di Marco Montemurro

Isole artificiali, alberghi sottomarini, grattacieli e nuove piramidi, così si trasformano i paesi del Golfo Persico, tutti in cammino per rincorre il sogno che si intravede a Dubai. L’emirato guidato dallo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum ormai da anni stupisce il mondo per le opere realizzate e per le dimensioni dei lavori in corso. Sono famosi edifici come l’albergo dal lusso a sette stelle Burj Al Arab, il grattacielo più alto del mondo Burj Dubai, la neve e le piste da sci nel deserto e gli arcipelaghi di isole artificiali a forma di palma e dei cinque continenti. Sorprendono molto questi progetti, ma sono solo l’inizio di un disegno più ampio. I grandi capitali della finanza araba, avendo un l’ingente liquidità a loro disposizione, investono fortemente in costruzioni con l’obiettivo di trasformare interi stati in mete turistiche e centri per affari. Il governo degli Emirati Arabi Uniti nel 2002 ha avviato la concessione di visti per risiedere nel paese agli stranieri che acquistano case e da allora il mercato immobiliare ha cominciato a lievitare. Tonnellate di sabbia del deserto vengono trasformate in isole artificiali e cemento per grattacieli e ville, ingenti investimenti che vedono protagonisti colossi finanziari come la Emaar e la Nakheel. Nel giro di pochi anni sono già stati costruiti negli Emirati Arabi Uniti migliaia tra appartamenti e ville firmate da Emaar Properties, la più grande società edilizia del Medio Oriente, e molti altri progetti sono in fase di realizzazione.

L’enorme compagnia, diretta da Mohammed bin Ali Al Abbar, costruisce in tutto il mondo eleganti residenze, spostando denaro e cemento nei cinque continenti (è presente in Cina, India, Indonesia, Giordania, Egitto, Marocco, Pakistan, Arabia Saudita, Siria, Tunisia, Turchia e USA). In Arabia Saudita ad esempio sta realizzando dal nulla una nuova città a nord di Jedda, la King Abdullah Economic City. A Dubai portano invece il nome della Nakheel Properties, altra potente società guidata da Sultan Ahmed bin Sulayem, gli arcipelaghi di isole artificiali, lo sviluppo del distretto di Jumeirah e numerose altre iniziative immobiliari come The International City, quartiere da edificare secondo gli stili architettonici di nove paesi.

La lista dei progetti a Dubai sembra infinita e quasi irreale. Sul fondale marino sarà montato il primo albergo subacqueo, Hydropolis, ed è stato ideato il più voluminoso edificio del mondo, Dubai Golden Dome, talmente imponente che l’interno del suo basamento, nel sottosuolo, ospiterà una pista da pattinaggio, un stadio da calcio e un parco acquatico. Gli investimenti edilizi a Dubai si possono definire faraonici, nel senso letterale del termine, in quanto saranno costruite anche due piramidi che riprodurranno quelle egiziane, in dimensione maggiore.

Si ergeranno all’interno del distretto di Falcon City, accanto alla copia della Torre Eifell (più grande dell’originale), del Taj Mahal, della Grande Muraglia e dei giardini pensili di Babilonia. Ci sarà anche la Torre di Pisa, posizionata in un area che riproduce i palazzi di Roma. Potrebbe sembrare solo fantasia, ma proprio così è stato disegnato un quartiere residenziale che sarà edificato all’interno di altro mega progetto, Dubailand. Nel deserto a sud di Dubai sta infatti sorgendo una nuova immensa città, concepita come un parco dei divertimenti destinato non solo per i bambini, ma per viverci. In questo gigantesco luna park, con tanto di ruota panoramica e parchi a tema con i supereroi della Marvel, si costruiscono uffici e si vendono case, appartamenti e ville, per poter così lavorare e abitare in un mondo modellato come un sogno dell’infanzia.

Realizzare un paese concepito in tal modo, con comode abitazioni e circondate da divertimenti, senza quartieri popolari e disagi, è molto più di una impresa finanziaria e edilizia, significa voler offrire al mondo un modello di società, proprio come ha affermato Mohamed Sharif, l’amministratore delegato di Property and Finance Real Estate a Dubai: “Dubai non è solo un’opportunità di investimento, Dubai è uno stile di vita”. L’obiettivo è attirare gli stranieri e i loro capitali, invitare i ricchi di tutto il mondo a trasferirsi per abitare in luoghi nei quali si offre ogni agiatezza, e soprattutto dove non vi è tassazione né sui redditi d'impresa né su quelli personali.

Per attrarre investitori stranieri si sono moltiplicati gli investimenti in edilizia di lusso non solo a Dubai, ma in tutta la regione del Golfo Persico. Creare nuove mete turistiche viene considerato anche un buon modo per utilizzare l’enorme liquidità di capitali a disposizione. L’emirato di Sharjah sta realizzando le Nujoom Islands, una nuova cittadina adagiata sul mare, con complessi residenziali, alberghi, uffici e centri commerciali, il tutto progettato dalla Al Hanoo Holding Company. La costa di Abu Dhabi cambierà con il distretto di Shams Abu Dhabi, grattacieli concepiti dalla società Sorouh. Si vogliono realizzare simili sogni edilizi e finanziari anche nel regno del Bahrain. A nord del paese sono sorte le Amwaj Islands, ampi territori per una nuovi quartieri, a sud si sta creando il Durrat al Bahrain, coste destinate al turismo d’elite, di fronte alla capitale Manama è in costruzione il Bahrain Financial Harbour e il Bahrain Bay, cioè uffici, alberghi e residenze di lusso.

Inoltre, nell’entroterra iniziano a prendere forma le lussuose abitazioni di Riffa Views e i progetti turistici di Al Areen Resort e Salam Bahrain. Anche nel vicino Qatar non mancano enormi iniziative edilizie come The Pearl, nuovi terreni sorti sul mare da destinare a eleganti abitazioni, e il piano della West Bay Lagoon. Il sultanato dell'Oman inoltre segue la medesima direzione con il progetto The Wave, sei kilometri di coste presso la capitale Muscat ospiteranno comode abitazioni.

Altre sorprese sullo sviluppo della regione emergono anche dalle informazioni riguardo agli acquirenti di immobili. Non solo ricchi arabi, americani e europei investono comprando abitazioni in Golfo Persico. Aumenta sempre di più la domanda proveniente dai paesi asiatici. Il presidente della società di investimento e sviluppo immobiliare Tameer, Omar Ayesh, riferendosi al mercato negli Emirati Arabi Uniti rivela che: ”i maggiori compratori sono indiani e pachistani. Molti di loro ricoprono posizioni molto ben remunerate”.

Nella regione risiede infatti un’alta percentuale di stranieri, in gran parte indiani, e alcuni hanno scelto di avviare attività imprenditoriali. Dunque anche i benestanti asiatici si presentano come acquirenti di immobili, sia perché hanno scelto il Golfo Persico come residenza, sia per cercare futuri guadagni. Omar Ayesh riferisce inoltre che le agenzie immobiliari, proprio per relazionarsi con i molti clienti non anglofoni, stanno assumendo agenti capaci di parlare hindi, ma anche lingue come farsi, russo e afrikaans. Indiani, iraniani, russi, si scopre che queste sono le nazionalità di molti investitori.

La situazione nei paesi del Golfo Persico comunque non è così gioiosa come potrebbe sembrare. Non è tutto ora ciò che luccica. Il giornalista Mike Davis ha criticato fortemente lo sviluppo di Dubai, e di conseguenza anche quello dei vicini stati, con un’espressione molto chiara: “Walt Disney incontra Albert Speer sulle coste della penisola arabica”. L’opinione non lascia sottintesi. E’ come se tutto fosse stato pianificato dall’architetto nazista Albert Speer, famoso per i progetti megalomani e per i lavori forzati, ma questa volta ispirato dai mondi incantati di Walt Disney. Tale commento vuol mostrare i contrasti presenti in questo modello di sviluppo; vengono costruiti lussuosi edifici ma nei cantieri le condizioni di lavoro sono durissime.

E’ noto infatti che nei paesi del Golfo Persico la mano d’opera utilizzata per i lavori manuali è interamente composta da stranieri, asiatici provenienti in gran parte da India, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka. Gli operai, non essendo cittadini, sono retribuiti con misere paghe, facilmente deportabili e fatti alloggiare in isolati campi nel deserto in pessime condizioni. Tale situazione, confrontata con le sontuose opere in programma e con i miraggi di nuovi paradisi, non può che indignare.

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