questa risposta americana colpisce i conti bancari esteri utilizzati da Pyongyang per la compravendita di armi e componenti nucleari, ma attraverso il grande fratello cinese il regime può facilmente arrivare ad altri mercati dell'atomo, asiatici ma anche europei.

Dopo le minacce di Pyongyang, gli Stati Uniti hanno risposto esortando la Corea del Nord a cessare il suo "linguaggio provocatorio". "Non siamo interessati a una guerra di parole con la Corea del Nord", ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato americano Phlip Crowley: "Ciò che chiediamo alla Corea é meno linguaggio provocatorio e più atti costruttivi".

Per la Corea, l'unica provocazione è l'avvicinamento delle navi americane alle proprie coste. Chiaramente, Pyongyang non adotterà in questi giorni alcuna risposta di tipo nucleare, poiché la ritorsione americana segnerebbe la fine definitiva del regime, ma in ogni caso l'intera regione risulta destabilizzata. A farne le spese per primo è proprio il Giappone, troppo vicino geograficamente per poter sperare di uscirne senza rimanerne coinvolto.

D'altra parte, non ci sarebbe nulla di cui stupirsi se questo innalzamento dei toni, già avvenuto in passato in molte occasioni, non fosse altro che clamore per non far focalizzare l'attenzione sulla situazione interna della Corea del Nord, situazione affatto chiara per molti versi. Infatti, fonti d'intelligence americana fanno trapelare con una discreta insistenza che Kim Jong Il, ormai anziano e malato, abbia dato inizio ad una difficile fase di transizione per passare la guida del Paese a Kim Jong Un, il suo terzogenito. Transizione difficile, perché in Corea del Nord non si fanno cambiamenti senza fare prima gli opportuni "regolamenti di conti".

E l'aria da regolamenti di conti si respira davvero per le strade di Pyongyang. Lo racconta la recente fucilazione a Pyongyang di tre alti funzionari, tra cui un responsabile dei negoziati con la Corea del Sud e due alti responsabili economici, che mette in evidenza quanto complesso e violento sia il regolamento di conti in corso. Probabilmente la successione sarebbe ostacolata da un gruppo di generali e funzionari di partito, poco disponibili ad accettare il volere di un erede semisconosciuto e non ancora trentenne.

Kim Jong Il, consapevole di non aver più molto tempo davanti, tenterebbe invece di utilizzare la minaccia statunitense per creare un clima d’emergenza nazionale e gestire con l’appoggio dei generali più fedeli la complessa e rischiosa transizione. Eliminando gli avversari interni, vecchi e nuovi, a colpi di fucilazioni.

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