di Carlo Benedetti

Il presidente americano George W. Bush, già pronto a cambiare casacca dopo la consultazione del prossimo novembre, chiude la sua campagna acquisti nella vecchia Europa. Scalda i motori dell’Air Force One e si prepara a sistemare negli archivi quel poco che ha raccolto nell’ultima fase diplomatica in aree geopolitiche che stanno sempre più sfuggendo al controllo statunitense. In questi giorni ha passato in rassegna paesi e gruppi dirigenti, politiche e strategie, progetti e idee con un tentativo di decifrare un mondo che non mostra più piattaforme comuni. Ha raccolto ben poco. C’è stato, comunque, l’onore delle armi che i suoi alleati gli hanno riservato a tutti i livelli. Due, comunque, le benedizioni. L’ultima, in ordine di tempo, quella in Vaticano da Benedetto XVI e impartita a rate: prima alla Torre di San Giovanni e poi nello studio papale. Colloquio faccia-a-faccia, ma non si è compreso chi fosse “Dio in terra”. E, tra l’altro, i fedeli non hanno avuto modo di ascoltare le rivelazioni e gli annunci. La confessione di Bush è stata, quindi, privata e le diplomazie mondiali potranno solo interpretare le emozioni visibili. Pochissime, per la verità e tutte nascoste agli sguardi delle telecamere e dei teleobiettivi. Resta l’altra faccia della benedizione. Qui spazio ai media e alle rivelazioni. Tutto è stato dominato da un Berlusconi pimpante e orgoglioso di apparire sempre più come il primo della classe in una Europa che manifesta molti interrogativi e che non vuole gestire l’immaginario.

Con Berlusconi - dicono le fonti - tutto è filato liscio. Totale sintonia sull'Iran, elogi reciproci per il lavoro svolto e piena condivisione della politica estera. E pur se distanti sul gruppo 5+1, entrambi i leader hanno fatto riferimento all’importanza della Russia nel negoziato con l’Iran. Bush ha voluto ricordare il “piano Putin” e Berlusconi - forte di quel suo modo di agire relativo al chi le spara più grosse, vince - ha subito assicurato: “Lavoreremo in cooperazione con Usa e Russia”.

Non è mancato un accenno relativo ad una sceneggiata di ordine diplomatico tesa, appunto, a coinvolgere il leader russo Medvedev sull’Iran. E Bush, su questa linea, ha voluto investire Berlusconi definendolo “leader globale” e indicandolo come partner nelle trattative sul clima come sull’emergenza alimentare. Berlusconi ha così toccato il settimo cielo rendendo subito omaggio alle politiche di Bush. E l’italiano ha lodato l’amico americano riconoscendogli doti di “persona rara, con coraggio e ideali” e promettendogli di andare ad insegnare nella nascitura “Università del pensiero liberale” gemellata con il “Freedom Institute” che George W. guiderà in Texas da pensionato. A Roma Bush ha poi accennato anche ad altre questioni.

Alle tradizionali pacche sulle spalle ricevute dal Cavaliere, ha risposto, a proposito delle presidenziali: “Sono per il repubblicano McCain perché con lui Presidente non sarò il leader più vecchio ai summit del G8”. Posizioni più complesse, invece, su quegli scenari di crisi che si chiamano Afghanistan, Kosovo, Libano, Iran. E pur se Berlusconi - forte dell’aureola di leader mondiale sistemata sulla sua testa dal capo della Casa Bianca - ha parlato di "sintonia totale" lo stesso presidente Usa ha glissato con destrezza sull'ingresso italiano nel cosiddetto “5+1”.

E’ toccato a Bush fare il bilancio di questa sua sesta visita a Roma: “Plaudo - ha detto - alla decisione annunciata dal presidente del Consiglio al Parlamento di rimuovere i limiti all’impiego delle forze in Afghanistan e all’invio di ulteriori carabinieri per addestrare la polizia afghana”. Si va, quindi, sempre più a fondo con un’Italia che torna ad essere quella che non ha remore nel “combattere il terrorismo e difendere la libertà”. E sulle note di quanto detto e rilanciato da un Berlusconi a tutto campo, il presidente americano vola a Parigi, per un discorso all’Osce in ricordo dei 60 anni del piano Marshall.

Poi cena con Sarkozy; poi a Suresnes e visita al cimitero militare a Mont Valerien. Prossima stazione Londra dove al Castello di Windsor incontrerà la Regina Elisabetta. Poi colloquio e cena con il premier Gordon Brown. La mattina dopo a Belfast per una sosta di ordine turistico. E, quindi, via con l’Air Force One alla Casa Bianca. Ma su questa gamma di mini-incontri c’è pur sempre il macigno di quel vertice semestrale tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti che si è svolto in Slovenia.

Qui Bush - assistito dal sottosegretario di Stato Condoleezza Rice - ha passato in rassegna le questioni della sicurezza, delle sfide mondiali, della politica regionale e della cooperazione bilaterale. Un vertice-amico, ma non tanto. Si è, infatti, cercato di dare all’incontro uno spessore politico più stimolante per le relazioni euroatlantiche, con il proposito di lanciare da Lubiana qualche messaggio rassicurante ad un mondo in cui prevale un’insidiosa sindrome da deriva, economica, ecologica, politica e militare.

Bush a Lubiana ha insistito perché gli europei siano più solerti e aumentino la loro presenza in Afghanistan. Ha “spiegato” come muoversi nei confronti di Mosca, soprattutto nel Caucaso. Sui cambiamenti climatici ha chiesto più flessibilità e maggior accondiscendenza alle ricette americane che stemperano Kyoto. Ci sono state, comunque, anche posizioni controcorrente espresse da Spagna, Olanda e Belgio. E a molti, in questo contesto, non è piaciuto il fatto che nell’azione di creazione di un Kosovo indipendente l’America metterà le basi militari e l’Europa, invece, i soldi, l’ordine e l’amministrazione. Bush ora se ne va: resta l’arroganza del suo potere.

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