di Michele Paris

Mentre in patria continuano ad animare un movimento conservatore che si oppone strenuamente ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, le potenti chiese evangeliche americane da qualche tempo hanno esportato più o meno surrettiziamente le loro battaglie oscurantiste nel continente africano. Ovviamente, con risultati a dir poco disastrosi per il rispetto dei diritti umani. A far scoppiare il caso dell’influenza nefasta di alcuni fanatici religiosi d’oltreoceano in Africa, è stata una legge fortemente discriminatoria nei confronti dei gay in discussione al Parlamento ugandese.

In questo paese, come in altri del continente, la classe politica sta infatti cavalcando una pericolosa corrente omofobica, che ormai in molti collegano all’esplosione del cristianesimo evangelico fondamentalista di stampo americano in Africa. Tra le conseguenze peggiori ci sarebbero appunto alcune leggi approvate, o ancora in fase di studio, estremamente severe sull’orientamento sessuale dei cittadini.

A dare lo slancio ad un clima di intolleranza diffusa nei confronti degli omosessuali in Uganda pare sia stato un convegno tenuto nella capitale, Kampala, lo scorso mese di marzo, nel quale ci si proponeva di “esporre la verità nascosta dietro l’omosessualità e le reali intenzioni degli omosessuali”. Protagonisti assoluti del seminario sono stati tre cittadini americani, esponenti di spicco del movimento evangelico: Scott Lively, attivista anti-gay e presidente dell’associazione cristiana conservatrice “Defend the Family International”, Don Schmierer e Caleb Lee Brundidge; questi ultimi autoproclamatisi “guaritori dall’omosessualità”.

L’organizzatore di questo incontro, l’ex elettricista ugandese diventato pastore Stephen Langa, ha successivamente promosso una raccolta di firme tra genitori preoccupati dell’opera di reclutamento secondo loro in corso nelle scuole del paese da parte di gay e lesbiche. Tale petizione è stata poi presentata al parlamento e pochi mesi più tardi si è trasformata nella legge attualmente in discussione e che potrebbe entrare in vigore in Uganda entro la fine dell’anno (“Anti-Homosexuality Bill”).

Mentre l’omosessualità in Uganda è già reato, il nuovo testo prevede pene fino all’ergastolo e, nel caso l’accusato abbia precedenti penali, sia malato di AIDS o la sua “vittima” risulti inferiore ai 18 anni, addirittura la pena di morte. Inoltre, ogni cittadino a conoscenza di “attività omosessuali” è tenuto ad informarne le autorità di polizia, pena il carcere fino a tre anni. Per i cittadini ugandesi residenti all’estero che si macchiassero di questo reato sarebbe poi richiesta l’estradizione. Bersaglio della legge non sono solo gli omosessuali, ma anche gruppi e associazioni che si battono per i diritti LGBT, i cui membri rischieranno pene detentive fino a sette anni.

Se il provvedimento all’analisi in Uganda rischia di rappresentare un pericoloso precedente per l’Africa, altri due paesi vicini si sono già incamminati su questa strada. A inizio anno, infatti, il Burundi ha adottato una legge che prevede fino a due anni di carcere per chi viene accusato di avere relazioni omosessuali. In Ruanda, invece, la pena potrebbe salire fino a dieci anni per chiunque “pratichi o incoraggi altre persone ad avere relazioni o qualsiasi pratica omosessuale” se una legge simile a quella ugandese allo studio del parlamento verrà approvata.

La crescente penetrazione in Africa di un Evangelismo mutuato da quello americano più conservatore è riconducibile in gran parte, come già anticipato, ai legami di molte importanti personalità di mega-chiese statunitensi con leader politici e religiosi locali. Uno di questi è il potentissimo e popolarissimo fondatore della chiesa evangelica californiana, Saddleback Church, il pastore Rick Warren.

Quest’ultimo, nel corso della campagna elettorale per le presidenziali del 2008, aveva addirittura ospitato i candidati Obama e McCain per una discussione pubblica trasmessa in diretta TV. Lo scorso gennaio era stato poi al centro di polemiche, innescate soprattutto dalla comunità gay americana, dopo essere stato scelto per recitare la tradizionale “invocazione” nel corso della cerimonia inaugurale del presidente Obama a Washington.

Da sempre contrario all’allargamento dei diritti degli omosessuali negli USA, Warren vanta forti legami con i vertici politici di Uganda e Ruanda, dove il messaggio fondamentalista della sua chiesa ha una fortissima eco. Warren è infatti amico personale dei presidenti dei due paesi, l’ugandese Yoweri Museveni (e la moglie Janet, che in varie occasioni ha tenuto discorsi presso la Saddleback Church) e il ruandese Paul Kagame. Secondo un giornale ugandese, nel corso di una sua visita a Kampala l’anno scorso Warren avrebbe fornito tutto il suo sostegno ai vescovi anglicani del paese schierati contro i gay, dichiarando apertamente che “l’omosessualità non può essere considerata un modo di vita naturale e perciò da essa non può derivare alcun diritto”.

Molto strette sono poi anche le sue relazioni con il principale attivista anti-gay in Uganda, il pastore pentecostale educato in America, Martin Ssempa. Acceso sostenitore della legislazione omofobica in fase di approvazione e anch’egli più volte ospitato nelle vesti di predicatore da Warren in California, Ssempa ha lavorato per il programma statunitense istituito dall’ex presidente Bush per la lotta all’AIDS (PEPFAR) e basato principalmente sull’astinenza. Nel paese africano, Ssempa si è contraddistinto per svariate manifestazioni contro gli omosessuali e per la pubblicazione di elenchi di gay e lesbiche corredati da fotografie e informazioni personali.

La demagogia omofobica che si sta diffondendo tra le chiese evangeliche in Africa, pur risentendo dell’ideologia di estrema destra di alcuni gruppi religiosi cristiani americani, riflette allo stesso tempo tutte le resistenze opposte dal continente alle influenze occidentali, di cui l’omosessualità sembra apparire appunto come una delle più deleterie. Per i pastori evangelici africani poi, la retorica contro i gay è uno strumento fondamentale per combattere il puritanesimo di un Islam con cui appaiono in aperta competizione per la conquista delle anime.

Per i leader evangelici statunitensi, di riflesso, l’ascendente delle loro chiese in Africa consente di estendere il loro potere e la loro influenza, ma anche di ampliare i propri interessi economici, in quello che numericamente sta diventando il continente più importante per la fede cristiana. In paesi dove la maggior parte della popolazione vive in condizioni di estrema miseria e dove sono in atto rapidi cambiamenti sociali, spesso percepiti come imposti dall’occidente, il messaggio integralista delle chiese riformate americane, intriso di puritanesimo e intransigenza, finisce così per trovare un terreno molto fertile. Con effetti però sempre più drammatici nei confronti di qualsiasi comportamento ritenuto “deviante”.

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