di Luca Mazzucato

Una riunione in un luogo segreto a Damasco, senza giornalisti e sotto strette misure di sicurezza: l'ex presidente americano Jimmy Carter ha incontrato Khaled Meshal, leader di Hamas in esilio in Siria. I due hanno discusso per cinque ore a porte chiuse di tutti i punti scottanti del conflitto israelo-palestinese: il controllo dei confini di Gaza, il negoziato per la liberazione del soldato rapito Gilad Shalit, la fine dell'embargo che Israele impone da dieci mesi alla Striscia, un cessate-il-fuoco tra Israele e Hamas a Gaza. L'incontro è il culmine del viaggio di Carter, che come un tornado sta attraversando il Medioriente per rompere lo stallo in cui si sono arenate le iniziative diplomatiche. “Non v'è alcun dubbio che, se Israele vorrà raggiungere pace e giustizia nelle relazioni con i vicini Palestinesi, Hamas dovrà essere incluso nel processo.” Con questa dichiarazione d'intenti, Carter ha creato il subbuglio nell'amministrazione americana e nel governo israeliano, la cui strategia di isolare Hamas sembra forse mostrare qualche cedimento. Jimmy Carter, premio Nobel per la pace nel 2002, è famoso in Medioriente, e soprattutto in Israele, come negoziatore del trattato di pace tra Israele ed Egitto nel 1978 che normalizzò le relazioni tra i due stati dopo le guerre del '67 e del '73 e portò al ritiro israeliano dal Sinai. La pubblicazione nel 2006 del suo libro “Israele: pace non apartheid” ha suscitato un coro di indignazione quasi unanime sia nello stato ebraico che in patria, per aver paragonato l'Occupazione dei Territori Palestinesi al regime di segregazione razziale sudafricana.

La sua visita attuale in Israele si è rivelata piena di difficoltà, per il boicottaggio che il governo Olmert sta esercitando nei suoi confronti. Lo Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano, ha negato assistenza all'ex-presidente, che si è dovuto affidare per la propria sicurezza agli agenti della CIA venuti con lui da Washington. Il rifiuto dello Shin Bet è uno schiaffo senza precedenti: è costume che presidenti in carica ed ex-presidenti americani in visita in Israele siano protetti dai servizi locali e lo stesso trattamento viene riservato a personalità israeliane in visita in USA. Ma questa volta, lo Shin Bet ha dichiarato Carter persona non gradita, per la sua volontà di incontrare i leader di Hamas.

Nonostante il ministro delle difesa Barak e il premier Olmert abbiano boicottato la visita, Carter ha incontrato tre leader politici israeliani: il presidente Peres, ma soprattutto Avigdor Lieberman e Eli Yishai. Mentre Lieberman gli ha illustrato il suo piano per annettere le colonie illegali in West Bank scambiandole con l'espulsione dei “triangolo arabo” dallo stato ebraico, il colloquio con Yishai ha rappresentato una novità nel panorama israeliano. Yishai, vicepremier e capo del partito ultra-ortodosso dello Shas, si è offerto volontario per aprire un negoziato con Hamas ed incontrare personalmente i leader del movimento islamico, con lo scopo di liberare il caporale dell'IDF Shalit all'interno di un accordo per lo scambio di prigionieri. Questo sorprendente risultato della visita di Carter rappresenta il primo segnale di cedimento della strategia israeliana di isolamento di Hamas e potrebbe portare ad inaspettati sviluppi.

Ma il nodo cruciale della visita di Carter è il giro di colloqui con i vari leader palestinesi sparsi per il Medioriente. Dopo aver visto il presidente palestinese Abu Mazen, Carter ha incontrato a Ramallah Naser Shaer, ex vicepremier del deposto governo di Hamas, con cui ha discusso della possibilità di un cessate-il-fuoco e della ripresa del dialogo intra-palestinese tra Hamas e Fatah. Determinato ad incontrare i dirigenti di Hamas a Gaza, Carter ha cercato di accedere alla Striscia, ma l'IDF gli ha vietato l'ingresso, così l'ex presidente è volato al Cairo per incontrare Mahmoud az-Zahar, leader dell'ala radicale di Hamas nella Striscia di Gaza.

L'aspetto più importante del viaggio di Carter è senz'altro il meeting con Khaled Meshal a Damasco: il primo contatto tra establishment americano e leader di Hamas dai 2006, quando Jesse Jackson fece visita a Meshal. Accusato di rompere l'isolamento di Hamas, classificato come movimento terroristico secondo la legge americana, Carter ha voluto sedere ad un tavolo con Meshal per affrontare le questioni mediorientali e conoscere le strategie di Hamas, certo che aprire al movimento e coinvolgerlo in un dialogo sia l'unica strada da percorrere. E anche per consegnare a Meshal l'offerta di Eli Yishai, ministro dello Shas, per iniziare i negoziati per lo scambio di prigionieri. Meshal si è riservato alcuni giorni per decidere sull'apertura israeliana.

In un'ntervista sulla televisione israeliana Carter ha spiegato il suo punto di vista. Alla domanda “Perché mentre a fine anni Settanta la strategia della sua amministrazione era di ostracizzare l'OLP per convincerla a riconoscere Israele, ora con Hamas ha deciso di dialogare?”, Carter risponde che il suo tour non è un contatto diplomatico ufficiale, quindi non si tratta di negoziati ma di un viaggio esplorativo, sperando che i leader israeliani, che non si sono degnati di riceverlo prima, ne vogliano discutere in seguito. “Parlare direttamente con Hamas è l'unica soluzione. A Washington è in atto da otto anni una politica senza precedenti: tagliare tutti i contatti diplomatici. Ma questo isolamento porta ad una esasperamento delle posizioni estreme.”

Sabato Carter è ripartito dopo due giorni di incontri con i leader di Hamas, mentre in patria il presidente Bush e il segretario di stato Rice censuravano le iniziative dell'ex presidente democratico. Ma il suo tour mediorientale, di tappa in Arabia Saudita, può ancora riservare sorprese al suo ritorno in Israele.

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