di Eena Ferrara

I test atomici - per i quali sono spesi miliardi e miliardi - continuano, mentre i danni provocati dalle alluvioni aumentano di giorno in giorno. Ma il regime nordcoreano di Pyongyang fa finta di niente e cerca di nascondere la vera tragedia. Perché il paese è alla fame. E l’Onu lancia l’allarme: su una popolazione totale di 23 milioni - quella che vive a nord del 38mo parallelo - la fame sta divorando circa 7 milioni di abitanti. Le notizie che arrivano dal regno del silenzio coreano sono impressionanti ed assurde. Il governo locale (che continua a presentare il paese come uno Stato multipartitico guidato secondo l'ideologia politica dello “Juche”, ovvero dell'autosufficienza) non accetta interferenze e insiste negli sprechi propagandistici. Nessuna apertura di credito nei confronti dell’occidente o della vicina Cina. Le statue dei “padri della rivoluzione” continuano ad essere costruite in ogni località e sono sempre più grandi, più alte e realizzate con materiali preziosi. Immagini avvilenti di una realtà che non cambia. Perché gli enormi sprechi programmati dal regime rivelano sempre più una disastrosa politica economica ed un atteggiamento di chiusura internazionale che non ha eguali al mondo. La carestia, che quest’anno ha colpito l’intero Nord, rischia di uccidere milioni e milioni di persone. Lo denuncia Tony Banbury, direttore per l’Asia del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam), che lancia l’allarme: “La situazione è grave, e sta peggiorando con molta rapidità”.

Ma questo allarme agita solo il mondo esterno. Perché all’interno della Corea il governo non accetta interferenze e, quindi, respinge con un ostinato silenzio ogni forma di critica ed anche di offerta di aiuto. Blocca le frontiere e non si capisce bene cosa ha intenzione di fare per ostacolare l’avanzata della carestia. Intanto i prezzi nei negozi alimentari di tutto il paese sono già raddoppiati rispetto allo scorso anno e negli scaffali vi sono sempre meno articoli: “Le Nazioni Unite - dice Banbury - sono da tempo a conoscenza della crisi alimentare nordcoreana. Abbiamo cercato di avvertire il mondo ed ora rischiamo di essere tragicamente in ritardo. E pur se prendiamo la situazione con la massima serietà, non possiamo risolverla da soli”.

Ma il regime nordcoreano rifiuta ogni forma di dialogo pur se conosce - sulla sua pelle - il dramma della carestia. E si sa bene che nella prima metà degli anni ’90 oltre due milioni di persone morirono di fame dopo un’annata di inondazioni e siccità. “La sicurezza della Corea del Nord è a rischio e la situazione sta peggiorando”, aggiunge Banbury rilevando la necessità di un'assistenza esterna per evitare una tragedia. Sull’intera vicenda interviene anche la Fao che, avanzando una serie di previsioni, ricorda che entro questo anno mancheranno in Corea del Nord 1,66 milioni di tonnellate di cibo. Si tratta di un deficit quasi doppio rispetto al 2007 e il più alto dal 2001. I dati, intanto, parlano chiaramente e gli effetti futuri sono imprevedibili.

Nell'ultimo anno, come si diceva, i prezzi del paniere alimentare nella capitale Pyongyang sono raddoppiati, raggiungendo il livello più alto dal 2004. Il riso costa circa 2.000 won/kg (dai 700-900 won/kg nell'aprile 2007) e il mais circa 600 won/kg (350 won/kg nell'aprile 2007). C'è stato un drastico aumento dei prezzi del maiale (attualmente 5.500 won/kg circa), delle patate (5.000 won/kg) e delle uova (200 won al pezzo): questi aumenti hanno trasformato questi beni primari in un lusso per la maggioranza della popolazione, se si considera che la paga media mensile di un lavoratore è di circa 6.000 won al mese. Il destino, quindi, è segnato.
La rapida crescita dei prezzi reali del cibo conferma le paure del Pam: “Il paese rischia la fame molto più dell'anno scorso”, rileva Jean-Pierre de Margerie, che a Pyongyang è il massimo esponente del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. “Oggi - aggiunge - ci vuole circa un terzo di un salario mensile per acquistare riso per pochi giorni. Le famiglie, soprattutto le persone vulnerabili, soffriranno di questa mancanza di accesso al cibo, consumeranno meno pasti, la loro dieta sarà più povera il che farà aumentare la loro vulnerabilità alle malattie”.

E a tutte queste impressionanti denuncie (con le emozioni che ci consentono di entrare in territori inesplorati) va aggiunto il fatto che molte statistiche governative della Corea del Nord, analizzate dalla Fao, indicano come la produzione agricola nel 2007 sia stata di soli tre milioni di tonnellate di cereali (riso, mais, grano, orzo e patate). Ciò rappresenta un calo del 25 per cento rispetto all’anno precedente e al raccolto più modesto dal 2001. Si tratta di un risultato agricolo negativo che non si registrava dal 2001 quando una siccità estiva causò la distruzione di molti raccolti nel paese.

La Corea del Nord, è noto, ha sofferto a lungo di una cronica carenza alimentare a causa del declino economico e di una situazione agricola non favorevole, ma le forti inondazioni dell'anno scorso hanno posto con ancora maggiore urgenza questo problema. Le statistiche agricole indicano un calo rispettivamente del 25 e del 33 per cento nella produzione di riso e mais, anche perché queste coltivazioni si trovavano nel momento più rigoglioso della crescita quando vi sono state le inondazioni. Le province colpite più seriamente dalle inondazioni sono quelle che registrano il maggior calo nella produzione: Sud e Nord Pyongyang, Sud e Nord Kwanghae e Kangwon hanno subito perdite del 23-33 per cento rispetto allo scorso anno. Riduzioni significative del raccolto in queste zone conosciute come i granai del paese comportano una carenza di cibo in tutta la nazione pur se assuefatta a tragedie del genere.

“Il Pam ha lanciato l'allarme già da tempo temendo che le inondazioni dello scorso anno potessero acuire il cronico problema del cibo in Corea del Nord. Ora ne vediamo gli effetti sui mercati”, torna a rilevare Jean-Pierre de Mangerie il quale insiste poi nel sostenere che il paese ha sempre più bisogno, quest'anno, d’importazioni alimentari e di aiuti alimentari esterni. Quanto all’attività del Pam, risulta che fino al 2005 ha assistito oltre sei milioni di persone nella Corea del Nord, circa un quarto della popolazione. Dal 2006, a seguito di una decisione del governo di ridurre le operazioni dell'agenzia dell'ONU, l’assistenza ha riguardato solo 1milione di persone tra le più vulnerabili, in maggioranza donne e bambini. Ora il Pam prevede di distribuire 45.000 tonnellate di cibo in 50 delle 203 contee sino alla conclusione dei suoi programmi di assistenza alimentare previsti per l’agosto 2008.
E’ chiaro, comunque, che il Pam non può risolvere il problema da solo. Il governo deve fornire le necessarie condizioni operative per le agenzie di aiuto, di modo che i donatori siano sicuri che le loro donazioni saranno usate per lo scopo al quale sono destinate.

L'allarme e la richiesta d’intervento del Pam arrivano in un momento in cui il paese si sta avviando verso l'annuale stagione del “non raccolto”, quando le riserve alimentari nelle famiglie sono ai livelli più bassi. Quest'anno la “lean season” è iniziata prima a causa dello scarso raccolto dell'anno scorso e, molto probabilmente, sarà più dura dopo un inverno secco e con minori precipitazioni. I tassi di malnutrizione sono già alti: il 37 per cento dei bambini soffre di malnutrizione cronica e un terzo delle madri è malnutrito e anemico.

Il governo centrale non ha mai messo in piedi una politica alimentare basata sulle reali possibilità del territorio, continuando a proclamare la propria indipendenza, ma sopravvivendo di fatto con gli aiuti sudcoreani e cinesi. Con il nuovo presidente di Seoul, il conservatore Lee Myung-bak, le cose sono però cambiate: senza progressi sul campo dei diritti umani, ha detto il neo-eletto, niente aiuti umanitari. Ed ora, invece di operare con una politica di risparmio o di alleggerimento diplomatico, Pyongyang punta ancora ed esclusivamente sulla propaganda politica e sul culto della personalità sfidando il destino e la Storia. Non solo, ma insiste nel definire il leader sudista come un “ciarlatano politico”, un “traditore senza testa” ed una “marionetta degli Stati Uniti”. Il tutto mentre dissidenti nordcoreani - fuggiti all’estero - denunciano sprechi per milioni di dollari, destinati a salvaguardare il mito del fondatore della Repubblica popolare, Kim Il-sung (scomparso nel 1994) e del figlio, il “Caro Leader” Kim Jong-il (classe 1941).

Intanto - mentre la carestia miete le sue vittime - si ha notizia di un delirante progetto: la costruzione di una serie di tunnel sotterranei collegati ai basamenti delle statue dei due leader sparse per il Paese. Si tratta di “canali”, che porterebbero ad un bunker sotterraneo destinato, in caso di attacco, a preservare le circa 140mila “opere d’arte” presenti in Corea del Nord. Il costo dell’operazione si aggirerebbe intorno agli 890 milioni di dollari, pari a sei milioni di tonnellate di cereali, che potrebbero salvare la vita a centinaia di migliaia di persone piegate dalla fame. Tutto questo ciclopico progetto è testimoniato da rilevazioni fotografiche effettuate dai satelliti spia americani.

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