di Carlo Musilli

Non è stato un salvataggio, ma una mossa all'italiana per prolungare la partita, rinviando un finale che da anni appare già scritto. La cessione ad Air France-Klm è l'unica ipotesi verosimile per consentire ad Alitalia di sopravvivere nel medio-lungo termine. Lo sanno tutti, ma fingono che non sia così. Il piano da 500 milioni approvato venerdì dal Cda (300 di aumento di capitale e 200 di nuovi prestiti bancari) permetterà all'azienda di boccheggiare per un altro anno, nella migliore delle ipotesi. Rimane però da curare il morbo cronico che affligge la società: l'incapacità di guadagnare facendo volare gli aerei.

Nel mercato in cui opera Alitalia è praticamente impossibile sopravvivere contando solo sulle proprie forze, figurarsi per una società che negli anni si è dimostrata capace soltanto di accumulare debiti. D'altra parte, immaginare piste alternative a quella francese è molto difficile. Si è parlato per mesi dei contatti con Ethiad e Emirates, ma si tratta di compagnie extracomunitarie che potrebbero eventualmente puntare a una quota di minoranza. Una strada che non toglierebbe le castagne dal fuoco ai soci e ai creditori italiani, decisi a uscire di scena senza rimetterci un euro.

Il punto è proprio questo: da quando, nel 2008, è stata rilevata dai "patrioti" di berlusconiana memoria - Intesa, Benetton e Colaninno - nei conti di Alitalia si è aperta una voragine da un miliardo di euro. I principali creditori della compagnia sono le banche, su tutte Intesa (in una simpatica doppia veste) e Unicredit, che non hanno alcuna intenzione di perdere i soldi investiti. Una prospettiva che invece diventerebbe realtà se fossero soddisfatte le richieste di Air France-Klm, la quale - avendo già il 25% di Alitalia - vorrebbe salire a una quota di controllo senza però sobbarcarsi anche i debiti. Cinque anni fa ci pensarono i contribuenti italiani a pagare il conto (salato per di più: ben quattro miliardi), ma dopo la privatizzazione il giochino non si può più fare. O meglio, non si dovrebbe.

E' qui infatti che entrano in gioco le Poste Italiane, vero deus ex machina della settimana scorsa. L'azienda guidata da Massimo Sarmi ha messo sul piatto 75 milioni di euro, sbloccando la girandola che ha portato al via libera del piano da 500 milioni. Ma accollandosi anche , pro quota, la sua parte di debito (circa 100 milioni). Perché lo ha fatto? Non certo perché creda in un qualche tipo di sinergia con il vettore aereo. Anzi, le Poste hanno già una piccola compagnia (la Mitral, ben otto velivoli) e da un anno cercano di liberarsene, visto che anche i suoi conti sono sempre in rosso.

I soldi investiti in Alitalia sono però una cifra irrisoria per un'azienda come Poste italiane, che nel 2012 ha messo in cascina utili di un miliardo su un fatturato di 20. Il dividendo che Sarmi si aspetta d'incassare è quindi politico: sbrogliare la matassa al Governo senza rischiare granché è un'occasione che non capita spesso ai manager pubblici.

Lo stesso Sarmi è però ben consapevole di quanto la sopravvivenza di Alitalia dipenda da un partner globale: "Non credo che Air France voglia buttare i soldi spesi finora - avrebbe detto dopo l'ultimo Cda Alitalia - e quindi ritengo che resterà tra i soci anche con l'aumento di capitale".

Una speranza condivisa dall'Esecutivo, anche se l'esito del braccio di ferro non è affatto scontato. Venerdì la compagnia franco-olandese ha votato a favore del piano d’emergenza, precisando tuttavia che il via libera non comportava automaticamente la partecipazione all’aumento di capitale. Oggi alle 14 si riunirà nuovamente il Cda di Alitalia e alle 17 si svolgerà l'assemblea chiamata a esprimersi sulla manovra da 500 milioni. I soci avranno poi 30 giorni per decidere se sottoscrivere o meno l'aumento.

In Consiglio gli azionisti italiani proveranno certamente a trovare un accordo con Air France-Klm, che secondo la stampa francese sarebbe restia a sborsare altri 75 milioni (il minimo per non diluire la propria quota) dopo averne già pagati 38 per il prestito ponte di febbraio a carico dei soci. D'altra parte, anche l'eventuale adesione all'aumento sarebbe solo un primo passo verso la soluzione, che si avrebbe soltanto con l'acquisizione di un pacchetto di maggioranza.

Le Monde scrive che il gruppo franco-olandese avrebbe chiesto all'ad di Alitalia, Gabriele Del Torchio, un vero e proprio "cambio di strategia", con la "rinuncia ad aprire nuove rotte e acquistare nuovi aerei". Per Le Figaro, Air France-Klm punta ancora al 50% della compagnia italiana, ma molto dipenderà da quanti soldi saranno necessari, perché nel frattempo anche i transalpini sono in fase di ristrutturazione e i sindacati non vedono di buon occhio un salvataggio oneroso di Alitalia mentre 2.800 dipendenti francesi sono messi in mobilità.

Insomma, Air France-Klm vuole pagare poco una società che vale poco, ma gli azionisti e i creditori italiani non intendono perdere nulla di quanto investito e per questo sono riusciti a coinvolgere le Poste, un soggetto pubblico che ha il solo scopo di prolungare la trattativa. O l'agonia, se alla fine i francesi saranno spinti a tirarsi indietro.


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