Devono aver tirato un sospiro di sollievo gli esponenti dell’ala più conservatrice del Partito Repubblicano qualche giorno fa, quando il loro mai troppo gradito candidato John McCain ha annunciato a sorpresa la scelta della 44enne governatrice dell’Alaska Sarah Palin come candidata alla vice-presidenza. Le indiscrezioni filtrate nelle ultime settimane, che sembravano suggerire la possibilità da parte del Senatore dell’Arizona di completare il ticket repubblicano con un candidato favorevole all’aborto, avevano infatti messo in allarme la base del partito che già minacciava una spaccatura alla convention di St.Paul. Se tuttavia la scelta di Sarah Palin avrà l’effetto di mitigare i rapporti di McCain con la destra del suo partito, è molto improbabile che una donna con poca o nessuna esperienza politica a livello nazionale, cristiana conservatrice e irriducibilmente anti-abortista, contraria al riconoscimento dei diritti degli omosessuali e membro dell’NRA, potrà fare breccia in quella fetta di elettorato femminile che durante le primarie democratiche ha sostenuto Hillary Clinton e che non ha ancora assorbito la sconfitta della propria candidata a beneficio di Barack Obama.
A detta dello stesso McCain, il criterio di scelta che dovrebbe guidare un candidato alla presidenza nella scelta del proprio running mate è la capacità e la prontezza di quest’ultimo nell’assumere i compiti spettanti al presidente in caso di necessità. Se è vero che nella storia americana il decesso di un presidente, o un qualsiasi impedimento nello svolgimento delle sue funzioni, è avvenuto molto raramente, è innegabile che l’età avanzata di McCain (72 anni appena compiuti) nonché i seri problemi di salute che ha dovuto affrontare durante la sua vita, rendono legittimo chiedersi con quali credenziali si presenti il proprio candidato vice.
Se pensiamo poi alle delicatissime sfide a livello internazionale che i tre vicepresidenti chiamati a sostituire i loro diretti superiori dal dopoguerra a oggi (Truman, Johnson, Ford) hanno dovuto fronteggiare e quali altre verosimilmente attenderanno l’inquilino della Casa Bianca durante i prossimi quattro anni, non sembra poi così rassicurante per gli americani l’ipotesi di ritrovarsi un presidente che solo da un paio d’anni amministra uno Stato periferico di 700.000 abitanti, mentre la carica più alta occupata in precedenza era stata quella di sindaco della cittadina di Wasilla, un sobborgo di Anchorage abitato da poco meno di 7.000 abitanti.
Quel che maggiormente stupisce della - a quanto sembra - affrettata decisione di McCain è che essa rischia seriamente di gettare alle ortiche l’intera linea di attacco lungo la quale i repubblicani si erano scagliati su Obama fino a ieri. Con la minaccia del terrorismo tuttora incombente, le risvegliate velleità da grande potenza della Russia, la corsa al nucleare di Iran e Corea del Nord, l’America, a detta di McCain e del suo entourage, non può permettersi un presidente inesperto e privo della necessaria conoscenza delle questioni internazionali.
L’aver imbarcato Sarah Palin nella corsa alla Casa Bianca indebolisce invece il messaggio inviato per mesi a quanti erano ancora diffidenti nei confronti del giovane senatore dell’Illinois. Né dovrebbero questi ultimi essere troppo confortati dalle dichiarazioni di alcuni delegati alla convention di St.Paul, ai quali si è unita anche la signora McCain, che hanno sfiorato il ridicolo indicando la governatrice dell’Alaska come pronta a fronteggiare le minacce alla sicurezza nazionale per il solo fatto, sembra incredibile, di aver amministrato per una manciata di mesi uno Stato che confina attraverso lo Stretto di Bering con la Russia.
Non sorprende quindi che assieme alla gioia incontenibile dei cristiani evangelici per la scelta dell’ex reginetta di bellezza del liceo e della soddisfazione di quei repubblicani aggrappati ai buoni vecchi valori americani, ci sia spazio anche per l’inquietudine delle vecchie volpi del partito, che hanno annusato immediatamente la pericolosità della presenza della Palin a fianco di McCain. “Reckless” (irresponsabile) è infatti la parola che si ritrova frequentemente nelle interviste raccolte tra alcuni delegati alla convention, che hanno commentato spesso in maniera anonima sui giornali la manovra del loro candidato.
Certo in pochi si auguravano di ritrovare sul palco di St. Paul gli abortisti convinti Joe Lieberman (ex democratico diventato indipendente e già candidato alla vice-presidenza sull’altra sponda con Al Gore) o il già governatore della Pennsylvania, Tom Ridge, reduce del Vietnam e grande amico di McCain. Ma una scelta più prevedibile e meno rischiosa, se anche non avesse determinato uno sconvolgimento del duello elettorale del quale McCain forse necessitava disperatamente, sarebbe risultata a posteriori più rassicurante (come la nomina a candidato vice del beniamino dei conservatori Mitt Romney o del governatore del Minnesota Tim Pawlenty).
Nonostante la versione ufficiale parli di un processo di selezione durato oltre due mesi, i repubblicani accorsi ad una convention già fortemente compromessa nei suoi intenti iniziali dall’arrivo sulle coste della Louisiana dell’uragano Gustav hanno visto media e blogger americani snocciolare una serie di notizie impreviste e inquietanti sul conto della signora Palin, che potrebbero in prospettiva disturbare non poco la sua attività in campagna elettorale e il contributo che dovrebbe portare alla causa di McCain.
Per cominciare, maggiori dettagli sono giunti circa l’indagine in corso in Alaska su un presunto abuso dei propri poteri nella funzione di governatrice. Sarah Palin infatti avrebbe ingiustamente licenziato un certo Walter Monegan, Commissario alla Pubblica Sicurezza in Alaska, reo di non essersi dato sufficientemente da fare per licenziare a sua volta Mike Wooten, agente di sicurezza ed insistente ex marito della sorella della governatrice coinvolto in un’aspra disputa per la custodia del figlio.
Ma c’è molto di più sul conto della ultra-conservatrice originaria dell’Idaho, che definisce il riscaldamento globale un inganno e che si batte per l’introduzione del creazionismo tra le materie d’insegnamento scientifico nelle scuole pubbliche. Uno dei punti centrali della campagna di McCain per le presidenziali è infatti la lotta contro gli sprechi e le spese federali inutili. Tramite i cosiddetti “earmarks” (o, spregiativamente, “pork barrel”) i membri del Congresso americano, sollecitati dall’attività dei lobbisti, sono soliti convogliare somme più o meno consistenti verso progetti più o meno utili nei propri Stati o Distretti di origine.
Secondo la presentazione che ne ha fatto McCain a Dayton, Sarah Palin sarebbe appunto una delle sue principali alleate nella crociata che ha da tempo intrapreso contro questa pratica tipica del vecchio modo di fare politica a Washington. Salvo poi scoprire che la governatrice ai tempi in cui ricopriva la carica di sindaco della piccola comunità di Wasilla era riuscita nell’impresa di convogliare verso di essa addirittura 27 milioni di dollari grazie anche alle prestazioni di una famosa compagnia di lobbying nella capitale. Per dare l’idea dell’imponenza del finanziamento, il Washington Post ha messo a confronto il denaro ottenuto tramite questi mezzi dalla città di Wasilla, che conta come già ricordato non più di 7.000 residenti, con quello ricevuto da Boise, nell’Idaho, dove vivono invece più di 190.000 abitanti. Nell’anno fiscale 2002 la prima ha goduto di “earmarks” per 6,1 milioni di dollari e la seconda, nell’anno fiscale 2008, “solo” 6,9 milioni.
Non sono poi mancate nelle ultime ore ulteriori rivelazioni che hanno messo in discussione la validità del processo di selezione dello staff di McCain e l’azzardo della scelta di una candidata che il senatore dell’Arizona aveva incontrato una sola volta nel mese di febbraio prima del “faccia a faccia” di settimana scorsa, durante il quale la Palin ha accettato l’incarico. Nelle settimane precedenti l’annuncio ufficiale, alcuni blog di sinistra negli USA avevano raccolto e diffuso sospetti circa la gravidanza portata a termine quattro mesi fa dalla governatrice dell’Alaska.
Già madre di quattro figli, Sarah Palin ha dato alla luce in primavera il quinto nato, Trig, affetto da sindrome di Down. Nel suo Stato in molti, anche tra quanti lavorano presso gli uffici del governatore, erano stati colti di sorpresa dal parto in quanto, pare, la Palin non sembrava aspettare un bambino. Da qui erano filtrate indiscrezioni che sostenevano come il piccolo fosse stato dato alla luce dalla figlia 17enne, Bristol, e che la famiglia avesse cercato di coprire il fatto. Per porre fine alle indiscrezioni, i Palin si sono visti così costretti a rivelare in maniera ufficiale lo stato interessante della loro figlia teenager, la quale intende portare a termine la gravidanza e sposare il giovane padre.
C’è poi il fatto che la Palin ha fatto parte negli anni Novanta del Partito per l’Indipendenza dell’Alaska che in quel periodo si batteva per la secessione dagli USA e che il marito, Todd Palin, è stato arrestato 22 anni fa per guida in stato di ubriachezza e successivamente si è distinto tra gli automobilisti dell’Alaska per numerose altre infrazioni del codice della strada. “La candidatura di Sarah Palin non era stata presa seriamente in considerazione fino a quattro o cinque giorni prima del momento in cui le è stata chiesta la sua disponibilità a correre per la vice-presidenza”, ha rivelato un anonimo repubblicano vicino allo staff di McCain al New York Times. “L’intera vicenda ha avuto una rapida accelerazione verso il suo epilogo perché John McCain non ha potuto scegliere il running mate che desiderava. Avrebbe preferito avere al suo fianco Joe Lieberman o Tom Ridge”. Una dichiarazione che spiega abbastanza bene quali siano i motivi che stanno alle spalle della decisione finale di McCain.
Al di là delle motivazioni che hanno portato alla discussa scelta, Sarah Palin è il primo governatore a correre per la vice-presidenza dal 1968, anno in cui il governatore del Maryland, Spiro Agnew, affiancò Richard Nixon; ed é la seconda donna nella storia degli Stati Uniti ad essere in competizione per la seconda carica più importante del paese, dopo la democratica Geraldine Ferraro al fianco di Walter Mondale nel 1984. Quest’ultimo precedente rammenta in maniera minacciosa per McCain come gli elettori e le elettrici abbiano quasi sempre bocciato un candidato che non presentava sufficienti doti “presidenziali”, al di là del genere e della novità che la sua sola presenza avrebbe potuto rappresentare.
Le qualità della Palin in campagna elettorale saranno comunque tutte da testare nei due mesi che mancano all’Election Day, ma sembra certo che la distanza che la separa dai temi cari alla stragrande maggioranza delle sostenitrici di Hillary e alla loro sensibilità, non potrà tradursi in una significativa conquista di voti su questo fronte per i repubblicani. Semmai, l’immagine di madre lavoratrice che cerca di conciliare la propria carriera con una famiglia numerosa e afflitta dai problemi che toccano (quasi) ogni normale famiglia americana, potrebbe portare qualche beneficio altrove.
Negli Stati industriali del Midwest (principalmente Michigan, Ohio e Pennsylvania) ad esempio, dove il candidato democratico continua a faticare tra la working-class bianca e la classe media colpita duramente dalla crisi economica, il messaggio socialmente conservatore di Sarah Palin potrebbe trovare terreno fertile o offrire un motivo valido per non votare Obama. Per il resto, i più entusiasti della presenza della governatrice dell’Alaska nel ticket repubblicano rappresentano soprattutto categorie di americani che, sia pure senza entusiasmo nei confronti di McCain, alla fine avrebbero comunque affidato fedelmente il proprio voto al candidato del “Grand Old Party”.
MCCAIN RISCHIA TUTTO CON SARAH PALIN
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