di mazzetta

Qualche anno fa sembrava che il Ciad potesse avere una speranza per un futuro migliore. Il governo aveva concluso con la Banca Mondiale e con la Exxon un accordo per la costruzione di un oleodotto che, attraverso il Camerun, avrebbe portato il petrolio dal Ciad meridionale all'Atlantico, dove sarebbe confluito nel maistream petrolifero che dal Golfo di Guinea porta il petrolio di Nigeria e Guinea Equatoriale alle raffinerie statunitensi.
L'accordo venne presentato come un esempio di attenzione verso le popolazioni interessate al progetto e dichiarato a prova della nota corruzione che di solito investe come le cavallette progetti di questo genere. Una parte dei profitti doveva essere vincolata ad esempio alla spesa sociale, costituendo, almeno nelle intenzioni, un fondo destinato a finanziare l'inesistente cura che il presidente Deby aveva dedicato ai suoi concittadini fin dall'ascesa al potere, nel 1990. L'accordo purtroppo non è stato rispettato e il denaro è sparito; Deby nel frattempo ha tenuto un referendum con il quale ha rimosso i limiti legali alla sua candidatura ed ha annunciato nuove elezioni. Un comportamento che gli ha alienato le simpatie della sua stessa tribù, che ha abbandonato in massa l'esercito e anche la Guardia Presidenziale, concentrandosi nel Sud-Est del paese e spingendosi fino al Darfur meridionale, in territorio sudanese.
I ribelli, riuniti nel FUC (Fronte Unito del Cambiamento), hanno occupato anche quelle parti del territorio sudanese rese deserte dalle razzie dei predoni filogovernativi sudanesi, i famosi Janjaweed che hanno praticato la pulizia etnica della regione, provocando due milioni di profughi e 200.000 morti.

Il governo sudanese, ora compartecipato dei cristiani del Sud, non è mai riuscito a controllare le sue frontiere e la parte meridionale, nella quale si è rifugiato anche il fanatico cristiano Joseph Koni con il suo LRA (Esercito di Liberazione del Signore) che, con il suo esercito di schiavi-bambini, devasta il Nord dell'Uganda.

Questo è bastato a Deby per accusare il governo sudanese di sostenere i ribelli e rompere le relazioni diplomatiche. Il coinvolgimento del Sudan pare in realtà improbabile, il governo sudanese sembra completamente disinteressato alla situazione dei sui confini più remoti; le distanze sono immense e il Sudan (grande otto volte la Germania unificata) è molto più impegnato a festeggiare i due nuovi impianti petroliferi nel Sud mentre respinge le accuse di genocidio in sede Onu, che non ad imbarcarsi nella caccia ai feroci stranieri; i Janjaweed, contadini armati ottimi contro i villaggi indifesi, evitano infatti accuratamente le zone controllate dagli stranieri.

I ribelli del FUC hanno attaccato nei giorni scorsi la capitale del Ciad, Ndjamena, e sono stati respinti dagli armamenti più pesanti a disposizione dei governativi. Alcuni dei ribelli catturati non sono parsi attrezzatissimi agli osservatori presenti, ma è sicuro che possano contare su interi reparti militari. Il FUC si è dato come obiettivo la deposizione di Deby prima delle elezioni, previste tra un paio di settimane.
La Francia, assolutamente indifferente ai rifugiati sudanesi o alla situazione in Darfur, ha inviato immediatamente rinforzi alla guarnigione nel paese, i ribelli hanno accusato i francesi di aver impiegato i loro aerei per bombardare truppe ribelli, ma Parigi ha smentito. I residenti stranieri si stanno concentrando e preparando all'evacuazione.

I ribelli contano sul sostegno libico e su quello di molti ciadiani, il presidente Deby sembra invece contare sulla non perfetta neutralità del contingente francese, che dovrebbe fornire esclusivamente intelligence. L'esito militare appare incerto: qualora i ribelli non riuscissero a prendere Ndjamena, non potrebbero che attaccare le istallazioni petrolifere, per tagliare i fondi al vecchio presidente asserragliato nella capitale.

Il rappresentante del FUC a Parigi, l'ex ministro degli esteri Laona Gong, ha dichiarato che il Fronte controlla ormai tutto il Paese, mentre il ministro della Difesa afferma che i ribelli sono stati sconfitti. Il leader del FUC, Mahamat Nour, è riuscito nella difficile operazione di legare politicamente le diverse fazioni politiche ciadiane all'etnia zagawa, che è la stessa del presidente Deby. Deby, che prese il potere con un colpo di stato e lo ha sempre conservato attraverso elezioni-farsa, è un presidente regolarmente eletto per la Francia, ma il FUC vorrebbe sostituirlo con un forum nazionale, per formare un breve governo di transizione che porti poi ad elezioni finalmente libere; in questa situazione è chiaro che l'azione della Francia rischia di essere ostile al FUC, anche senza il ricorso ai bombardamenti smentiti.

Il numero delle vittime finora appare molto limitato, anche se non bisogna dimenticare che dall'esistenza della struttura statale ciadiana dipendono anche migliaia di profughi del Darfur e milioni di abitanti delle regioni già piagate dalla siccità-record che sta colpendo l'Africa.

Ancora una volta tutto accade senza che le opinioni occidentali abbiano ad accorgersi di nulla; nell'ultimo anno l'Africa è stata scossa dalle peggiori crisi di fame da molti anni a questa parte, ed ora dalla siccità; qualche milione di persone che poteva essere salvato con quattro soldi, è morto tra atroci tormenti, piccoli Tommy africani compresi. L'Italia è l'ultimo tra i donatori: la nostra avarizia uccide più delle bombe su Falluja.

Il destino del Ciad è ancora una volta in mano ai francesi, in fondo il Ciad è un "affare" loro e della Exxon. Il Segretario Generale dell'ONU, che si è detto "profondamente preoccupato" per la situazione, si è sgolato tutto l'anno scorso per cercare qualche dollaro destinato a salvare qualche milione di persone che sarebbero morte per cause banali ed evitabili in Africa, ma il sistema globalizzato dei media non se l'è filato per niente; di conseguenza i suoi appelli sono sembrati privi di interesse anche per i politici di ogni latitudine, compresi quelli che hanno costruito le loro fortune sulla pietas per gli "sfortunati bambini africani".

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