di Michele Paris

Ad un anno e mezzo di distanza dalla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha stabilito la costituzionalità dell’iniezione letale, una condanna a morte fallita lo scorso mese di settembre ha determinato una nuova moratoria, per ora limitata allo stato dell’Ohio. La sospensione delle esecuzioni decretata dal governatore democratico, Ted Strickland, in realtà dovrebbe soltanto consentire alle autorità statali di studiare rapidamente un protocollo di emergenza, da impiegare qualora sorgessero difficoltà come quelle che hanno riguardato il condannato Romell Broom. Una volta trovata una soluzione, il boia dovrebbe rimettersi nuovamente al lavoro, anche se all’orizzonte potrebbero profilarsi nuovi appelli per rimettere in discussione interamente la pratica stessa dell’iniezione letale.

L’appuntamento con la morte per Romell Broom, detenuto nel braccio della morte per il rapimento e l’omicidio di una 14enne nel 1984, era stato fissato al 15 settembre, dopo che un tribunale aveva respinto l’ultimo appello dei suoi legali. Una volta ultimati i preparativi per l’esecuzione, per lui è iniziato tuttavia un autentico supplizio, durato circa due ore durante le quali il personale addetto alle esecuzioni presso il carcere di massima sicurezza di Lucasville ha cercato in tutti i modi di individuare una vena per iniettargli il composto chimico letale.

Dopo aver tentato di inserire gli aghi nelle braccia del condannato, gli addetti all’esecuzione hanno provato con la caviglia destra e, successivamente, ma sempre senza successo, con la gamba sinistra. Secondo quanto dichiarato in una deposizione giurata di fronte ad un giudice un paio di giorni dopo, lo stesso Broom avrebbe cercato di aiutare il personale del carcere per portare a termine il proprio incarico. Poi le lacrime e le urla di dolore quando l’ago avrebbe colpito un osso e un muscolo. Alla fine, l’intervento delle autorità dello Stato ha interrotto l’esecuzione e il detenuto è stato trasportato all’ospedale del carcere.

Informato del fatto senza precedenti, il governatore dell’Ohio ha immediatamente emanato un ordine di sospensione della condanna di una settimana. L’esecuzione è stata poi ulteriormente posticipata a data da definirsi, in attesa che una corte federale possa esaminare un’istanza presentata dagli avvocati di Broom. Secondo questi ultimi, sottoporre il loro assistito ad un secondo tentativo di esecuzione equivarrebbe ad esporlo ad una “punizione crudele ed inconsueta”, contraddicendo perciò il dettato dell’Ottavo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America.

Con la causa in corso, il governatore Strickland ha poi sospeso le esecuzioni previste tra ottobre e novembre di altri due detenuti, Lawrence Reynolds e Darryl Durr, rimandandole rispettivamente al 9 marzo e al 20 aprile 2010. La prossima condanna in calendario nell’Ohio è quella di Kenneth Biros, condannato per un omicidio particolarmente cruento del 1991, per il momento confermata per l’8 dicembre, data entro la quale il governatore si augura di avere a disposizione un nuovo protocollo di emergenza per l’iniezione letale, anche se nuove sospensione non sono da escludere.

Tra i provvedimenti di emergenza da adottare, nel caso il protocollo principale dell’iniezione letale dovesse fallire, il dipartimento correzionale dell’Ohio pare stia valutando la possibilità di iniettare le sostanze previste nel midollo osseo o nei muscoli. Tali alternative, tuttavia, richiederebbero con ogni probabilità delle competenze mediche superiori, complicando non poco le procedure attuali, dal momento che ai medici è fatto divieto di partecipare alle esecuzioni. Iniezioni intramuscolari o addirittura direttamente nel midollo osseo aumenterebbero inoltre le probabilità di causare dolore al condannato, così come l’assorbimento più lento da parte dei muscoli delle sostanze iniettate allungherebbe i tempi del decesso.

L’attuale procedura adottata dall’Ohio consente in ogni caso un tempo teoricamente illimitato al personale carcerario per individuare le vene adatte e portare a termine le esecuzioni. Altri stati, al contrario, prevedono diverse regolamentazioni. In Kentucky, ad esempio, il team addetto all’iniezione letale deve sbrigare le operazioni entro un’ora, mentre in Florida è consentito persino incidere la pelle del condannato per trovare una vena idonea. Le soluzioni allo studio in Ohio però non sono mai state prese in considerazione finora da nessun altro stato americano che prevede la pena di morte nel proprio ordinamento giudiziario.

Cambiamenti alla procedura esporrebbero d’altra parte le autorità a possibili nuove complicazioni legali. La Corte Suprema degli Stati Uniti, nell’aprile del 2008, aveva infatti decretato la costituzionalità del protocollo dell’iniezione legale secondo il modello in uso nel Kentucky, così che soluzioni anche parzialmente differenti potrebbero aprire la strada a ricorsi in riferimento all’Ottavo Emendamento. Il metodo attualmente adottato dalla gran parte degli stati prevede l’inoculazione di tre sostanze. La prima, tiopental sodico, è un barbiturico che determina uno stato d’incoscienza nel condannato; la seconda, pancuronio, paralizza i muscoli mentre la terza, cloruro di potassio, causa l’arresto cardiaco e il decesso.

Nel 2007 alcuni avvocati difensori di detenuti nel braccio della morte avevano fatto appello al supremo tribunale americano, in quanto ritenevano che se la dose iniziale di barbiturico non fosse stata somministrata in maniera appropriata, i condannati potevano ritrovarsi in uno stato di “paralisi cosciente”, soffrendo un dolore intenso senza possibilità di manifestarlo. Per questo, alcuni esperti avevano avanzato l’ipotesi di passare definitivamente ad una soluzione che prevedesse la somministrazione di una dose massiccia del solo tiopental, che determinerebbe la morte del detenuto senza bisogno delle altre due sostanze. Anche in questo caso però il decesso risulterebbe molto più lento.

Le perplessità intorno al metodo attualmente utilizzato per l’iniezione letale sono molte, nonostante essa continui ad essere largamente impiegata negli USA. Nel caso di Romell Broom pare siano stati fatti 18 tentativi per individuare una vena idonea all’iniezione. In un primo momento la vena era stata trovata, ma avrebbe ceduto nel momento in cui al detenuto veniva iniettata la soluzione salina usata per “spianare la strada” alle sostanze letali. Nel solo Ohio, negli ultimi tre anni, almeno altre due esecuzioni avevano incontrato difficoltà ed erano durate molto più a lungo dei 20 minuti solitamente necessari per portare a termine le procedure. In entrambi i casi le sofferenze inutilmente inflitte ai condannati erano state evidenti, così come l’impossibilità di garantire un processo di esecuzione per lo meno corrispondente a quanto stabilito dalla Costituzione.

Nel 2006 furono necessari 90 minuti per eseguire la condanna di Joseph Clark. Anche in questo caso i problemi iniziarono a manifestarsi dopo le difficoltà nel trovare le vene del detenuto, molto fragili a causa dei suoi precedenti di tossicodipendente. Il regolamento dello Stato prevede l’individuazione di almeno due vene idonee, in modo che nel caso la vena principale dovesse cedere sarebbe disponibile una seconda. Dopo aver cercato inutilmente per oltre 30 minuti una seconda vena, venne deciso di procedere con l’unica individuata. Non appena le sostanze letali iniziarono a scorrere nel suo braccio, il condannato iniziò a lamentarsi, cercando di alzare la testa e la parte superiore del corpo. La scena venne allora sottratta alla vista degli spettatori presenti e il lavoro degli addetti proseguì per altri 40 minuti prima di portare a termine l’esecuzione.

L’anno successivo, le complicazioni nel caso di Christopher Newton, condannato a morte malgrado evidenzi indizi di uno squilibrio mentale, furono causate verosimilmente dal suo peso. Anche in questo caso furono necessari una decina di tentativi e oltre due ore prima di individuare una vena adatta. I contorni raccapriccianti di questa esecuzione furono accentuati anche dalla pausa concessa al detenuto nel corso dell’esecuzione per recarsi in bagno.

Le vicende dell’Ohio non hanno determinato per ora alcun ripensamento in nessun altro stato americano, dove nessun governatore si è preoccupato di sospendere anche una sola delle esecuzioni programmate. Puntualmente, l’8 ottobre scorso, lo stato dell’Alabama ha infatti eseguito la condanna di Max Payne, il quale è diventato così il 40esimo detenuto del 2009 ad essere giustiziato negli Stati Uniti tramite iniezione letale.

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