di Giuseppe Zaccagni

Era nota solo per il "voto bulgaro" inteso come monolitico e senza appello. Oggi si è conquistata un posto onorevole nel campo della destra, dei crimini e degli scandali. E i recenti risultati per le elezioni al parlamento europeo (le prime dopo l'ingresso del Paese nell'Ue destinate a portare in Europa 18 deputati) sono la prova della involuzione che sta caratterizzando la Bulgaria post-socialista. Perché - in un’atmosfera di inquietudine collettiva - si è registrato il successo del nuovo partito di centrodestra - Gerb con il 21,69% - che era già la seconda forza nazionale anche grazie al carisma del fondatore, il sindaco di Sofia Boiko Borissov. Il risultato elettorale generale, comunque, segna anche un processo di disaffezione della popolazione nei confronti della vita politica ed istituzionale. Alle urne, infatti, si è presentato appena il 28% degli aventi diritto ed è stato così raggiunto il minimo storico per questo leggendario voto bulgaro. Un segno di diffidenza e, forse, anche di rassegnazione. E se a tutto ciò si aggiunge che a perdere queste "europee" è il partito socialista - il Psb ora con il 21,41%, al governo con il premier Stanislav Stanishev - si comprende bene che la situazione comincia ad oscillare seriamente con un elettorato estremamente critico nei confronti di un’amministrazione che non è riuscita a fare fronte al carovita, alla corruzione ai livelli più alti e alla ondata di violenze urbane. Nel conto generale della consultazione ci sono poi altre formazioni come il partito della minoranza turca (liberale), il partito nazionalista Ataka e il Movimento nazionale Simeone II (Mns). Ora - ad urne chiuse - il primo cittadino di Sofia - di fatto il vincitore della tornata - potrebbe chiedere nuove elezioni generali per mandare a casa i socialisti che si sono sporcati in una serie di operazioni di tangentopoli che hanno portato alle dimissioni di due viceministri e messo nei guai il vicepremier e titolare dell'Economia, Rumen Ovcharov.

L'intera vicenda, intanto, sta praticamente annientando la già difficile vita sociale. E la destra, ovviamente e giustamente, cavalca i temi della questione morale. Ricorda a tutti le recenti avventure: il rimpasto governativo provocato dal comportamento "spensierato" del ministro Ovcharov e di Angel Aleksandrov, direttore del National Investigation Service. Tutti e due legati al caso della “Toplofikatzia Sofia”, (la compagnia che fornisce il riscaldamento nella capitale), dove milioni di euro sono stati sottratti agli utenti.

Scoperto lo scandalo si è verificato un terremoto nel partito socialista. E poi, come conseguenza, si sono scoperti altri paurosi imbrogli legati alla spoliazione della “Bulgartabac”, la società pubblica che gestisce la produzione di tabacco e al nuovo progetto di trasporto del gas russo verso l’Europa centro-meridionale attraverso la Bulgaria.

E così anche la Russia di Putin si è trovata coinvolta nei conflitti bulgari mentre a Sofia si è andato formando una sorta di "pool" di manipulite. I dossier aperti sono numerosi e tutti scottanti. C'è coinvolto - nel mare degli indagati - anche un magistrato che avrebbe passato informazioni riservate ad un businessman intimo del premier…

Secondo la magistratura bulgara la corruzione è a 360 gradi. Investe un tesoretto di circa 60 milioni di euro che ogni anni spariscono, non registrati, dalle casse dell’industria del tabacco, per arrivare a quelle dei partiti al governo. Le vicende giudiziarie che si accavallano escono anche dai confini del Paese. Perché ci sono quattro autorevoli membri dell'Ue - Gran Bretagna, Francia, Svezia e Olanda - che da Bruxelles auspicano l'adozione di un regime più severo verso Sofia e Bucarest a causa del “preoccupante livello di corruzione”.

Bruxelles - in tal senso - potrebbe imporre clausole di salvaguardia nei settori Giustizia e Affari Interni. Provocando così una completa revisione dei processi dal momento che le sentenze locali non sarebbero considerate valide nell'Ue. Gli scandali non accennano a diminuire. Secondo il quotidiano di Sofia "Standart" stanno venendo a galla altri coinvolgimenti.

In questo contesto c'è una mina vagante che si riferisce ai rapporti tra la Bulgaria e l'azienda "Gasprom" russa. Tutta l'intera vicenda è sollevata dal quotidiano "Dnevnik" che si ricollega alla visita effettuata a Mosca dal premier Stanishev e al suo incontro con Putin teso a fissare le linee strategiche di un nuovo progetto volto a far transitare gas russo verso l’Europa sud-occidentale attraverso la Bulgaria. Una soluzione, questa, che vede contraria gran parte dell'opinione pubblica bulgara.

Viene criticato questo progetto che, di fatto, porrebbe il Paese nella condizione di totale dipendenza energetica dalla Russia. E la Bulgaria - questo sostengono molti esponenti del mondo politico di Sofia legati alle destre - andrebbe contro tendenza rispetto al tentativo dell’Unione Europea di evitare proprio il rischio di consegnarsi mani e piedi a Mosca per le forniture di combustibile fossile.

Si scatenano così reazioni di diverso tipo. E sono in molti a paragonare il viaggio di Stanishev a Mosca con quelle incursioni che nel passato compiva il leader comunista Jivkov nella capitale sovietica. Sin qui - almeno al momento - i crimini di natura socio-economica. Ma a Sofia è sempre d'attualità il capitolo relativo alla delinquenza in generale. Secondo gli organi della sicurezza sarebbero 47 i gruppi organizzati che controllano il mondo della malavita operando prevalentemente nel traffico di droga e di contrabbando di merci, soprattutto di sigarette.

E proprio in questo ultimo periodo si registra un inasprimento della concorrenza tra gruppi criminali per occupare quelle nicchie lasciate libere da alcuni boss che hanno deciso di ''legalizzare allo scoperto'' il danaro accumulato. Ed ora si sa anche che molti criminali bulgari sono attivi in organizzazioni internazionali per il traffico di droga, dall'America Latina e dagli Usa verso l'Europa.

E mentre un’enorme macchina mediatica si mette in moto per denunciare i processi di corruzione e di delinquenza organizzata c'è anche la macchina politica che cerca di accelerare i tempi per creare nuovi posti nelle nomenklature di stato.
La corsa al parlamento europeo è, appunto, una parte rilevante di questa corsa al sociale gestito in forma personale. Sono diciotto gli eurodeputati bulgari che siedono attualmente nell'assemblea di Strasburgo, dopo essere stati a lungo semplici osservatori, scelti dal parlamento di Sofia. Ora è scattata la vera e propria corsa. Con una campagna elettorale durante la quale si è detto che non bisogna "portare" in Europa candidati corrotti che hanno accumulato fortune milionarie attraverso attività poco trasparenti o ex collaboratori dei servizi segreti del regime comunista.

Si è così cercato di esaminare i futuri deputati europei attraverso criteri fondamentali: non dovevano essere ex ufficiali o collaboratori della Darzhavna Sigurnost (i servizi segreti comunisti); non dovevano avere condanne per corruzione, né situazioni di conflitto di interesse; non dovevano presentare differenze sostanziali tra il reddito dichiarato e lo stile di vita, non dovevano avere debiti in pendenza verso lo stato o i propri dipendenti e, infine, non dovevano aver cambiato formazione politica ad ogni mutare dell’atmosfera politica.

Non c'è al momento un’indagine definitiva. Ma già il sociologo Vasil Kadrinov, rappresentate della Coalition for Honest Government Foundation denuncia: “Due deputati socialisti nel parlamento europeo sono diretta espressione della lobby della Darzahvna Sigurnost, Evgenii Kirilov e Mladen Chervenyakov, colui che la scorsa estate ha proposto che gli archivi riguardanti i servizi fossero secretati per i prossimi 120 anni. Ancora non è chiaro se il partito socialista li ha mandati a Strasburgo per rappresentare la Bulgaria oppure gli interessi di questa lobby”.

Altro tema che scuote l'opinione pubblica è quello che a Sofia è definito come “turismo elettorale”, fenomeno che riguarda decine di migliaia di cittadini bulgari di etnia turca, che oggi vivono e lavorano stabilmente nella vicina Turchia, e che godono della doppia cittadinanza. Ora, si sa che ad ogni tornata elettorale, questi cittadini votano in massa per il Movimento per le Libertà e i Diritti (DPS), un partito espressione della minoranza turca in Bulgaria e uno dei partner dell’attuale coalizione al governo a Sofia. I media hanno spesso raccontato di autobus “vaganti” che, partiti dalla Turchia, dopo aver passato il confine portano i propri passeggeri a votare.

L’opposizione di destra, di conseguenza, propone di escludere dal voto chiunque non abbia vissuto negli ultimi tre o sei mesi in Bulgaria o in un altro paese dell’Ue. Il panorama non potrebbe essere più fosco perché la debolezza attuale non dipende dai risultati e neppure dai numeri, piuttosto dalle incertezze che si manifestano nell'intera società.

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