di Bianca Cerri

Nella base americana di Juffair, in Bahrein, la maggior parte degli ufficiali si augura che Clarence Jackson, il marinaio che il 22 ottobre scorso ha assassinato due colleghe prima di spararsi un colpo alla testa, muoia in modo che la storia possa essere archiviata. Jackson, che è stato trasferito in Germania a bordo di un aereo militare, è in condizioni molto critiche e i medici non hanno ancora sciolto la prognosi. Nel comunicato letto da Denise Garcia, portavoce della Marina Militare, si parla di gravi lesioni alle parti vitali del cervello, ma non sono stati forniti altri particolari. Garcia non ha spiegato se sia stata ritrovata l’arma del delitto, che nelle prime ore successive alla tragedia risultava scomparsa. E’ un particolare importante perché porterebbe all’ipotesi della presenza di una quarta persona ancora non identificata. Per il momento, tutto quello che si sa è che le due ragazze, che vivevano al quarto piano dell’edificio riservato al personale femminile, sono state uccise all’alba, mentre i militari appena svegli iniziavano a vestirsi. I colpi le hanno raggiunte all’improvviso, senza che avessero il tempo di cercare un riparo. Gli inservienti che stavano facendo le pulizie nel Freedom Souq, l’area ricreativa interna alla base che comprende un ristorante e i negozi, non hanno sentito nulla. Nelle ore immediatamente successive alla tragedia il Comando della Marina Militare ha cercato di non far trapelare nulla, poi si è saputo che le vittime si chiamavano Anamaria Camacho e Genesia Gresham, rispettivamente 19 e 20 anni, che si erano arruolate meno di un anno fa e facevano parte della quinta flotta. Pare che tra Greshman e Jackson ci fosse stata una breve storia d’amore finita nel giro di pochi mesi e che lui avesse ancora la chiave dell’alloggio dove dormivano le due ragazze.

Dopo la sparatoria la base è stata evacuata per un’intera giornata e solo il giorno seguente i marinai sono stati autorizzati a rientrare nei propri alloggi. Le vittime, almeno secondo i loro genitori, erano già state minacciate da Jackson ma il Comando non aveva fatto nulla per proteggerle. La madre di Genesia Gresham accusa la Marina di avergli addirittura consentito di girare armato anche al di fuori dell’orario di servizio e di custodire armi personali nel suo alloggio, nonostante il regolamento lo vieti espressamente e nonostante i palesi disturbi mentali che lo affliggevano da tempo. In realtà, essendo addetto alla sicurezza della base Jackson non aveva l’obbligo di rispettare le stesse regole imposte agli altri, ma è ugualmente sorprendente che il comando non abbia preso provvedimenti nei suoi confronti dopo la prima aggressione a una delle due vittime

Proprio mentre venivano rimossi i corpi delle due ragazze, in molte città americane erano in corso incontri e manifestazioni organizzati dalle associazioni impegnate nella lotta agli abusi sulle donne. Ottobre è infatti il mese tradizionalmente dedicato alle donne che ogni giorno subiscono maltrattamenti e molti gruppi cercano di sensibilizzare il pubblico sul triste fenomeno delle violenze che avvengono tra le mura domestiche. I fatti avvenuti in Bahrein dimostrano tuttavia i drammi avvengono anche sui luoghi di lavoro e in tutti i posti in cui le donne cercano di riaffermare la propria autonomia. Soprattutto fra le gerarchie militari esiste però una grande carenza di attenzione nei confronti del problema, basti dire che negli ospedali militari americani è tuttora vietato praticare aborti.

In Bahrein, piccola isola del Golfo Persico, la marina USA è presente dal 1948 e oggi controlla il traffico marittimo verso il Golfo di Oman e alcuni tratti dell’oceano Indiano. Il duplice delitto è avvenuto nella base di Manama, capitale del paese e sede di molte multinazionali statunitensi. Una brutta storia che ha sconvolto anche gli altri marinai, avvenuta solo un mese dopo la morte di un’allieva dell’Accademia Navale di stanza in Bahrein coinvolta in un incidente stradale. Il Comando ha cercato di rendere le cose ancora più meschine facendo pesanti allusioni ad un presunto “triangolo amoroso” tra vittime e assassino.

E’ il canto del cigno di un apparato militare che conta ormai decine di suicidi, omicidi, stupri e torture ma pretende ancora di dettare regole “morali”. L’unico fatto certo è che l’esistenza di tre esseri umani, le cui età sommate tra loro non raggiungevano i sessanta anni, è finita nel sangue. Gli amici li ricordano come ragazzi un tempo gioiosi, che si erano arruolati per assicurarsi quella laurea che dai costi proibitivi che le loro famiglie non erano in grado di sostenere. Gli istruttori hanno insegnato loro a sparare come tiratori scelti quando avevano solo 18 anni. Nessuno li aveva invece messi in guardia contro la loro stessa vulnerabilità.




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