di Carlo Benedetti

Palate di fango su una Polonia che vuol sentirsi democratica ed europea e su un mondo intellettuale che rispetta i valori sociali, l’etica e la storia. Tutto avviene a Varsavia dove il grande polacco Ryszard Kapuscinski (il famoso reporter di guerra, autore di saggi conosciuti e studiati ovunque, nato nel 1932 a Pinsk nella Polonia Orientale e morto il 23 gennaio scorso) finisce sotto la mannaia dei gemelli della destra che monopolizzano il potere locale. Li conosciamo come personaggi che sembrano usciti da quel laboratorio genetico che il medico nazista Josef Mengele aveva costruito nel lager di Auschwitz: programmati per combattere contro tutti e scatenare il loro odio represso contro chi non li accetta e non li vuol seguire nelle campagne antidemocratiche, xenofobe, razziste e antisemite, affannati nella loro missione di riscrivere la storia. Ma è anche vero che sono patetici e più che assomigliare a costruzioni diaboliche - frutto di incredibili manipolazioni - sembrano una versione polacca di Gianni & Pinotto. Eccoli, quindi, sulla scena della storia di oggi. Attori e registi di un revisionismo che assume sempre più il volto della reazione. Si chiamano Kaczynski. Sono nati il 18 giugno 1949. Il primo a venire alla luce è stato Jaroslaw che oggi è premier e presidente del partito Prawo i Sprawiedliwość (Legge e giustizia), il secondo è Lech (apparso con un ritardo di 45 minuti) che è presidente della repubblica polacca. Sono divenuti abbastanza noti per una serie di iniziative che stanno sconvolgendo la vita politica, sociale e culturale del loro Paese. Hanno già avviato una campagna di revisione sul ruolo storico del generale Jaruszelskij, chiamandolo in tribunale, ed ora attaccano Kapuscinski. Infangano la sua memoria utilizzando merce avariata tratta dalle pagine dell’americana Newsweek (per la precisione si tratta dell’edizione polacca del noto settimanale) dove il grande reporter Kapuscinski è accusato di aver collaborato con i servizi segreti del suo paese. Autore, quindi, di relazioni e dossier che nulla avevano a che fare con la sua professione.

Lo scandalo è grande. Ma quello che colpisce è che tutta la vicenda nasce in un Istituto nazionale della Polonia che si dovrebbe occupare della memoria. E che, invece, altro non è che uno strumento al servizio del governo nazionalpopulista dei gemelli Kaczynski. L’obiettivo dell’Istituto in questione è di fornire materiali per sostenere quella campagna neomaccartista che caratterizza la politica del vertice di Varsavia. E così, mentre sono ancora aperti i dossier contro Jaruzelski, si tirano fuori accuse contro una persona che, tra l’altro, non può difendersi.

Che Kapuscinski fosse uno dei più apprezzati giornalisti polacchi (era nell’agenzia di stampa Pap) e che al termine di ogni viaggio all’estero dovesse presentare un rapporto era cosa nota e regolare in tutti i paesi dell’Est. E che tra le sue carte si ritrovino oggi alcune ricevute che testimoniano operazioni valutarie è anche ovvio dal momento che, all’epoca del sistema socialista, la concessione di moneta straniera avveniva solo attraverso la Banca di stato.

In difesa dell’onore di Kapuscinski intervengono in molti. E tutti condannano il clima di caccia alle streghe. Anche l’ex dissidente Adam Michnik (che dirige il quotidiano Gazeta Wyborcza) parla di calunnie contro il reporter e denuncia, di conseguenza, quella operazione che in Polonia è ora chiamata “lustracija”, l’epurazione selvaggia che tende a legittimare le misure poliziesche messe in atto dai due gemelli. Ma è proprio l’accanimento contro Kapuscinski che contribuisce, di riflesso, a rilanciare la sua figura di grande intellettuale. In Polonia e in tutto il mondo si tornano a rileggere le sue opere.

Quei sogni da eterno ragazzo che voleva fare il calciatore e che si è ritrovato a viaggiare descrivendo le vite e le storie dei poveri. Tutto in pagine indimenticabili che sono la colonna portante di un giornalismo fatto d’inchiesta e basato sulla realtà dei conflitti epocali. Un Kapuscinski che aveva nel suo bagaglio intellettuale Hemingway e Conrad, Dos Passos e Stendhal e del quale abbiamo letto, memorizzando, ogni sua impressione e espressione a partire da quel magnifico Imperium dedicato alle ex repubbliche sovietiche. (Ma, qui, potremmo ricordare altri capolavori come Lapidarium, Negus, Shah in Shah, Ebano, La prima guerra del football e altre guerre di poveri). E che dire di quel suo ultimo saggio intitolato In viaggio con Erodono vero capolavoro di sintesi letteraria dove, tra cronaca e narrazione, ritroviamo le storie, i personaggi, gli avvenimenti?

Tutta la sua immensa produzione, ricordiamolo sempre, si caratterizzava con un linguaggio particolare, unico, asciutto, concreto. Come in un grande gioco di calcio: con passaggi precisi e tiri in porta messi sulla scena della vita da questo vagabondo, mendicante e cantastorie che è stato il grande portatore di informazioni di un secolo difficile e complesso. Tutto questo per i gemelli di Varsavia dovrebbe ora essere distrutto. L’obiettivo è quello di cancellare la vicenda intellettuale di un personaggio che – avendo passato gran parte della vita in una Polonia “socialista” – è da considerare “scomodo”.

Ma invece, al posto di Kapuscinski cadono sotto la mannaia della storia proprio i due prodotti di Mengele: bassi e grassi, volti da bambini invecchiati in vitro. Ricordiamo alcune loro sortite. Che si caratterizzano per uno spiccato conservatorismo e ultrapatriottismo che sfocia nel nazionalismo revanscista. Nemici, quindi, delle realtà confinanti come la Germania e la Russia, nazioni alle quali rimproverano il mancato riconoscimento di quelle che definiscono "colpe storiche" nei confronti della Polonia. Sostengono così le tendenze indipendentiste e antirusse che si registrano in Ucraina e in Bielorussia. Ma è soprattutto all’America che – pur se polemicamente - guardano ottenendo aiuti di ogni genere.

Quanto ad azioni tipiche del maccartismo polacco, quotidiano, c’è un ampio dossier che non va dimenticato. A gennaio i gemelli riesumano dagli archivi della polizia politica (Sluzba Bezpieczenstwa) le vicende dell’uccisione del prete Popieluszko (avvenuta nell’ottobre 1984) per riproporre i temi relativi alla rete segreta dei collaboratori dell’ex regime comunista. A febbraio fanno esplodere nuovamente la storia del vescovo-spia Wielgus, ritenuto un informatore della polizia negli anni della guerra fredda. A marzo obbligano i giornalisti polacchi a dichiarare ufficialmente se in passato hanno collaborato con i servizi di sicurezza.

Attaccano poi i media progressisti come il quotidiano Gazeta Wyborcza e il canale televisivo Tvn. Intanto si legano sempre più all’ultracattolica e nazionalista Radio Maryja dove utilizzano le armi del nazionalismo e dell’antisemitismo di stampo cattolico. E ancora, lanciano una campagna contro gli omosessuali dichiarando: “I matrimoni gay sono contronatura; se un gay vuole infettare gli altri con la sua omosessualità, lo Stato deve prevenire un simile abuso di libertà”. E l’elenco di questa ondata reazionaria polacca potrebbe continuare.

Ora è Kapuscinski sotto fuoco. Ma il personaggio, che ha sempre risposto a tutti gli attacchi, questa volta si può difendere solo con gli scritti che ha lasciato: opere di uno che ha viaggiato con se stesso, testimone e modello di un giornalismo alla ricerca della verità. E le sue pagine si possono riassumere in quella lotta da lui portata avanti ovunque contro la “globalizzazione del male”. I gemelli di Varsavia non lo possono comprendere. Al polacco Kapuscinski scelgono un altro polacco. Brzezinskij. Non a caso.

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