di Giuseppe Zaccagni

La Budapest mitteleuropea sceglie la destra e torna a vestire il nero di un tempo. C'è, infatti, una vera e propria svolta elettorale che, sulla base della consultazione dei giorni scorsi, porta il Paese nelle mani del partito di centro-destra Fidesz, guidato dall’ex premier Viktor Orban. Il quale vince la prima tornata delle parlamentari dopo otto anni di opposizione con il 52,8% dei voti, assicurandosi 206 seggi parlamentari su 386 e diventando così il primo partito dopo la caduta del comunismo nel 1990. Cade in basso il socialista MSZP (Magyar Szocialista Párt), l’ex partito al governo che ha registrato il 19,3% ottenendo  28 seggi.

Entrano così in Parlamento per la prima volta il partito di estrema destra Jobbik, attestatosi terzo con il 16,7% dei voti e 26 seggi, mentre il partito verde liberale LMP (Politics Can Be Different), con il 7,4%, è l’unico a superare la soglia necessaria del 5% per aggiudicarsi la presenza parlamentare, e guadagna 5 seggi.

Si rimescolano così - in un quadro di luci ed ombre - le carte della politica magiara. E si ricorda, in proposito, che il governo socialista, guidato da Gordon Bajnai, dal mese di aprile 2009 aveva apportato tagli al bilancio per frenare il deficit generale, provocando un malcontento dell'elettorato che si era andato sviluppando di pari passo con la peggiore recessione in 18 anni.

Sul piano generale del risultato magiaro va rilevato, di conseguenza, che dalle urne dell’intera regione esce - in un cortocircuito di passato e presente - la conferma che non si arresta l'ondata di estrema destra in Europa. Perché dopo le affermazioni nelle elezioni più recenti in Francia, Olanda e Austria, c'è ora il partito Jobbik, che nella pianura danubiana migliora la sua performance rispetto alle europee 2009.
E’ proprio l’Europ, infatti, a presentare sintomi di pericolose involuzioni politiche. L'avanzata della destra estrema e xenofoba si è infatti registrata anche alle recenti regionali francesi, dove il risultato positivo per i socialisti è stato affiancato da una nuova affermazione del Front National di Jean Marie Le Pen, tornato in auge dopo la cattiva prova alle presidenziali del 2007. A marzo l'Fn si è attestato oltre all'11%, raggiungendo vette di consensi oltre il 22% nelle zone rurali del nord del paese.

Successo della destra xenofoba anche in Olanda dove il partito anti-islam di Gert Wilders ha prodotto un miniterremoto alle regionali del mese scorso. Anche se il partito della Libertà dell'esponente politico noto per i suoi infuocati attacchi agli immigrati si è aggiudicato 17 consiglieri comunali in due circoscrizioni, le proiezioni su base nazionale dicono che alle politiche del 9 giugno potrebbe diventare il secondo partito d'Olanda e puntare decisamente ad essere l'ago della bilancia nella formazione del nuovo governo.

Netta affermazione dell'ultradestra anche in Austria, quando sono andati alle urne i cittadini della Carinzia nel marzo dello scorso anno. Roccaforte di Jeorg Haider, gli elettori hanno tributato al leader populista di estrema destra un successo elettorale senza precedenti dopo la sua morte in un incidente automobilistico. I movimenti di estrema destra potranno fare sentire ancora il loro peso nelle elezioni a venire, nel corso del 2010. A partire proprio dall'Olanda e dall'Austria dove si vota per le presidenziali il 25 aprile. Alle legislative nella Repubblica ceca a fine maggio non ci sarà invece il partito dei lavoratori che una corte ha bandito con l'accusa di seminare l'odio razziale e la xenofobia.

Torniamo all'Ungheria. A portare al successo delle destre sono state proprio le promesse - economia e occupazione - contenute nella campagna elettorale di Fidesz e che hanno attratto i votanti ungheresi; durante gli anni in carica tra il 1998 e il 2002, questo partito aveva operato per la riduzione delle imposte, creando posti di lavoro e sostenendo le imprese locali.

Orban ha promesso ora di diminuire le tasse sui salari, semplificare le imposte sul reddito, dimezzare il numero dei consigli comunali e dei seggi in Parlamento. Ha anche accusato il governo di nascondere le reali dimensioni del deficit pubblico. Sulla stessa linea va a collocarsi il partito nazionalista di matrice xenofoba, Jobbik, fondato nel 2003 (che in campo economico vuole eliminare le riforme di libero mercato) e che ora sfrutta il risentimento e la sfiducia degli elettori durante la recessione e il loro conseguente distaccarsi dai principali partiti politici.

Intanto il Paese è stato il primo dell’Unione europea a rivolgersi al Fondo Monetario Internazionale (FMI) per ottenere un salvataggio dopo la crisi del credito che ha bloccato investimenti ed esportazioni. Secondo gli economisti, i compiti più urgenti e necessari che spetteranno a Fidesz riguarderanno ora il consolidamento fiscale mediante riforme strutturali e la resa in maggiore efficienza dell’assistenza sanitaria e dei sistemi d’istruzione. Quanto al futuro, c'è da attendere la seconda tornata elettorale - già fissata per il 25 aprile - quando saranno decisi i restanti 121 seggi. E si sa già che si è in presenza di una desolante prospettiva che spinge indietro l'orologio della storia di una Mitteleuropa sempre più asburgica. 


 

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