di Carlo Musilli

Eurogruppo e Fmi sono finalmente arrivati a un accordo, ma sul futuro della Grecia rimangono ancora molte incertezze. Il compromesso raggiunto lunedì notte va incontro soprattutto alle esigenze politiche di Angela Merkel, che per essere confermata alle elezioni tedesche del prossimo settembre doveva raggiungere due obiettivi: scongiurare il crack immediato di Atene e al tempo stesso evitare una nuova ristrutturazione del debito ellenico. La cancelliera ha centrato entrambi gli obiettivi. E' riuscita così a guadagnare tempo, ma non ha disinnescato la bomba greca.

Le misure stabilite sono ritenute un presupposto indispensabile per sbloccare la nuova tranche di aiuti da 43,7 miliardi di euro, che sarà concessa in diverse rate a partire dal mese prossimo. Lo scopo è ridurre il debito pubblico di Atene al 124% del Pil nel 2020 (non più al 120%, soglia prevista dai precedenti accordi e fino alla settimana scorsa considerata invalicabile dall'Fmi).

Entro il 2022 si punta invece a un livello "sostanzialmente inferiore" al 110%. Molti economisti ritengono questi obiettivi velleitari e secondo il Financial Times, che cita documenti redatti da fonti vicine alla trattativa, fra otto anni l'indebitamento ellenico non potrà essere inferiore al 126,6% del Pil (oggi è al 160% e l'anno prossimo arriverà al 190%).

Ciò che più conta è però il modo in cui si cercherà di arrivare alla meta. Gli interventi previsti sono un vero campionario di acrobazie contabili e finanziarie: dalla riduzione dei tassi sugli aiuti già erogati al taglio delle commissioni per le garanzie fornite al fondo Efsf; dal rinvio delle scadenze su prestiti e interessi al versamento in favore di Atene dei profitti lucrati da Bce e banche centrali sui bond greci.

Ma non è tutto. Fin qui l'intesa sui nuovi aiuti è meramente formale: per ottenere il via libera ufficiale dall'Eurogruppo del prossimo 13 dicembre, la Grecia dovrà risolvere il rompicapo del "buyback". In sostanza, Bruxelles e il Fondo monetario costringono il Paese ellenico a ricomprare in tutta fretta sul mercato secondario una buona fetta dei suoi stessi titoli di Stato. Il ministro greco delle Finanze, Yannis Stournaras, ha spiegato che l'operazione riguarderà i bond pubblici acquistati dai creditori privati.

Si tratta di titoli che hanno perso molto valore nel corso della crisi, soprattutto dopo la svalutazione che gli obbligazionisti privati si sono visti imporre nel marzo scorso (anche se ufficialmente si è trattato di un'iniziativa "volontaria"). A partire dalla settimana prossima, Atene cercherà quindi di riportare in cassa bond per un totale di 62,3 miliardi di euro, ovvero la metà del debito ora in mano ai creditori privati.

Così facendo il governo greco spera di ridurre il debito di circa 17 miliardi di euro, ma per riuscirci avrà bisogno di prestiti addizionali dai fondi di salvataggio per circa 13 miliardi di euro.

Tutto questo a quale scopo? Evitare l'inevitabile. O meglio, rinviarlo. I creditori della Grecia sono perfettamente consapevoli che prima o poi sarà necessaria comunque una nuova ristrutturazione del debito. E visto che i privati hanno già dato, non rimarrà che svalutare i titoli in mano ai singoli Stati.

Nel corso delle ultime trattative, la numero uno del Fondo monetario, Christine Lagarde, ha detto chiaramente che si tratta di una scelta obbligata. Poi però, per convenienza politica, ha scelto di far slittare la decisione a quando sarà davvero l'unica strada per evitare la bancarotta greca.

Che il piano partorito lunedì notte non sia sufficiente è chiaro a tutti. Lo dimostra un'interminabile e oscura frasetta inserita nel comunicato finale dell'ultimo vertice: "I paesi membri della zona euro valuteranno, se necessario, nuove misure e assistenze (...) in modo da raggiungere una ulteriore riduzione credibile e sostenibile del rapporto debito-Pil greco". Commentando questo passaggio, il ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici ha affermato che si tratta di "un'ambiguità costruttiva".

Quando arriverà il momento di parlar chiaro Angela Merkel sarà già stata rieletta e la speculazione avrà incassato tutto il possibile. Ma cosa ne sarà stato dei greci? Le manovre assassine imposte da Bruxelles al governo Samaras avranno finito di uccidere quel poco che resta dell'economia ellenica. Peccato che non interessi a nessuno. 

 

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